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venerdì 10 agosto 2012

Quel vecchio campo di aviazione!

 
Neanche questa fotografia (che proviene dall'archivio di Luca Giovannetti, al quale sono debitore pure di una vecchia immagine relativa a Ventimiglia Expò del 1996), rende appieno l'idea di come era il campo di aviazione in Zona Braie di Camporosso (IM), da molti ancora adesso definito di Nervia, più per la vicinanza all'omonimo quartiere orientale di Ventimiglia che - credo - per l'adiacenza al torrente eponimo.
 
 
Avevo invero già rinvenuto, grazie ad una segnalazione, questo che mi appare un collage riportato su qualche vecchia rivista. Ma qualcosa mi aveva suggerito di aspettare...
 
 
La parte a sinistra di questo scatto riprende forse una parte del terreno che fu occupato da quella struttura, che di sicuro si sviluppava oltre. Non ho pensato per tempo che avrei rinvenuto sufficiente documentazione d'antan per tentare un raffronto ieri-oggi.
 
 
Nei miei ricordi - a questi mi affido, benché sempre labili, ma ... é il blog, bellezza! - quei piccoli aeroplani, dovendo di necessità arrivare o dirigersi verso il mare, sorvolavano il ponte della Via Aurelia sul Nervia, non lontano da dove abitavo sinché (1962, direi) il campo fu in funzione. Mi pare, in proposito, che non siano molti anni, tuttavia, da che siano stati rimossi i fili con i palloni di segnalazione.

Fonte: Achille Pennellatore
 
Riesco ancora a rammentare che piccoli apparecchi - qualcuno mi ha sostenuto del tipo Piper -, sulla falsariga di tante stazioni ferroviarie, tra cui la piccola fermata di Vallecrosia qui sopra un po' visibile sulla sinistra al termine della curva dei binari, servissero all'esportazione di fiori della Riviera, quando la produzione era molto fiorente.

Ci fu un incidente con quei cavi, che affrettò la chiusura dell'esercizio. Il pilota si salvò, ma nell'impatto accidentale fuori perimetro perì una bambina. Episodio che avevo dimenticato, ma che Walter Pettorossi, involontario ispiratore di questo mio post, mi ha riportato da poco alla mente.
Invero, era una situazione pericolosa.

Fonte: Marino Rivella
 
Altri sottolineerebbero in questione diversi aspetti a me ignoti: ad esempio, potrebbe essere stato campo di scuola al volo.

Fonte: Achille Pennellatore
 
Mi premono personalmente altre memorie. A margine, e non solo, del terreno ormai dismesso giocarono a calcio molti ragazzini. Affiorando i ricordi, alcuni mi sostengono che vi arrivassero allo scopo anche da Ventimiglia centro e da più lontano ancora. 
Mi viene da rimarcare un simpatico esperimento condotto da un giovincello, che mise in piedi una squadretta, fornendola altresì di magliette uniformi. I "Canarini Boys"... Almeno un compianto insegnante di scuola media si fece ritrarre con loro, perché colleghi di un suo allievo (mio fratello) o più.
Ma a nessuno dei miei attuali interlocutori torna in mente che un po' prima si tiravano da quelle parti, a fianco della struttura, quattro calci al pallone, buttando a terra i due pali dell'unica porta e acquattandosi allorchè fosse stato in atterraggio un aereo. Non vorrei essermelo sognato, ma era poco prima della grande estate di Garrincha...

mercoledì 8 agosto 2012

Strumenti musicali a Seborga

 
Avevo accennato all'Esposizione di strumenti musicali di Seborga (IM). L'altro giorno risalendo al paese ho visto che nei pressi di questa sorta di incrocio della provinciale con il carruggio che qui sopra si può notare ci sono dei nuovi piccoli parcheggi, che mi sembrano pubblici. E da quella salitella in pochi metri si é alla sede di quella Raccolta.
 

Edificio, come si potrà notare, ristrutturato di recente. Ma forse certi dettagli sono ininfluenti.

 Un'ala, funzionale, della Mostra.

 
Un dettaglio. Strumenti dei primi del 1800, in ogni caso. L'avevo già detto che sono più di 250? La qualità delle immagini, stante la chiusura delle vetrinette, lascia un po' a desiderare. Ma in quell'occasione si abbinava una certa mia fretta di raggiungere il mio amico che mi aspettava con l'esigenza di non intralciare la visita di altre persone. D'altronde mi sembra sussistano sufficienti motivi per motivare una capatina da quella parti. Di sicuro le mie successive, da compiere con più attenzione.
 
 
Giuliano Fogliarino, di cui ricordavo gli inizi giovanili della sua raccolta di strumenti musicali, che, incrementata negli anni, é diventata, come si sarà compreso, di valenza pubblica, mi aveva prima ricevuto a casa sua, da dove, in giornate di buona luce naturale - non come quella del mio incontro -, si godono panorami mozzafiato. Ma già solo quello che si può scorgere su quella terrazza comporta altri spunti, visto che Giuliano si occupa di diverse cose...

venerdì 3 agosto 2012

Un gesuita di Taggia che nel Seicento viaggiò in Estremo Oriente

Nasce nel 1608 nel territorio della Serenissima Repubblica di Genova, a Taggia, di cui qui a fianco si può vedere una fotografia dello storico ponte, Giovanni Filippo De Marini, gesuita e missionario in Estremo Oriente. 

Entra nella Compagnia fondata dal Loyola nel 1625. Dopo 13 anni, nel corso dei quali matura ed affina le doti potenziali di missionario, s'imbarca per le Indie nel 1638. 

Prima tappa, il Tonkino, di cui, come accennerò tra breve, lascia per iscritto vivi ricordi di attuale efficacia espessiva.

Incontra in breve tempo il favore dei superiori, se abbastanza presto gli viene affidato l'incarico di Rettore del Collegio Gesuitico di Macao.

Senza dimenticare che é pur sempre uomo del suo tempo, connota una sua originale curiosità, sulla falsariga di altri missionari gesuiti, il più famoso dei quali è certo Matteo Ricci.

E' in Italia, a Roma più precisamente, nel 1660, ma prova un'incontenibile nostalgia per l'Asia, nella quale, per l'esattezza in Giappone, torna definitivamente nel 1674.


Durante l'ultimo suo soggiorno nella penisola, compare il suo scritto più importante, l'Istoria e relazione del Tunkino e del Giappone, del 1663, ma di cui si ricorda un'edizione veneziana del 1665. Un'opera di sicuro di rilievo per una comprensione storica delle conoscenze geografiche dell'epoca, un libro anche agile, nonostante certe pesantezze dell'inevitabile barocco.

Prima di accennare alle sue convinzioni più profonde - il De Marini é pur sempre un religioso, missionario per giunta -, voglio produrre almeno un esempio della sua attenzione più umana: assistendo ad una gara locale di voga, da lui descritta in modo plastico, se ne esce con un vivido paragone mutuato oggettivamente dalle sue esperienze di adolescente che vide il mare ligure.

Il De Marini scrive anche un celebre "Elogio di Confucio", che la dice lunga su certo sincretismo operato in Oriente da tanti esponenti della sua Compagnia. Là, mi permetto di dire io, i Gesuiti non sono così filantropi come con gli indios del Paraguay. Più semplicemente cercano di essere realisti a cospetto di grandi potenze statuali. La Cina lo é ancora in quel momento. Certa spregiudicatezza intellettuale della Compagnia, per sua implicita connessa invasiva arroganza, la stessa di altri ordini religiosi operanti a quelle latitudini, non le evita, come noto, periodi alterni di scontri con le popolazioni, ma anche di persecuzioni  da parte di autorità locali.

Tornando al De Marini, occorre aggiungere che in Giappone, nonostante la complessità dei tempi, sa come al solito destreggiarsi. Muore, esempio di un certo pendolarismo professionale, a Macao nel 1682.

In definitiva, potrei sostenere che De Marini é semplicemente una gloria - faccio per dire, perché poco nota! - locale. Ma, a mio avviso, avendo fatto le sue missioni, in cui profondamente credeva, con sensibilità umana, e avendo trasmesso cospicua documentazione sui suoi soggiorni in Estremo Oriente, é anche una figura interessante sotto molti riguardi.


martedì 24 luglio 2012

Incontri, memorie

Mi apprestavo a fotografare il Santuario di Nostra Signora delle Grazie a Isolabona, quando un cortese ristoratore del paese, interrompendo le sue commissioni, si fermava a parlare amichevolmente, rammentando, tra l'altro, a me, del tutto dimentico, che ci conosciamo dai lontani anni giovanili di più intensa partecipazione civile e sociale, citandomene, tra l'altro, momenti puntuali.
A Seborga volevo fermarmi, prima di scendere all'ormai abituale ritrovo nel bosco, solo i pochi minuti necessari a qualche significativo scatto, quando mi incontra G., grazie al quale posso anche realizzare l'immagine di cui sopra, ma soprattutto parlare di tante cose. E visitare velocemente la nuova sede, ormai istituzionale, della sua raccolta storica di strumenti musicali, oltre duecento, che io avevo ammirato solo in itinere in anni lontani e alla quale devo proprio dedicare al più presto qualche attenzione su questo blog.
A Ventimiglia, all'ex-Caserma Umberto I, detta anche Forte (o Convento) dell'Annunziata, più precisamente nella Sala Polivalente adiacente al Museo Romano, é ancora in corso per una settimana, mentro stendo queste righe, la Mostra dell'89° Reggimento di Fanteria, tema cui avevo già accennato. Volevo riparlarne qui, con maggiore dovizia di documentazione. Ma già mi é sembrato significativo, sempre in merito, incontrare, il giorno dell'inaugurazione dell'evento, alcune persone amiche: la figlia dell'ufficiale, che ha lasciato un diario ancora inedito della spedizione in Russia; il nipote del fotografo, dalla cui attività derivano la gran parte delle immagini di carattere locale; l'ex-combattente, che non conoscevo come tale, ma di cui ricordavo testimonianze su alcuni bombardamenti aerei che avevano colpito durante la guerra la città di confine.
Sulla collina di Collasgarba in Frazione Nervia a Ventimiglia, invece, da cui si possono pure scorgere nell'ordine Camporosso, Vallecrosia e Bordighera, ho incontrato il fantasma di quella che era la mia memoria. Da lungo tempo non vi ero più risalito in modo tale da poter prestare attenzione anche ai particolari. Ed é vero che le tante nuove costruzioni, visibili anche dal basso, hanno alterato il sito. Ma di quella modesta altura, già teatro di tante pagine - le cui tracce non sono più riscontrabili in loco - di storia degna di essere tramandata, soprattutto luogo, quando era ancora pressoché abbandonato, di scorribande di tanti adolescenti della zona, ho dovuto riscontrare che, a parte tratti sussistenti di vegetazione mediterranea, riconoscevo per colpa mia, al netto delle trasformazioni apportate, ormai ben poco.



venerdì 20 luglio 2012

Riviera nature notes



La Mortola di Ventimiglia (IM), più precisamente in primo piano un sentiero nei pressi dei Giardini Hanbury, in una fotografia la cui data ultima si può presumere dal fatto che, insieme ad altre che qui pubblico con selezione molto soggettiva (e tecnica di riprodizione molto approssimativa...), correda Riviera nature notes / a popular account of the more striking plants and animals of the Riviera and the Maritime Alps di George Edward Comerford Casey.


Edito nel 1903 da Bernard Quaritch a Londra.


L'autore conobbe Hanbury, creatore di quei Giardini, così come viene riferito nel suo libro.

A questa sorta di manuale di botanica (e non solo) ho già fatto, invero, riferimento, in altra occasione.
 



È significativo che l'autore affermi di avere soggiornato in quella che noi oggi chiamiamo Costa Azzurra già prima dell'annessione di Nizza alla Francia, perché, in rapporto al momento di pubblicazione del suo lavoro, si conferma la sua constatazione in loco della trasformazione del paesaggio.


Nel suo libro compare ancora il nome italiano di Lantosca, anziché l'attuale Lantosque (sulla Vésubie): un'altra piccola curiosità.

Non sono in grado di esprimere pareri sulla parte scientifica - la maggiore - del suo trattato. Di sicuro ci sono diverse, singolari digressioni di ordine storico: ad esempio sulla definizione di portogallo che riscontra sul posto per l'arancia, termine che Casey riteneva tipicamente britannico.
 
 
A me interessava darne sommariamente conto, ma ancor più pubblicare inconsuete - ritengo - immagini d'epoca di siti a me vicini nello spazio e da me quasi tutti ben frequentati, quasi a fissarmi nella memoria come erano un tempo.


Come nel caso di La Roquette-sur-Siagne, paesino che mi riporta con il pensiero a generose e modeste persone conosciute anni addietro. Ma questo é un altro discorso.



martedì 17 luglio 2012

Camporosso, San Pietro


La Chiesa di San Pietro - oggi cimiteriale - a Camporosso (IM), a pochi chilometri dallo sbocco a mare della Val Nervia, mi offre lo spunto per considerare una volta di più il fatto che spesso non occorre andare lontano per respirare la storia. E che non si sa mai abbastanza dei propri luoghi.

Il sito in questione, ad esempio, era nel Medio Evo un punto di incontro e di riposo per i pellegrini della fede, che facevano capo alla diramazione occidentale di una Via Romea Piemonte - Mar Ligure - Ventimiglia. Lo attestano atti notarili, sopravvissuti al tempo, utili anche per comprendere aspetti datati di civiltà materiale. Soprattutto, come da rogito del 1258, un'usanza particolare che si commenta da sola, quella dei "messaggeri della fede a pagamento": vale a dire persone che, dietro compensa, affrontavano in nome e per conto di facoltosi, ma pusillanimi, committenti i pericolosi pellegrinaggi dell'epoca, che servivano - da non dimenticare! - alla salvezza delle anime dei credenti.

La Chiesa fu, poi, epicentro di una furiosa battaglia tra truppe genovesi, che avevano già assediato il Castello di Dolceacqua, e quelle dei Savoia nell'ottobre 1672. Furono diverse le conseguenze importanti in zona di questo conflitto: l'abdicazione del Marchese Doria di Dolceacqua, infeudato alla casata di oltregiogo, sconvolto dagli avvenimenti; nuovi Regolamenti Militari della Repubblica Ligure, perché le violenze delle proprie soldatesche a danno dei propri sudditi furono molto pesanti; l'accelerazione del distacco degli Otto Luoghi dal predominio fiscale di Ventimiglia.

Sarei tentato di aggiungere altre considerazioni. E fotografie, per illustrare stato dei luoghi, inquadrati storicamente a questo link, che indico per chi volesse saperne di più in materia.

sabato 14 luglio 2012

Bordighera, Unione Culturale Democratica...


Rivedo infine di persona L., cui dedicai tempo fa un breve, amichevole ritratto. Parliamo anche di Guido Seborga. Il che mi suscita l'esigenza di riportare, per stralci, altre considerazioni, dedicate all'artista in questione dal nipote, Claudio Panella. 

Le metto qui di seguito:
Va sottolineato come i dibattiti, pubblici e privati, promossi da Seborga a Bordighera abbiano formato profondamente intere generazioni: alle diverse iniziative già messe in atto se ne aggiunse una nuova quando, alla fine degli anni '50, il giovane Giorgio Loreti e altri suoi colleghi chiesero aiuto anche a Seborga per la fondazione dell'Unione Culturale Democratica. Lo stesso nome del "circolo" fu suggerito da Seborga, che era stato tra i fondatori più impegnati dell'Unione Culturale a Torino e forse voleva così portar bene all'iniziativa. L'Unione ha un primo nucleo nel 1958 a Vallecrosia, ma solo nel 1960 promuove un convegno diretto da Guido Seborga dal tema "Perché leggi?" a Ventimiglia, iniziando attività regolari e la pubblicazione de "Il giornale" come Unione Culturale Edmondo De Amicis. La sede fu trovata a Bordighera in un sotterraneo sull'Aurelia, denominato "la Buca". Nel programma si dichiarava il desiderio di mettersi "alla testa delle forze giovanili d'avanguardia che intendono un rinnovamento in senso democratico e sociale dell'attuale situazione italiana e internazionale" .
Oltre alla pubblicazione del giornale, il circolo organizzava incontri e attività culturali. Alcune erano di formazione interna, come ad esempio le lezioni su Tommaso Moro e Tommaso Campanella tenute da Loreti nel dicembre del 1960, o quella di Enzo Maiolino su Cézanne. Altre si tenevano invece al Palazzo del Parco di Bordighera ed erano di maggiore rilevanza, come le mostre sui campi di sterminio nazisti e sulla Resistenza italiana o lo storico Convegno sull'Obiezione di Coscienza, che fu il primo in Italia, nel 1962, con interventi di Guido Seborga ed Aldo Capitini.
Dal 30 dicembre del 1960 "Il Giornale" è firmato Unione Culturale Democratica, viene meno il riferimento a De Amicis, ed è riformulato un programma più dettagliato.

E già a N., altro amico di gioventù - al quale talora accenno qui sul blog - ancora impegnato e lontano da anni dalla nostra zona, cui per forza di cose torna sporadicamente, avevo destato esigenza di approfondimento in merito, informandolo che Giorgio Loreti aveva da poco riavviato l'attività dell'Unione Culturale Democratica di Bordighera (IM), di cui fu Presidente il professore Raffaello Monti.
La rivista dell'Unione Culturale Democratica fu quindi il banco di prova, il primo spazio libero per molti dei giovani, bordigotti e non, che poi si dedicarono alla scrittura, alla pittura, alla politica. Fin dai primi numeri vi scrissero con Giorgio Loreti, Beppe Maiolino, Angelo Oliva e in una delle sue poche uscite di questo tipo Francesco Biamonti. 

Sto procedendo con nette selezioni, perché almeno ad una persona operosa in quei tempi, Angelo Oliva, vorrei, sempre in attesa di raccogliere più adeguate memorie, dedicare un piccolo, ma degno pensiero.
Nel 1961, riuscirà (Seborga) a far ricominciare il premio "Cinque Bettole", dopo un anno di sospensione, riservandolo agli under 25 per  farlo ricrescere in quella "francescana povertà" che lo caratterizzava. E vi sarà coinvolto nuovamente Biamonti, facendo parte (con presidente Seborga) della giuria che premierà il ventunenne Angelo Oliva per il racconto.
Ad Angelo Oliva, sulla cui figura chiedo spesso testimonianze a Giorgio Loreti, abbiamo sovente pensato io e N.
È stato uno splendido compagno e un autentico amico, di cui ci mancheranno anche l'ironia, i momenti di buon umore, la confidenza e la sensibilità umana.
Mi permetto di riportare, come ho appena fatto qui sopra, su Angelo Oliva le parole conclusive di un articolo a lui dedicato nel 2004, poco dopo la sua prematura morte, da Giorgio Napolitano, di cui fu a lungo collaboratore. E gli anni giovanili di Angelo Oliva dovrebbero, non solo a mio avviso, essere indagati di più.