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lunedì 10 giugno 2024

Aperitivi a Mentone

Mentone: la storica zona di tanti acquisti da parte di abitanti del ponente ligure

Le locomotive a vapore francesi, dirette o di ritorno dalla stazione di Ventimiglia, rappresentarono con i loro buffi pennacchi ancora a lungo, nel secondo dopoguerra, uno spettacolo d'altri tempi. 

Abitava in una sua casetta, posta sulla Basse Corniche tra le due gallerie in uscita di ponente da Cap d'Ail ed affacciata sulla sottostante romantica caletta, l'italiano che, di nascita nel contado parmense, faceva visitare - assenti i proprietari - a certi suoi parenti la bella e spaziosa villa di cui era custode nelle vicinanze, in Costa Azzurra.

Negli anni Sessanta le vendemmie nel Var erano molto frequentate come stagionali da vivaci ragazzotti del ponente ligure, la cui vena estrosa non era quasi mai apprezzata dai conduttori dei fondi.

Il vice sindaco comunista di quel paesello - si fa per dire! - quasi al confine con il dipartimento del Var, piuttosto piccolo di statura, la simpatia fatta persona, ortolano, presenziava a riunioni da lui stesso organizzate di italiani colà emigrati, nonostante il fatto che all'alba, per procurarsi da vivere, dovesse essere già al mercato all'ingrosso di Nizza, che non trovava certo dietro l'angolo di casa. E riusciva anche ad organizzare, in nome di un gemellaggio sui generis, una tavolata per gli affamati Pionieri (sorta di boy scout di sinistra) di Ventimiglia e taluni loro accompagnatori, i quali avevano riempito un intero pullman, in cui risuonavano, sia all'andata, ma ancor più al ritorno, fragorosi canti indotti anche da pizzicate corde di chitarra.

Attivisti comunisti che, se si doveva passare da quelle parti, forse anche dopo aver fatto qualche deviazione, non mancavano di indicare ai loro ospiti la villa dove aveva abitato Picasso.

Almeno un cameriere - se non anche i suoi colleghi, ma a quel Capodanno l'ambiente era molto affollato - non sapeva in quel locale abbastanza famoso sul lato di levante di Cap Martin cosa fosse un "Irish Coffee".

Dopo "Italia Mundial" gli immigrati italiani a Nizza erano più interessati a frequentare i circoli di tifosi di squadre di calcio del Bel Paese che ad ascoltare i discorsi di connazionali, dirigenti di associazioni dedite ai problemi dell'emigrazione, in trasferta per tentare di tessere reti di solidarietà sociale o per propaganda politica. Questo, anche nel proletario quartiere di L'Ariane.

Sempre negli anni Ottanta allegri compagnoni della zona di Latte di Ventimiglia, in parte gli stessi delle scanzonate esperienze vissute con Nico Orengo, avevano preso l'abitudine di scendere verso il mezzogiorno di domenica  a Mentone - non lontano dalla frontiera - per degustare i particolari aperitivi transalpini, pernod e quant'altro: i più impegnati a comprarsi qualche giornale in lingua.

L'assessore della Provincia di Imperia rientrava in treno, insieme ad un membro della delegazione che si era recata alla Chambre de métiers di Saint-Laurent-du-Var, lasciando ad altri l'auto di servizio, assodato che per un secondo mezzo, di consulenti di settore, si era dovuto - appena arrivati nella località - far intervenire un carro attrezzi.

Un console d'Italia a Nizza aveva molto apprezzato le bottiglie di squisito vino Rossese di Dolceacqua che erano state acquisite alla bisogna da una famiglia, la quale avrebbe di sicuro preferito non procedere a quel sacrificio della propria scarsa produzione.

Si potevano incontrare immigrati italiani che, nonostante i tanti impegni politici profusi nel dipartimento delle Alpi Marittime, non avevano avuto l'accortezza di misurare per tempo la quantità e la qualità dei loro contributi pensionistici. 

Professionisti, italiani ormai trasferitisi in Costa Azzurra, e francesi, in genere tra di loro concorrenti, facevano a gara, mentre ci si avvicinava al Duemila, per organizzare cene professionali ed altri piccoli eventi di promozione commerciale, da cui i partecipanti - beninteso, poco o tanto paganti - ricavavano, invero, ben poco. Affascinante, a suo modo, il fallimento dell'operazione B.B.S., sorta di piattaforma telematica transfrontaliera per piccoli affari, architettata nel menzionato ambiente.

Rimane sovente più simpatica oggi la presenza di pensionati italiani del ceto medio, che nel Nizzardo hanno preso dimora stabile o tengono un'abitazione per le vacanze.

Adriano Maini

domenica 22 novembre 2020

Flugblätter...

Il Trofeo delle Alpi a La Turbie, Costa Azzurra

Si racconta che un gioco dei surrealisti fosse quello di saltare da una sala cinematografica all'altra, in modo che le trame dei vari film si combinassero ca­sualmente dando forma a un collage di sequenze. 

Ef­fettivamente, dissociando le scene, isolandole, tutto diventa enigmatico, onirico, nuovo. Se facciamo un montaggio di spezzoni di vecchi film anni '40 e '50 il risultato è qualcosa di spiazzante, surreale. Sequenze decontestualizzate e ritagliate ci lasciano in un'atmo­sfera di sospensione e di sogno, che si apparenta a quella della dechirichiana metafisica.

Con lo zapping la cosa risulta di primo acchito assai più povera ma probabilmente ci sono comunque delle buone possibilità. Ovviamente si può farlo con la letteratura o con qualsiasi altra arte.

Si può provare a costruire un testo, montando e magari commentando pezzi di libro presi davvero a caso.

Un altro gioco può consistere nel prendere due libri: provarsi a leggerne uno di matematica con lo stesso spirito con cui si legge un manuale di letteratura e viceversa.

Tutto si può fare a pezzi e ricostruire, un po' come in archeologia è successo, per dire un caso, con il Trophée des Alpes, chissà quanto scombinato rispetto all'originale: a noi ricorda un po' il Picasso che si diverte a ricollocare gli elementi anatomici di un viso. Ma honni soit qui mal y pense.

Una volta due bambine, Claudia e Ylenia, smontarono - nel senso letterale del termine - una copia de Il pubblico della poesia curato da Bernardinelli e Cor­delli. Con molte di quelle pagine composero un enorme cuore sul pavimento. Il padre non approvò e intervenne assai stizzito. Io pensai che, invece, uno o tutti o alcuni dei poeti ivi antologizzati, Beppe Conte ad esempio, avrebbero approvato e plaudito.

A proposito: le antologie. Viene da chiedersi se nei casi migliori non si tratti di mirabili opere di smon­taggio e rimontaggio. 

Marco Innocenti, Flugblätter (#3. 54 pezzi dispersi e dispersivi), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2019

[Marco Innocenti è autore di diversi lavori, tra i quali: articoli in IL REGESTO (Bollettino bibliografico dell’Accademia della Pigna - Piccola Biblioteca di Piazza del Capitolo), Sanremo (IM);  Verdi prati erbosi, lepómene editore, 2021; Libro degli Haikai inadeguati, lepómene editore, 2020; articoli in Sanremo e l’Europa. L’immagine della città tra Otto e Novecento. Catalogo della mostra (Sanremo, 19 luglio-9 settembre 2018), Scalpendi, 2018; Flugblätter (#2. 39 pezzi più o meno d’occasione), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2018; Sanguineti didatta e conversatore, Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2016; Enzo Maiolino, Non sono un pittore che urla. Conversazioni con Marco Innocenti, Ventimiglia, Philobiblon, 2014; Sull’arte retorica di Silvio Berlusconi (con uno scritto di Sandro Bajini), Editore Casabianca, Sanremo (IM), 2010; con Loretta Marchi e Stefano Verdino, Marinaresca la mia favola. Renzo Laurano e Sanremo dagli anni Venti al Club Tenco. Saggi, documenti, immagini, De Ferrari, 2006] 

venerdì 20 luglio 2012

Riviera nature notes



La Mortola di Ventimiglia (IM), più precisamente in primo piano un sentiero nei pressi dei Giardini Hanbury, in una fotografia la cui data ultima si può presumere dal fatto che, insieme ad altre che qui pubblico con selezione molto soggettiva (e tecnica di riprodizione molto approssimativa...), correda Riviera nature notes / a popular account of the more striking plants and animals of the Riviera and the Maritime Alps di George Edward Comerford Casey.


Edito nel 1903 da Bernard Quaritch a Londra.


L'autore conobbe Hanbury, creatore di quei Giardini, così come viene riferito nel suo libro.

A questa sorta di manuale di botanica (e non solo) ho già fatto, invero, riferimento, in altra occasione.
 



È significativo che l'autore affermi di avere soggiornato in quella che noi oggi chiamiamo Costa Azzurra già prima dell'annessione di Nizza alla Francia, perché, in rapporto al momento di pubblicazione del suo lavoro, si conferma la sua constatazione in loco della trasformazione del paesaggio.


Nel suo libro compare ancora il nome italiano di Lantosca, anziché l'attuale Lantosque (sulla Vésubie): un'altra piccola curiosità.

Non sono in grado di esprimere pareri sulla parte scientifica - la maggiore - del suo trattato. Di sicuro ci sono diverse, singolari digressioni di ordine storico: ad esempio sulla definizione di portogallo che riscontra sul posto per l'arancia, termine che Casey riteneva tipicamente britannico.
 
 
A me interessava darne sommariamente conto, ma ancor più pubblicare inconsuete - ritengo - immagini d'epoca di siti a me vicini nello spazio e da me quasi tutti ben frequentati, quasi a fissarmi nella memoria come erano un tempo.


Come nel caso di La Roquette-sur-Siagne, paesino che mi riporta con il pensiero a generose e modeste persone conosciute anni addietro. Ma questo é un altro discorso.



venerdì 27 aprile 2012

Verso Nizza

Villefranche-sur-Mer, di cui qui ho fatto vedere un'antica stampa.
 Anzi, più precisamente, un segmento di Cap-Ferrat, che chiude a levante la baia di Villefranche.

Non che passando in auto sulla Moyenne Corniche si possa notare proprio così bene, ma di sicuro si scorge per intero la punta di Cap-Ferrat. Per chi andava di fretta a Nizza tanti anni fa - capitava spesso anche a me - prima del completamento dell'autostrada quello era il tragitto più abituale. E si cominciava a pensare di essere quasi arrivati.
 Lo stesso discorso vale per il centro abitato di Villefranche-sur-Mer.
La vecchia fortezza fatta erigere dai Duchi di Savoia, che i francesi chiamano Cittadella, occorre proprio avvicinarla. Anche sulla Basse Corniche (o Bord de la Mer), se non ci si ferma e se non si trova un buon - raro! - punto di osservazione, non risulta molto visibile.
Dopo poco si comincia a intravvedere Nizza.
Questa una parte della discesa di quel tragitto verso il capoluogo della Costa Azzurra.
Per noi di questa zona di ex-frontiera questa strada, anche negli altri tratti, é foriera di tanti ricordi, soprattutto curiosi. Ma non é su questo che mi viene ora da soffermarmi.

Gli ultimi due scorci sono stati fotografati sotto l'egida di un cartello che indica Belvedere. Il fatto é che ormai tutto é recintato. Trovare gli angoli visuali migliori comporta fare qualche acrobazia.

Anche in precedenza. Per non parlare poi dell'Italia, per lo meno della costa della provincia di Imperia, dove, tuttavia, viene risparmiata in genere la presa in giro di quell'accattivante promessa.
E gli abitanti di quelle case là sopra potranno pure godersi liberamente una bella vista - quella non concessa in quella zona ai tutisti - di Nizza, ma rumore e gas di scarico delle automobili ce li hanno garantiti ad oltranza!



sabato 2 ottobre 2010

Costa Azzurra e ... dintorni

Roquebrune - Cap Martin, Cap Martin

Parto dai soliti platani? Ma no, é un argomento serio! I profumi di Grasse? A dire il vero, non riesco a ricordarli: ho più nella memoria, anzi, quasi nel naso, le fragranze delle vecchie distillerie di Bordighera e di Porto Maurizio.

La Turbie
Il cioccolato, allora. Quello nero, fondente, ottimo, dalla marca che non vado a declinare, anche se non c'é più. Si trovava solo nei negozi di là dalla frontiera. Fantastico per fare le castagnole, il dolce tipico di Ventimiglia. Almeno, lo usava la nostra vicina di casa di Nervia e castagnole così buone non ne ho più mangiate. Neanche adesso che la leccornia ha il marchio di origine comunale.Vatti a fidare dell'ufficialità! Certo che, a quei tempi, che tre tavolette o giù di lì facessero già contrabbando! Come le banane. Pure quelle piccole, del Senegal: mai più viste! Certo che riempirci poco alla volta la casa di cioccolato et similia, perché poi lo zio potesse portare il tutto con calma nella visita annuale ai parenti nel contado di Parma!

Beh, le colline da Far-West sopra Cap d'Ail e Monaco, no? Lo zoo di Montecarlo. Mont Agel e Grammondo ed altro, visti dal basso.

Gite scolastiche e non. La Valle Roja nella parte francese. Fuori mano? Va bene, ma ditelo ai francesi, che te la segnalano già da Cannes. La vecchia ferrovia Ventimiglia-Cuneo ancora in disarmo: ponti crollati, binari interrotti, malconcia segnaletica d'anteguerra. La Valle delle Meraviglie per salire a Monte Bego. Il primo laghetto, Pic-nic. Filmino, se c'é ancora. Non pervenuto se riversato in dvd. E, dall'altra parte, verso il mare, l'Acquario di Monaco: sì, però, l'ho guardato bene tanti anni dopo. E Monaco é Costa Azzurra? Sì, mi pare si dica di sì.


Il Trofeo d'Augusto a La Turbie.

Eze Village, il nido d'aquila de la Côte: giusto, ma che era tutto ricostruito l'ho capito già allora, anche se distratto da cose più bizzarre che rinvenivano i compagni più smaliziati, tipo un certo disegnino sullo jus primae noctis esercitato dal castellano.

Nizza - Promenade des Anglais

A Nizza...



Nizza Vecchia...


A Nizza, ancora, il monumento a Garibaldi. In quella piazza soprattutto la farinata. Socca, come la chiamano sul posto.

Nizza: Piazza Garibaldi
I sabati pomeriggio, al netto delle vacanze estive, '67 e '68, in auto con l'amico che metteva Jimi Hendrixx a manetta. Erano già diffusi i mangianastri? Sporadiche aggregazioni altrui. Ma allora la Costa tutta ed anche l'entroterra. Su certe stradine non ci sono più tornato, credo. Non c'era ancora l'autostrada. Bevuti con gli occhi tutti gli scorci panoramici possibili. Fermarsi fuori dalle città, tuttavia. E così, talora, nella zona a cavallo tra mare e Valle Roja. Sospelle. Bella! Come la sottostante parte alta della Val Bevera. Il Festival del Cinema a Cannes, l'anno della contestazione generale. Città vuota, cartelloni sì. Perché mi sovviene quello di "Grazie, zia"? Lisa Gastoni callipigia nature? Altri frammenti, da riservare, se del caso, a discorsi più seri.

Subito dopo, due vendemmie a Les Arcs. Dal treno, l'incanto delle rocce rosse sul mare. Al ... lavoro, in talune pause guidare, autorizzato, per divertimento il trattore solo usando la frizione: danni lievissimi alle vigne! Una domenica (nella banda c'erano una o due auto di ventimigliesi arrivati dopo e ripartiti prima) tutti o quasi a Saint-Tropez. La strada in collina non finiva mai. Vuoi vedere che era la collina dei Mori (Les Maures)? Quella che chiude l'orizzonte, nelle belle giornate, dall'Italia. Digressione. Intestardirsi a capire da vicino, di nuovo tanti anni dopo, dove sia di preciso quella che da lontano sembra una gobba di dromedario. Nella vulgata popolare, del cammello. Andare a Frejus e rompere le scatole al vicino di bordo per tutto il tragitto. Chiedere inutilmente a regatanti nostrani. Fatta l'ipotesi guardando le cartine, vedersela confermare dal velista rinsavito. Se ci pensavo quando viaggiavo di più ... Comunque a Saint-Tropez, facevo già l'impostato. Unica cosa interessante per me, già allora, una piccola torre ante Mille.

Il Carnevale di Nizza? Con quella mia testa di allora! L'ho apprezzato anni dopo in funzione della gioia dei bambini. All'epoca, bella compagnia, quella sì, confusione, e ... ma sì platani, nel ricordo platani. Devono averli tolti. Perché il centro di Nizza me lo sono girato e rigirato nel tempo. Ma lì platani, non più.

Saltare qualche intermezzo. Ancora due gite in pullman. Vence o Saint Paul de Vence? Sono vicine. Museo d'arte moderna. Tabula rasa. E non faccio ricerche su Internet o altrove. Sempre la mia testa nelle nuvole. Però, Grasse, sì. Ma per cosa? Per la fermata a a Nizza. Perché quel mercato dei fiori di "Caccia al ladro" c'era ancora. Dove Cary Grant finisce tra le ceste. E assaporare "54" dei Wu Ming che ricostruiscono quel parziale backstage (o come si dice). Il tutto rielaborato, certo, dopo.

La Turbie - una vista su Mont Agel

Mi fermo appena superati i miei vent'anni? Per forza. Non é il caso di farla tanto lunga. E dopo? Continuerò? Vedremo.

Intanto, metto una foto dalla vendemmia. Anno 1969, mi pare. A Les Arcs-sur-Argens, dipartimento del Var. Ma la definizione completa, comprensiva di "sur-Argens" l'ho trovata su Wikipedia. Nel mio ricordo quel paesone era solo Les Arcs. Come avevo già scritto qualche riga qui sopra.



mercoledì 4 agosto 2010

Douce France

Nella foto (scusate l'immancabile foschia estiva) da destra: Mentone, Cap Martin, -sopra- La Turbie con il Trofeo di Nella Augusto, Montecarlo, Cap d'Ail, dopo-sopra- borgate di Nizza, Beausoleil, Cap-Ferrat)
Abito a pochi chilometri dalla Costa Azzurra, ma invero da anni mi reco sporadicamente oltre il vecchio confine.

Non sempre è stato così, tuttavia non posso dire di avere girato in lungo e in largo la Francia: l'idea che mi sono fatto di questo grande paese deriva in buona misura dalle letture e da tante conversazioni avute nel tempo.

Douce France è il titolo di una bella canzone di Charles Trenet, forse non a caso scrittta durante il secondo conflitto mondiale.

Douce France è un termine usato in senso molto lato in tante occasioni, forse anche a sproposito.

Douce France è il titolo di un libro di memorie di un insigne antifascista italiano, che narra della sua clandestinità nella zona, all'incirca, di Saint-Tropez nel momento più buio della storia transalpina, gli inizi della seconda guerra mondiale. Il fratello di Giancarlo Pajetta, che ho avuto la ventura di accompagnare tanti anni fa a margine di quel teatro geografico, è stato capace di trovare sorrisi e conforto all'interno di una serie di tragiche vicende storiche. Il che, forse, corrisponde a tanta parte della storia di Francia, come, del resto, è stato reso in tanta parte della letteratura.

Nel mio personale sentire la cosiddetta storia maggiore, quella dei libri e dei risonanti articoli di stampa, si intreccia con la storia minore, anzi, ne risulta verificata, corretta ed inverata.

Il mio primo appuntamento fu, a cinque anni a Grasse, per salutare con la famiglia lo zio materno, colà temporaneamente emigrato, anche da discreto giocatore di calcio: un trenino (credo lo stesso con altri risvolti storici che magari tengo da parte per un'altra volta) che corre nella campagna, il classico viale alberato, figure di affabili persone (forse ai miei occhi di allora!) anziane che ho voluto ritrovare in tanti libri e film (ad esempio, nella finzione scenica il padre di Kevin Kline in "French Kiss"): sono fotogrammi che mi accompagnano da quella gita.

Vorrei aggiungere in ordine sparso altre impressioni.

L'anno vissuto a Le Cannet, vicino a Cannes, nel 1931 da mio padre bambino: forse certi entusiasmi me li ha trasmessi proprio lui con i suoi tanti racconti, anche con quello di essere stato compagno di scuola con il semisconosciuto Lazarides, vincitore del primo Tour, ma non ufficiale, del dopoguerra. Sembra neo-realismo in tono minore, ma da giovanotto ne feci argomento per arricchire la conversazione con un anziano italo-francese di quella zona, appassionato di ciclismo. Un fratello della nonna (lato paterno) emigrato a Parigi per antifascismo. Un cugino della nonna che stava a Cap d'Ail, in una casa affacciata su più piani e terrazze su un'incantevole caletta: e scoprire anni dopo lì sotto sul lato orientale, tra le tante famose, la villa che fu dei fratelli Lumiere. Nipoti del nonno Maini emigrati in Dordogna: una storia comune a tanti italiani, come tanti ne ho conosciuti di persona poi io, in genere fieri di essersi integrati, come voleva ancora trent'anni fa tutta la società francese, ma ancora nostalgici del Paese. Una vendemmia (anzi due!) non ancora giovanotto a Les Arc (sempre vicino a Saint-Tropez): "Parli il francese come una vacca spagnola!". A Parigi, già allora il solito italiano: "E' Pompidour?" e il flic "Oui, Monsieur le President!" Documentazione scorta nel vicino dipartimento transalpino sugli anni del Fronte Popolare, con le sue conquiste civili e sociali. E due parole ancora su Picasso. L'incanto della Cappella della Pace a Vallauris, dove ho frequentato ceramisti autorizzati dall'artista in persona a riprodurre certe sue ispirazioni nei loro vasi. Disegni, litografie ed acquarelli donati a sedi ed uffici popolari. La vaga speranza, passando da Mougins, di poterlo scorgere almeno da lontano.

Ho cercato di fare affiorare alla memoria aspetti meno noti della cultura, della tolleranza, dell'antifascismo, del vivere comune della storia di Francia, così come li ho visti io.

Potrò sbagliare, ma trovo oggi molto affievoliti quegli elementi. Italo-francesi o francesi che siano, nei miei attuali occasionali interlocutori trovo sempre minore consapevolezza di quelle radici.