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sabato 7 gennaio 2023

Hồ Chí Minh giunse a Guìlín, utilizzando il nome di Hú Guāng


La crescente minaccia giapponese in Cina preoccupò Nguyễn Ai Quốc [n.d.r.: di lì a breve avrebbe assunto il nome di Hồ Chí Minh] che, dopo il periodo di convalescenza dalla tubercolosi, vi ritornò nell’agosto del 1938. Il paese tuttavia non era lo stesso di cinque anni prima: Chiang Kai-Shek, dopo aver ripulito dai comunisti le aree a sud del fiume Yángzǐ <4, nel 1937 fu convinto a formare un secondo fronte unito col PCC, per contrastare la minaccia nipponica. Questo episodio fu un’opportunità fortuita per NAQ: l'istituzione del fronte unito avrebbe potuto fornirgli una maggiore libertà di movimento nel tentativo di ripristinare i contatti con i rivoluzionari vietnamiti che operavano nel sud della Cina. In secondo luogo, ravvivò le probabilità di una guerra totale nell’Asia dell’Est, con la possibile espansione in Indocina  e la conseguente fine del dominio francese. Dopo aver soggiornato a Xi’ān e Yán'ān, il leader giunse a Guìlín, utilizzando il nome di Hú Guāng, dove gli fu assegnato un impiego come giornalista. Alcuni dei suoi articoli, che riguardavano la situazione cinese in tempo di guerra, furono inviati al quotidiano vietnamita - in lingua francese - di Hà Nội Notre Voix, firmati col nome di P. C. Line <5.
Nel 1939, mentre Nguyễn Ai Quốc continuava a lavorare per il fronte unito in Cina, l’Europa si apprestò ad affrontare lo scoppio la Seconda Guerra Mondiale. A febbraio, il quartier generale del PCC istruì il comandante Yè Jiànyīng di organizzare un programma di addestramento militare a Héngyáng: NAQ a giugno fu promosso commissario politico presso la missione, istruendo le truppe cinesi del fronte unito <6. Dopo aver completato il suo incarico, alla fine di settembre il leader partì per Lóngzhōu, nella speranza di stabilire un contatto con i membri del Partito Comunista Indocinese (PCI), ma senza risultati. Infatti, gli eventi in Europa ebbero un impatto catastrofico sulle operazioni del PCI: il 24 agosto la Germania nazista e l’Unione Sovietica firmarono il patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop, e una settimana dopo, le forze militari tedesche attraversarono il confine polacco, con la conseguente dichiarazione di guerra di Gran Bretagna e Francia. In Indocina, l’alleanza moscovita con Hitler ebbe come conseguenza la messa al bando di tutte le attività del PCI e di altre organizzazioni politiche radicali <7. Tale provvedimento del governatore generale Georges Catroux (1877-1969) fu dettato anche dalla necessità di rafforzare la sicurezza interna del paese, conscio dei venti di guerra che presto avrebbero soffiato8. Nel mentre, NAQ si recò a Chóngqìng, dove Chiang Kai-Shek aveva stabilito la sua capitale dopo l’occupazione giapponese della valle dello Yángzǐ, e riprese i contatti con Zhōu Ēnlái, che stava servendo come rappresentante del PCC. Oltre a quest’ultimo, pochi in ufficio conoscevano la vera identità del leader vietnamita <9.
Nel 1940 Ai Quốc riuscì a stabilire i rapporti con due membri del PCI, che diventeranno i suoi più fedeli seguaci: Phạm Văn Đồng (1906-2000) e Võ Nguyên Giáp. Il leader dunque, travestito da vecchio contadino e facendosi chiamare Ông Trần (Sig. Tran), si mise in viaggio da Chóngqìng per giungere a fine maggio a Kūnmíng, dove attese i due inviati del PCI <10. Phạm Văn Đồng, figlio di un mandarino, fu membro della TN dal 1929 e, in seguito alle retate francesi nell’aprile 1931, trascorse diversi anni in prigione finché non gli fu concessa l’amnistia nel 1937. Anche Võ Nguyên Giáp nacque da una famiglia di mandarini, e riuscì a frequentare l'Accademia Nazionale di Huế. Successivamente si unì all’ICP ma poco tempo dopo fu arrestato per aver preso parte alle manifestazioni studentesche a Huế. Quando venne rilasciato nel 1933, riprese gli studi e si laureò in giurisprudenza presso l’Università di Hà Nội. Dopo la laurea accettò un posto come insegnante di storia e divenne anche giornalista per il Notre Voix. I due infine si aggregarono al PCI e cominciarono a prepararsi per la missione che li avrebbe portati in Cina. Giunti a Kūnmíng a inizio giugno, i rappresentanti locali del PCI dissero loro di aspettare un certo signor Vương (Nguyễn Ai Quốc), il quale avrebbe assegnato loro nuovi compiti. Vương ordinò loro di recarsi al quartier generale del PCC a Yán’ān per iscriversi a un corso militare presso l’istituto del Partito. I recenti eventi in Europa, dove l'offensiva tedesca lanciata nel maggio 1940 aveva portato alla resa finale della Francia il 22 giugno, avrebbero portato rilevanti cambiamenti in Indocina. La creazione del regime fantoccio di Vichy fu una sentita sconfitta per la Francia, e per il leader un'opportunità favorevole per attuare la rivoluzione in Việt Nam <11.
Il Giappone, approfittando della caduta di Parigi, colse il momento propizio per estendere la sua influenza sui territori del Sud Est Asiatico. Nella primavera del 1940, Tokyo iniziò a esercitare forti pressioni sulle autorità coloniali francesi per vietare la spedizione di attrezzature e rifornimenti militari in Cina. Oltre alle pressioni dall’esterno, anche internamente la situazione indocinese non era delle migliori. A seguito dei reclutamenti dei vietnamiti per servire nelle unità militari in Europa, il malcontento generale scatenò un'ondata di ribellioni, specialmente nelle aree rurali, che vennero represse col sangue <12. Il governatore Catroux, in assenza di qualsiasi sostegno da parte del governo assediato di Parigi e dopo aver rivolto una fallimentare richiesta di aiuto agli Stati Uniti <13, decise di aderire alle file della Francia Libera, l’organizzazione politico-militare organizzata dal generale Charles de Gaulle per contrastare il governo di Vichy <14. Quest’ultimo nominò come governatore dell’Indocina l’ammiraglio Jean Decaux (1884-1963). A seguito degli accordi franco-giapponesi del 30 agosto, Decaux diede ai nuovi invasori il permesso di utilizzare le basi aeree e navali, oltre allo stanziamento delle truppe nipponiche in Việt Nam: anche se il Paese del Sol Levante riconobbe la sovranità francese in Indocina, l’avanzata giapponese era ormai inevitabile <15.
[NOTE]
4 Evento che segnò l’inizio della Lunga Marcia e la conseguente istituzione della nuova base comunista a Yán'ān, nel nord della Cina. Duiker, Ho Chi Minh, 172.
5 Duiker, Ho Chi Minh, 173-74.
6 Lacouture, Ho Chi Minh, 80.
7 Duiker, Ho Chi Minh, 179.
8 Taylor, A History of the Vietnamese, 524.
9 Duiker, Ho Chi Minh, 177.
10 Lacouture, Ho Chi Minh, 83.
11 Duiker, Ho Chi Minh, 178-80.
12 Duiker, Ho Chi Minh, 184.
13 Il presidente Franklin Delano Roosevelt (1882-1945) respinse la richiesta sulla base del fatto che qualsiasi aereo militare disponibile nella regione sarebbe stato utilizzato solamente per difendere gli interessi nazionali degli Stati Uniti. Duiker, Ho Chi Minh, 182.
14 Charles André Joseph Marie de Gaulle (1890-1970) fu un generale e statista francese. Nel giugno del 1940, de Gaulle fuggì a Londra, e col sostegno britannico, unì i francesi nelle aree controllate da Vichy alle sue forze della Francia Libera appena organizzate. Il 26 agosto 1944 tornò a Parigi e insediò il suo governo provvisorio nella Francia metropolitana e nel novembre 1945 ne fu eletto presidente provvisorio. Tuttavia, di fronte a una forte opposizione politica tuttavia fu costretto a dimettersi l’anno seguente. In seguito alla crisi del 1958 (rivolta algerina) tornò alle cariche pubbliche come premier, per essere eletto come primo presidente della Quinta Repubblica di Francia nel gennaio 1959. Dopo diversi turbolenti mandati, si dimise ancora una volta e andò in pensione nel 1969. Archimedes L. A. Patti, Why Viet Nam?: Prelude to America’s Albatross (University of California Press, 1982), 507.
15 Taylor, A History of the Vietnamese, 525.
Giada Secco, Zio Hồ, Zio Sam. Le relazioni tra Hồ Chí Minh e gli Stati Uniti prima della Guerra del Việt Nam, Tesi di Laurea, Università Ca' Foscari Venezia, Anno Accademico 2019/2020

sabato 13 agosto 2022

Storie di antifascisti italiani nella Parigi dei quartieri rossi


Il secondo e terzo capitolo di questa ricerca hanno come oggetto la partecipazione di emigrati e emigrate italiani alla resistenza contro l'occupante tedesco a Parigi. In particolare l'analisi ha riguardato alcuni franc-tireurs et partisans legati alla Main d'oeuvre immigrée quindi al partito comunista e attivi contro i nazisti fin dalla fine del 1940 inizi 1941 e alcuni aderenti alle Formazioni Garibaldine dell'XI e XII arr. formatesi a partire dal 1941 e che presero parte successivamente, inquadrati nelle Milices patriotiques - Front National, alla Liberazione di Parigi. Dall'analisi delle biografie di questi aderenti, circa 40 persone, emergono quelle che erano le caratteristiche dell'emigrazione politica-economica italiana negli anni trenta e che risiedeva in quei quartieri rossi della Parigi nord-Est.
Come ricorda William Valsesia, che era nato a Parigi nel 1924 in una famiglia di militanti comunisti fuggiti dall'Italia, in questa zona: “C'era un modo di pensare gli spazi urbani conforme a chi abitava nell'XI, XII, XVIII, XIX e XX arr. preferivamo stare alla destra della Seine con uno spirito da Rive Droite. Se si passava sulla sinistra si attraversava un ponte per raggiungere il quartiere latino. Noi, vivendo a Belleville o a Menilmontant, eravamo più di casa a Montmartre che a Montparnasse, al Bois de Vincennes che al Bois de Boulogne. La nostra era la parte più antica, in cui si erano sviluppati il commercio, gli affari, la haute culture, della capitale. La Rive Gauche era soprattutto intellettuale, ministeriale, sede delle ambasciate straniere. Preferivamo l'atmosfera vivace della Rive Droite alla serenità della Rive Gauche.” <120
Gli aderenti alle Formazioni garibaldine e ai FTP-MOI di cui ho potuto leggere il fascicolo redatto a loro nome dalla polizia fascista per il Casellario politico centrale, sono per la maggior parte schedati come comunisti. <121
Alcuni di questi sono dei veri militanti del PCd'I costretti a scappare da una paese all'altro perchè braccati dalla polizia dei vari paesi e oggetto più volte di mandati di espulsione. Come ad esempio, Vilhar Stanislao, originario di Gorizia, tra 'i più accesi esponenti del partito giovanile comunista' emigrato clandestinamente nel 1929 per sfuggire ad un processo dove era stato chiamato a testimoniare riguardo ad un omicidio a sfondo politico. Si rifugiò prima in Jugoslavia, dove a causa della propaganda sovversiva, venne arrestato insieme a suo fratello Felice Vilhar, per propaganda comunista. Scontò 4 mesi di carcere a Lubiana, poi venne espulso e accompagnato alla frontiera con l'Austria, dove rimase per qualche mese a spese del Soccorso Rosso. In seguito passò in Belgio dove svolse attiva propaganda per il partito comunista italiano. A Bruxelles venne arrestato insieme ad altri comunisti, quali Dino Scapini, Marco Sfiligoi, Augusto Felician, Nunzio Marinangeli, durante una riunione della cellula di Bruxelles 'indetta per preparare una manifestazione di protesta contro la celebrazione dell'XI anniversario della marcia su Roma'. Durante la perquisizione nella stanza d'albergo dove alloggiava il Vilhar a Bruxelles, venne rinvenuto 'importante materiale comunista' <122 che gli valse l'accusa di essere 'il capo dei comunisti in Belgio, o per lo meno, l’individuo che aveva in consegna tutti i documenti riferentisi al movimento comunista italiano nel Belgio'. Da qui arrivò a Parigi dove visse clandestinamente per circa 6 anni. Nel 1937 gli venne ratificato un divieto di soggiorno per mancanza di documenti in regola, mentre alloggiava nella rue Compans nel XIX arr., ma venne meno a tale divieto e alla fine dell'anno si recò come volontario a combattere in Spagna nelle Brigate Internazionali, assegnato alla Brigata Garibaldi combatté con questa in Estremadura, a Caspe e sull'Ebro. <123 Al momento della sconfitta della Repubblica spagnola rientrando in Francia venne internato ad Argelès, poi a Gurs, dove gli venne ratificato il mandato di espulsione dalla Francia. Tuttavia liberato nel 1941, riuscì a tornare clandestinamente a Parigi in zona occupata dai tedeschi. <124
Mentre per Nunzio Marinangeli, militante socialista e poi comunista, arrestato insieme al Vilhar in Belgio nel 1933, emigrato clandestinamente nel 1927 <125 è più difficile indicare l'appartenenza politica, schedato come comunista al CPC, in Italia prima di emigrare aveva aderito al partito socialista rivoluzionario. In Belgio nel 1933, secondo una nota informativa, pare avesse chiesto di passare dal partito socialista al partito comunista, in quell'anno la sua attività politica è basata sulla frequentazione delle riunioni dei comunisti e di quelle del Fronte Unico a cui aderisce. Inoltre è uno dei 27 iscritti al Soccorso Rosso Internazionale, della sezione italiana in Belgio, e al Comitato dei patronati. Successivamente raggiunta Parigi nel 1934, le notizie sul Marinangeli si fanno più sporadiche: nel '34 si fa indirizzare la posta nel comune di Saint-Denis nella regione parigina dove abita anche suo fratello Felice, nel 1937 si sposa con una cittadina rumena naturalizzata francese con la quale risiede nel X arr., e che, pur non essendo iscritto al partito riformista provvede al piazzamento del Nuovo Avanti e alla raccolta di abbonamenti al giornale del sindacalista Rugginenti Pallante. Il Marinangeli si recò anche come volontario in Spagna dove si arruolò nella Compagnia Carlo Marx, dell'Artiglieria Internazionale, <126 tornato poi a Parigi, continuò a risiedere con la moglie al n. 13 della rue Alibert, nel X arr.
Se Stanislao Vilhar come Ardito Pellizzari, (la cui biografia è descritta nel III capitolo) si possono fare rientrare nella categoria del 'rivoluzionario di professione', altri come Domenico Zaccheroli o Giuseppe Rolando o Fausto Sverzut (la cui biografia è descritta nel III capitolo) sono più dei simpatizzanti del partito comunista che non esplicano una vera attività o che l'hanno praticata prima di espatriare. Lo Zaccheroli, operaio ceramista, già noto in Italia quale comunista, emigrò in Francia per motivi di lavoro essendo stato assunto nelle miniere dell'Est nel 1930. Abitò per un periodo nella città di Parigi, dove vendeva giornali, e prendeva parte ad alcune riunioni del 'gruppo comunista con Silimbeni Mario, fratello del noto Silimbeni Sante e Remondini Giovanni'. Rientrato in Italia nel 1932 è arrestato poiché trovato in possesso di un volantino di contenuto antifascista. Liberato, diffidato, è posto sotto vigilanza nella sua città natale, Imola. Tornò poi a vivere a Parigi nel 1936 e nell'ottobre raggiunse la Spagna, dove si arruolò nel Battaglione Garibaldi. Rimase ferito a Casa de Campo nel novembre del 1937 e rientrò in Francia nel gennaio 1937. Nel gennaio del '38 è di nuovo in Spagna dove andò a combattere sul fronte di Albacete. Al termine della guerra civile spagnola tornò definitivamente a vivere nella capitale francese. <127
Giuseppe Rolando, è anche lui un comunista, emigrato nel 1924 a Parigi, dalla provincia di Novara, in patria aveva già professato principi comunisti e durante la conferenza interalleata del 1922 a Genova, fece parte della guardia rossa del diplomatico sovietico Cicerin. A Parigi, Rolando lavora alle dipendenze del Consolato e dell'Ambasciata russa quale portinaio nei locali della rue de Grenelle 79, ed abita nella rue des Abbesses (XVIII arr.). Dall'aprile del 1932 lavora alla rappresentanza commerciale dei Soviets nella rue de la Ville l'Evêque dove anche risiede. Secondo un'informativa della polizia italiana del 1933, è membro del partito comunista a Parigi, e, una volta trasferitosi ad Annemasse nel 1934, prese parte alle organizzazioni comuniste locali dove svolse un'attiva propaganda contro il regime. Poi non si hanno più notizie a suo riguardo e la polizia non riuscì più a rintracciarlo.
Altra persona schedata al CPC come comunista è Gottardo Rinaldi. Era nato in provincia di Bologna nel 1898. Prese parte alla I guerra mondiale; nel dopoguerra fu più volte aggredito dalle squadre fasciste. Espatriò nel 1924 in Francia con regolare passaporto rilasciato per motivi di lavoro. Si recò in Belgio, dove rimase qualche anno nella cittadina di Charleroi, nel 1928 il Regio Consolato lo segnala quale muratore, tra i più accesi antifascisti e frequentatore di tutti i cenacoli sovversivi. Nel 1931 è espulso dal Belgio, per cattiva condotta morale e politica. Si recò quindi a Bordeaux e nel 1935 è segnalato per la prima volta a Parigi, dove risiedeva al n. 84 del Boulevard Diderot nell'XI arr. <128 Nel 1936 andò in Spagna dove divenne comandante della Centuria Gastone Sozzi. Gravemente ferito nel dicembre del 1936, ritornò a Parigi. Alla dichiarazione di guerra Italia-Francia si trova a lavorare nel Loiret, la polizia francese lo prelevò da casa e l'accompagnò alla Caserma di Orleans, dove gli furono presentate due alternative: o firmare il lealismo verso la Francia, o essere inviati immediatamente in campo di concentramento. In seguito sarebbe diventato capitano dei FTP della regione parigina. <129
Oltre ai citati comunisti, in questa lista di resistenti presente nel Fonds Maffini, aderenti alle Formazioni Garibaldine di Parigi, vi sono anche alcune persone, schedate dal CPC come socialiste.
E' il caso di Luigi Bottai, nato a Cascina nel 1898, che una volta espatriato con la moglie nel 1929 con regolare passaporto andò ad abitare a Parigi al n. 11 della rue de Boulets, traversa del Faubourg Saint-Antoine, e in seguito nella regione parigina della Seine-Oise. Nel suo fascicolo non si fa mai accenno alla sua presenza alle riunioni dei socialisti o nei locali da loro frequentati. Secondo una nota per la Direzione Generale di Polizia Politica, del 14 settembre 1938, il Bottai è un membro del partito repubblicano per il quale svolge anche attività organizzativa. <130 Tuttavia non essendo ritenuto elemento pericoloso, dal 1939, è richiesta la revoca dell'iscrizione del 'sovversivo' Bottai dalla
rubrica di frontiera.
Altro schedato come socialista nel CPC, è Renato Balestri, figlio di un sindaco socialista della provincia di Pisa. Il suo fascicolo è ben nutrito: iscritto all'associazione giovanile del partito socialista prima del fascismo, una volta emigrato in un primo momento non si mise in evidenza pur professando apertamente idee sovversive, successivamente 'prese a esplicare notevole attività antifascista'. Risiede prima nel comune di Pavillons sous Bois e poi in quello di Montreuil sous Bois. Nel 1935, partecipa al congresso antifascista di Bruxelles, al momento della guerra di Spagna si impegnò nel reclutamento di volontari per la Spagna rossa, nel 'Comitato per l'aiuto al popolo spagnolo,' Cité du Paradis n. 1 a Parigi diretto da Romano Cocchi. Si recò a combattere in Spagna nell'ottobre 1937, dove diventa commissario politico del II Battaglione della Brigata Garibaldi, XII Brigata Internazionale. Ferito in varie parti del corpo sulla Sierra Cabals, fece ritorno in Francia nel dicembre 1938. <131 Fu poi molto attivo nell'Unione popolare italiana, tanto da rivestire la carica di sottosegretario nazionale. Fece diverse missioni in varie regioni della Francia per fare propaganda in favore dell'associazione. La sua appartenenza al partito socialista non è indicata nelle numerose note informative italiane a suo riguardo, vi è solo un accenno in una nota del dicembre 1939, dove il Ministero degli Interni riporta quanto riferito da una fonte fiduciaria: il Balestri avrebbe chiesto di passare dal partito comunista a quello socialista. Nelle memorie del comunista Antonio Tonussi, è riportato che il Balestri all'inizio degli anni '30 era un membro della direzione del Comitato regionale dei gruppi di lingua della zona di Parigi. <132 Nel fascicolo a suo nome redatto dalla Polizia francese si apprende che il Balestri, con lo pseudonimo di Esule, era iscritto al PCd'I da dove, dopo la firma del Patto Molotov-Ribbentrop, era stato espulso perché non aveva approvato il patto, così come aveva fatto lo stesso presidente dell'UPI, Romano Cocchi. Nel settembre del 1939 sottoscrisse l'arruolamento volontario nella Legione Garibaldina, fu mobilitato il 10.06.1940 fino al 24.08.1940. In seguito, sapendosi ricercato, si trasferì nel sud della Francia, ad Agen dove fu attivo in un réseau prima di essere catturato dalla Gestapo e deportato a Buchenwald. <133
Altre persone presenti nell'elenco dei resistenti garibaldini nel Fonds Maffini, di cui ho trovato un fascicolo al CPC, sono schedate con la parola generica di antifascisti, e sono in totale quattro persone.
Romeo Amadori, emigrato nel 1923 in Argentina, raggiunse in seguito la città di Parigi, il suo fascicolo al CPC è aperto nel 1935 a causa di una lettera che egli invia alla cognata e nella quale si schiera apertamente contro la guerra fascista in Abissinia. Egli che di mestiere fa l'ebanista, risiede nell'XI arr. nella rue Planchat, successivamente il suo recapito cambia, ma la polizia fascista scopre solo il luogo dove si fa indirizzare la posta, il 'noto ritrovo di sovversivi', il Bar dei 'Trois Mosquetiers' con ingresso sia nella rue de Montreuil che nel Boulevard de Charonne. Ma l'Amadori non è un militante, non fa politica, non aderisce ad alcun partito antifascista, né fa parte di un'associazione, in due informative presenti nel suo fascicolo si legge che “(...) pur dimostrandosi di sentimenti contrari al Regime non esplica attività politica né frequenterebbe riunioni sovversive.” in un'altra che “(...) pur dimostrandosi di sentimenti contrari al Regime non esplica attività politica né frequenterebbe riunioni sovversive”. <134
L'antifascista Leonello Mattioli, espatriato clandestinamente nel 1930, dopo che si era visto rifiutare il rilascio del passaporto nello stesso anno “per mancanza di motivate giustificazioni”, tentò di raggiungere la Francia passando per l'Austria, ma alla frontiera svizzera venne respinto dalle autorità elvetiche per mancanza di documenti. Interrogato dalla polizia locale, affermò di nutrire “sentimenti avversi al regime ma di non appartenere ad alcun partito politico” e che si era deciso all'espatrio perché annoiato dalle vessazioni cui era sottoposto con frequenti visite domiciliari da parte dei carabinieri e della milizia. Raggiunta la città di Parigi nel 1932 dove risiedeva già suo fratello Aldo, non esplicò 'attività degna di nota', abitò nell'XI arr. da irregolare presso l'Hotel 50 rue de Popinecourt (XI) e in seguito, nel XX arr. nella rue des Pyrénées. Nel 1938 si sposò con una cittadina francese con la quale andò ab abitare nella zona della Tour Eiffel. <135
Altro antifascista è Franz Vai, anche il suo fascicolo presso il CPC contiene poche informazioni, egli che di mestiere faceva il falegname, espatriò con regolare passaporto nel gennaio 1930 essendo stato arruolato per conto della ditta Renard Pierre di Parigi. Il suo recapito è ancora una volta un ristorante, il noto ristorante Bouboule, gestito dai fratelli Schiavina, al n. 84 del Boulevard Diderot, “ritrovo dei peggiori sovversivi del quartiere della Gare de Lyon”. A Parigi, secondo un informatore dell'OVRA, “professava idee antifasciste senza dare luogo a rilievi particolari, e senza mettersi in particolare evidenza con la sua condotta politica.” <136
Dalle liste Garibaldine del Fondo Maffini, l'unico che possiede un fascicolo al CPC come anarchico è Carlo Sannazzaro, originario della città di Torino, nato nel 1879. Ha un fascicolo al CPC per gli anni 1936-1944, emigrato in Francia nel 1922 e residente precedentemente in America Latina, viene notato più volte alle riunioni di Giustizia e Libertà e anche alle riunioni del partito repubblicano, sezione di Parigi, come quella tenuta al Caffè de la Chope nel giugno 1938. <137 Il Sannazzaro, che faceva di mestiere il decoratore, risiedeva con una donna francese al numero 117 della rue Saint Maur nell'XI arr. fino al 1938; in seguito, la polizia non riesce più a sapere dove abita. L'ultima notizia che si ha su di lui è del maggio 1939, quando compare tra un elenco di nomi di italiani residenti a Parigi abbonati al giornale L'Avanti. <138
Altro antifascista è Pietro Paolo Senna, fece parte della Formazione Garibaldina nella Milice du XI arr. Su di lui il fascicolo del CPC, che copre gli anni 1938-1942, contiene pochissime informazioni le quali riguardano per la maggior
parte il suo internamento nel campo del Vernet di ritorno dalla Spagna. Emigrò a Parigi nel 1933, aderì ai gruppi di lingua del PCF e andò a combattere per la repubblica spagnola nell'agosto del 1936. Fece parte della Centuria Gastone Sozzi e poi del Battaglione 'Commune de Paris', successivamente fu internato al Vernet nel settembre del 1938. La data di rilascio non è certa, per le carte della polizia italiana chiese il rimpatrio nel giugno del 1942, lo ottenne successivamente ma non giunse mai in Italia, nelle carte francesi risulta a Parigi già nel 1941. <139
[NOTE]
120 W. Valsesia, P. Manca (a cura di), Un antifascista europeo: dai fuoriusciti di Parigi ai partigiani del Biellese, Recco: Le mani; Alessandria: ISRAL, 2011, p. 53.
121 ACS, CPC, fascicolo Marinageli Nunzio, b. 3063.
ACS, CPC, f. Pirazzoli Giacomo, b. 3998.
ACS, CPC, f. Rinaldi Gottardo, b. 4334.
ACS, CPC, f. Rubini Roberto, b. 4480.
ACS, CPC, f. Dardi Luigi, b. 1620.
ACS, CPC, f. Frausin Rizziero, b. 2175.
ACS, CPC, f. Sverzut Fausto, b. 4991.
ACS, CPC f. Rolando Giuseppe,b. 4375.
ACS, CPC, f. Cuccagna Giovanni, b. 1550.
ACS, CPC, f. Zaccheroli Domenico, b. 5488.
ACS, CPC, f. Cantarelli Renato, b.1012.
ACS, CPC, f. Pellizzari Ardito, b. 3831.
ACS, CPC, f. Gavardi Aldo, b. 2317.
ACS, CPC, f. Stabellini Alfredo, b. 4928.
ACS, CPC, f. Alzetta Muran, b. 83.
ACS, CPC, f. Pirazzoli Giacomo, b. 3998.
ACS, CPC, f. Proci Giuseppe, b. 4135.
ACS, CPC, f. Stroppolo Giordano, b. 4976.
ACS, CPC, f. Vilhar Stanislao, b. 5418.
ACS. CPC, f. Sfiligoi Marco, b. 4784.
122 Circolari, schede di sottoscrizione, a favore di organismi comunisti, lettere di comunisti, indirizzi di compagni, corrispondenze per l’ex 'Riscatto', situazione finanziaria dell’ex 'Riscatto', del S.R.I. e dei patronati, tessere, in ACS, CPC, fascicolo Stanislao Vilhar, b. 5418.
123 Biografia di Vilhar Stanislao, in AICVAS ( a cura di), La Spagna nel nostro cuore, op. cit., p. 491.
124 APP, dossier Vilhar Stanislao, n. 403137/77W2134.
125 In Italia nel 1925 arringò un centinaio di militari del 17 Regg.to Fanteria nel quale era incorporato come caporalmaggiore, inneggiando alla Russia e al bolscevismo (con grida di Viva Lenin e Viva la repubblica). Il 24 giugno 1923 fu tratto in arresto a Pietrasanta perché trovato in possesso di commendatizie degli ex deputati socialisti Mingrino e Volpi, per la Sezione di Marsiglia. Il 17 maggio 1927 fu arrestato a Nizza e denunziato per minacce contro fascisti. ACS, CPC, f. Marinangeli Nunzio, b. 3063.
126 AICVAS, pratiche personali, Nunzio Marinangeli, busta 5, fasc. 32 e busta 10, fasc. 69. In quest'ultimo sono contenuti dei ritagli di giornali e alcune lettere dove si evidenzia l'amicizia di Marinangeli, già dall'esilio in Francia, con l'ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Nel testo curato dall'AICVAS, nella stringatissima biografia sul Marinangeli, egli è indicato come socialista. AICVAS (a cura di), La Spagna nel nostro cuore, op. cit., p. 291.
127 ACS, CPC, fascicolo Domenico Zaccheroli, b. 5488; Cfr la voce Zaccheroli Domenico in A. Albertazzi, L. Arbizzani, N.S. Onofri, Dizionario Biografico Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese, (1919-1945), consultabile al seguente indirizzo: http://www.comune.bologna.it/iperbole/isrebo/strumenti/Z.pdf Domenico Zaccheroli, in AICVAS, La Spagna nel nostro cuore, op. cit., p. 499.
128 ACS, CPC, fascicolo Gottardo Rinaldi, b. 4334
129 Rinaldi Gottardo in AICVAS, La Spagna nel nostro cuore, op. cit., p. 394. A. Lopez, Dalla Spagna alla Resistenza in Europa in Italia ai campi di sterminio, Quaderno Aicvas n. 3, Roma, 1983, p. 14. Sugli anni durante la seconda guerra mondiale non ho trovato altre informazioni, né all'Archivio della prefettura di Parigi vi è un dossier a suo nome.
130 ACS, CPC, fascicolo Luigi Bottai, b. 791.
131 AICVAS, La Spagna nel nostro cuore, 1936-1939, op. cit., p. 60; A. Lopez, Dalla Spagna alla Resistenza in Europa in Italia ai campi di sterminio, op. cit., p. 30. Cfr., ISGREC (a cura di), Volontari antifascisti toscani, tra guerra di Spagna, Francia dei campi, Resistenze. consultabile in rete al seguente indirizzo: http://www.isgrec.it/sito_spagna/ita/all_ita_details.asp?id=2382
132 A. Tonussi, Ivo: una vita di parte, Treviso: Matteo, 1991, p. 72.
133 ACS, CPC, fascicolo Renato Balestri, b. 287. APP, dossier Renato Balestri, n. 51621/1W181.
134 Due informative datate in ACS, CPC, f. Romeo Amadori fascicolo, b. n. 222.
135 ACS, CPC, f. Leonello Mattioli, b. 3162.
136 ACS, CPC, f. Vai Franz, b. 5283.
137 In una informativa per la Divisione Affari Generali e Riservati, scritta da Parigi e datata 9 giugno 1938 si legge che: “Ieri sera ha avuto luogo la riunione della Sezione Repubblicana di Parigi al Caffè 'Chope de Strasbourg'. I presenti erano pochi; questo dipeso soprattutto perchè l'amico Abbati non aveva fatto in tempo di inviare le regolari convocazioni e d'altra parte per la scelta del giorno non troppo indicata. Erano presenti: Randolfo Pacciardi, Ottavio Abbati, Alvaro Savi, Mario Galli, Perentin, Giannoni, Pietro Fantini, Pasquale Candelli, Scarselli, Sannazzaro (il solo residente in Francia, è annotato a lato), Attilio Orioli ed un altro amico romagnolo di cui mi sfugge il nome.”.
ACS, CPC, f. Carlo Sannazzaro, b. 4575.
138 Ivi
139 APP, dossier Pietro Paolo Senna, n. 22282/1W619. ACS, CPC Pietro Senna, b. 4746. AICVAS (a cura di), La Spagna nel nostro cuore, 1936-1939, op. cit., p. 428; Qui si afferma che fu consegnato alle autorità italiane il 18 luglio 1943. Dopo la Liberazione visse a Milano.
Eva Pavone, Gli emigrati antifascisti italiani a Parigi, tra lotta di Liberazione e memoria della Resistenza, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2013

lunedì 7 marzo 2022

La riluttanza di Franklin Delano Roosevelt a porsi in contrasto con le frange più conservatrici del partito democratico

La signora Mary McLeod Bethune e la signora Roosevelt

«L’idea che il miglioramento delle relazioni interrazziali sia uno dei compiti del governo risale alla nostra amministrazione […] La storia di quest’idea è la storia della nostra amministrazione» <2. Qualche mese prima delle elezioni del novembre 1944, Alfred E. Smith aveva scelto di cominciare così un suo intervento sul Journal of Negro Education, in cui gli era stato chiesto di fornire un giudizio di lungo periodo sui contributi delle agencies newdealiste all’emancipazione politica, civile, economica e sociale degli afroamericani. Smith, che tra il 1934 e il 1943 era stato Race Relation Officer all’interno prima della Federal Emergency Relief Administration (FERA) e poi della Works Progress Administration (WPA), riservò il cuore delle sue valutazioni positive all’esperimento istituzionale da lui ritenuto strategicamente più decisivo per «fornire consigli politici e suggerimenti pratici […] mirati al potenziamento dei programmi governativi sulle relazioni interrazziali» <3. Il riferimento era alla storia dell’attività del Federal Council on Negro Affairs (FCNA), un comitato «a maglie larghe […] che per poco più di cinque anni ebbe in mano il destino dei Negri» <4.
Fondato il 7 agosto 1936 da Mary McLeod Bethune, direttrice della Division of Negro Affairs della National Youth Administration (NYA), il Black Cabinet (BC) - denominazione con cui fu spesso identificato al di fuori dell’ambito istituzionale - era stato concepito come un comitato informale per raccogliere i racial advisers coinvolti a vario titolo all’interno delle strutture federali e delle agenzie newdealiste. Secondo i propositi della sua fondatrice, che ne sarebbe rimasta sempre alla guida, l’eccezionalità offerta dal contesto del Second New Deal aveva consegnato agli afroamericani opportunità ma anche responsabilità inedite ed esclusive, che richiedevano «un interesse comune per soddisfare le esigenze più urgenti dei Negri» e, dunque, di «dimenticare il particolare incarico di ciascuno, per scambiarsi personalmente informazioni [e per] capire in modo approfondito il lavoro dei numerosi dipartimenti» <5.
Già nel giugno dell’anno precedente, quando era divenuta la seconda donna a vedersi riconoscere dalla NAACP la Spingarn Meda <6, Bethune aveva individuato nel New Deal l’avvio di un passaggio storico. Uomini e donne nere stavano infatti cogliendo l’inedita disponibilità da parte del governo ad aprirsi a un confronto inclusivo che, d’altra parte, richiedeva l’impegno verso la realizzazione di «nuove forme di partecipazione politica» <7.
Il FCNA era stato dunque ideato proprio per costruire uno spazio di dibattito ampio e allargato, in grado di porsi come riferimento privilegiato delle istituzioni per favorire l’inclusione delle minoranze nell’agenda governativa. Volendo anche operare come gruppo di pressione sull’amministrazione, per correggere e raffinare l’approccio teorico e politico alla questione razziale, il FCNA «sviluppò le sue efficaci attività attorno a quattro ambiti: influenzare le politiche delle singole agencies, assicurare adeguate iniziative per garantire l’approvazione di buone pratiche, seguire le dinamiche istituzionali, informare e fare divulgazione» <8.
Questo ultimo punto rappresentò non solo una strategia collaterale ma anche una seconda e altrettanto vitale ragione alla base della fondazione del BC. Bethune, che nel 1935 era stata chiamata dall’amministrazione federale nel momento più alto della sua carriera di leader nei movimenti di emancipazione delle donne nere, fu intenzionata a rendere il gruppo un interlocutore politico di riferimento, non solo per i vertici ma anche per la società civile. Per questo, fin dalle prime riunioni, fu stabilito che ai progetti condotti da ogni singolo racial advisers all’interno di ciascuna agenzia fossero associate molteplici forme di scambio e di collaborazione con il mondo dell’associazionismo. Proprio la configurazione informale dell’organismo, rimasto senza un qualsivoglia riconoscimento ufficiale, costituì una scelta consapevole per coinvolgere in modo inclusivo i rappresentanti dei movimenti e per «ottenere migliori risultati […] ragionando e programmando insieme» <9. Secondo Bethune, superare i ristretti confini istituzionali e includere in modo partecipativo la leadership dei movimenti era vincolante «per pensare come un tutt’uno, per garantire il miglior servizio ai nostri concittadini [e per] mantenere sempre vivo il tema della discriminazione» <10. L’impegno del FCNA si innestò dunque attorno a due nodi in apparenza slegati ma che, invece, avevano caratterizzato l’esperienza di Bethune in modo strettamente connesso e interdipendente. La sua più che ventennale leadership nelle associazioni locali e nazionali di donne nere l’aveva portata a credere con forza che il FCNA avesse il dovere di pensare «a come poter, in modo cooperativo, chiarire alla collettività le cose fatte e le cose da fare per i Negri» <11.
Pur riuscendo a coinvolgere quasi cinquanta membri all’apice della sua attività nel 1939, il FCNA ha sofferto di una lunga disattenzione da parte della storiografia. Sebbene molti studi siano concordi nel definirlo un comitato singolare, senza precedenti e meritevole di una rinnovata attenzione scientifica, anche nelle maggiori ricostruzioni sul New Deal esso ha trovato poco spazio di approfondimento specifico. Il dibattito scientifico offre comunque un quadro ricco, all’interno del quale il passaggio tra la seconda metà degli anni Trenta e i primi anni Quaranta continua a essere oggetto di discussioni interdisciplinari e a rappresentare una delle fasi costantemente narrate e contronarrate dalla storiografia. I principali filoni di studi, coltivati fin dagli anni successivi al secondo conflitto mondiale e ormai consolidati, hanno riconosciuto il sostanziale fallimento delle politiche strutturali del New Deal di fronte agli afroamericani <12. Le interpretazioni di Alan Brinkley, Gary Gerstle e Raymond Wolters hanno giudicato la mancata approvazione di politiche razziali incisive soffermandosi soprattutto sul timore e sulla riluttanza di FDR [n.d.r.: Franklin Delano Roosevelt] a porsi in contrasto con le frange più conservatrici del partito democratico <13. Anche lo studio molto più recente di Ira Katznelson ha confermato che «l’amministrazione Roosevelt seguì una strategia di pragmatica dimenticanza sulle questioni razziali il più a lungo possibile» <14. Eppure, questa stessa storiografia ha riconosciuto che «una popolazione disperata […] vide Roosevelt salvarla dalla fame» <15 e che «il New Deal offrì agli afroamericani benefici materiali e riconoscimenti più di qualsiasi altra amministrazione» <16.
La storiografia si è dunque soffermata in vari modi sul contributo politico del New Deal all’emancipazione politica, civile, economica e sociale degli afroamericani. Impegnandosi a problematizzare la complessa tensione tra i risultati concreti delle riforme e l’ascendente simbolico della famiglia presidenziale, molti studi hanno individuato nel passaggio tra la seconda metà degli anni Trenta e i primi anni Quaranta un complesso e intricato turning point, «una fase di semina e non di raccolto» che portò innegabilmente a «una più completa partecipazione dei neri nella società americana» <17. Ad oggi, la letteratura offre una tradizione di lungo periodo e di ampio respiro in merito a questioni, approcci e metodologie sulle forme di inclusione della questione razziale nel più ampio progetto del New Deal. Eppure, alcune esperienze politiche innovative e singolari sono spesso state lasciate ai margini, concorrendo a sottostimare il protagonismo di uomini e donne nere come soggetti attivi e dirimenti sulla scena istituzionale.
[...] Nell’estate del 1941 Weaver strutturò più minuziosamente la sua divisione all’interno dell’OPM, occupandosi a sviluppare una concreta presenza sul territorio ad avviare strette forme di collaborazione con le organizzazioni locali, le associazioni di categoria e il mondo imprenditoriale. Pur occupandosi di promuovere le attività istituzionali, Weaver confermò la propria distanza dai movimenti, si trovò in conflitto con la NAACP e suscitò giudizi contrastanti anche all’interno del FCNA. La parziale rottura si coagulò attorno al caso della Brewster Aeronautical, una società newyorchese che aveva attirato forti accuse di discriminazione da parte della NAACP <46. Nel mese di luglio Weaver difese invece la compagnia, annunciando la recente assunzione di un gruppo di afroamericani. La NAACP lo ritenne un gesto strategico, unicamente teso a evitare proteste, tanto che Roy Wilkins e Walter F. White si definirono «letteralmente infuriati contro Robert C. Weaver per le dichiarazioni rilasciate dall’OPM» <47. Dopo un successivo scambio di comunicazioni, in cui Weaver difese il proprio operato mentre White gli intimò di «[stare] estremamente attento a prevenire report troppo ottimistici su pratiche di assunzione nell’industria bellica» <48, anche il FCNA si spaccò. Su National Grapevine, Alfred E. Smith si espresse con ostilità, asserendo che «sebbene Weaver [avesse] lavorato molto e raggiunto alcuni risultati definiti e storici per l’impiego dei Negri […] egli aveva comunque perso la faccia facendo dichiarazioni grandi e troppo ottimistiche sulla stampa» <49.
Al contrario, Smith continuò invece a celebrare la figura di Bethune e il lavoro da lei portato avanti all’interno del FCNA, nonostante il periodo di stasi per lo stato di salute piuttosto critico. Provando a coniugare l’impegno istituzionale a una presenza sempre più attiva e critica dei movimenti e delle donne nere nello sforzo bellico, l’attività politica e la leadership di Bethune raggiunsero esiti particolarmente significativi proprio nei primi anni Quaranta. Per Smith, in primo luogo, «la personale amicizia con Eleanor Roosevelt le [garantiva] libero accesso alla Casa Bianca» <50. In effetti, come è stato riconosciuto anche da Elaine M. Smith, Bethune e la first-lady coltivarono «una amicizia interrazziale rara, pubblica e privata» <51, caratterizzata da forme di cooperazione variegate. Nel 1941, Bethune era ormai particolarmente vicina a Eleanor Roosevelt, che fu coinvolta nel progetto educativo del Bethune-Cookman College e si dimostrò altrettanto presente per la NYA e per il NCNW. A nome del FCNA, Bethune aveva inoltre continuato a sollecitare il suo intervento e la sua mediazione per favorire l’inclusione degli afroamericani e contrastare la discriminazione nel programma di difesa. Molti report e memorandum venivano direttamente inoltrati alla Casa Bianca, chiedendo una diretta azione della first-lady per favorire «l’inclusione dei Negri nell’elaborazione e nell’organizzazione di nuove agenzie per la difesa» <52.
[...] già nel settembre 1939 Bethune era entrata a far parte del Committee to Defend America by Aiding the Allies, sostenendo fortemente la necessità di un imminente intervento da parte degli Stati Uniti per contrastare i totalitarismi europei, in linea con i precedenti impegni pubblici per richiedere condanne ufficiali o interventi mirati del presidente e del governo contro l’ascesa dei fascismi in Europa e le politiche razziste di Germania e Italia, le leggi di Norimberga, gli accordi di Monaco <64.
La NYA, ormai spostata dalla WPA alla FSA, fu particolarmente coinvolta nello sforzo bellico. Al suo interno, Bethune e il direttore Aubrey W. Williams si occuparono di promuovere le attività dell’agenzia e di coinvolgere la società civile nello sforzo internazionale. Come direttrice della Division for Negro Affairs, Bethune si ritagliò un ruolo attivo soprattutto nel sollecitare la mobilitazione femminile. Infatti, si attivò per la fondazione e la gestione del Negro Woman’s Committee for Democracy in National Defense. Credendo che «l’esclusione e la discriminazione nelle agenzie governative [mettesse] in serio pericolo la nazione» <65, il comitato fu fondato nel 1941 e riunì gruppi e associazioni femminili particolarmente interessate ad esercitare un ruolo attivo nel programma di difesa. Poiché «il mondo [era] impegnato in una lotta per il mantenimento della democrazia» <66, il movimento si impegnò a sottolineare il ruolo attivo che anche le donne nere avrebbero dovuto ricoprire all’interno della società. Il comitato cercò la collaborazione dei racial advisers attorno a una serie di temi specifici, chiedendo in particolare una «mobilitazione a livello nazionale per il lavoro nelle industrie di difesa […] la formazione e l’apprendistato per i giovani» <67, concentrandosi soprattutto sulla mobilitazione femminile poiché «le donne Negre [potevano] e [dovevano] partecipare allo sforzo comune per rendere la democrazia funzionante» <68.
[...] Sottolineando la mancanza di rispetto delle politiche contro la discriminazione e dell’Executive Order 8802 emanato nel luglio del 1941, Bethune chiese al direttore della NYA di «impegnarsi a dichiarare una politica chiara, con un linguaggio diretto e preciso, che [potesse] costituire il principio guida per dare direttive a seguito della riorganizzazione dell’agenzia» <81. La sempre più forte denuncia da parte dei movimenti aveva spinto Bethune ad assumere posizioni particolarmente critiche verso le istituzioni e a influire sull’avvicinamento sempre più significativo del FCNA ai movimenti, rivestendo un ruolo non secondario nella fase forse di più acuta crisi, generata dal MOWC di Randolph e dal rischio di una marcia di protesta sulla capitale.
[NOTE]
2 A.E. Smith, Educational Programs for the Improvement of Race Relations: Government Agencies, in The Journal of Negro Education, Vol. 13, No. 3 (Summer, 1944), p. 361.
3 Ibidem, p. 363.
4 Ibidem, p. 364.
5 Minutes of the First Meeting of the FCNA, 7 August 1936, MMB, RSC, p. 2, r. 7, 0693.
6 La prima donna a ricevere la Spingarn Medal della NAACP era stata Mary B. Talbert nel 1922. Dopo Bethune, nel 1939 il riconoscimento fu assegnato alla cantante Marian Anderson.
7 M. McLeod Bethune, Twenty-First Spingarn Medalist, MMB, ARC, b. 2, f. 1.
8 A.E. Smith, Educational Programs for the Improvement of Race Relations, cit., p. 365.
9 Minutes of the First Meeting of the FCNA, cit.
10 Ivi.
11 Ivi.
12 Alcuni tra i primi studi più d’impatto sul New Deal in rapporto all’emancipazione razziale: H. Garfinkel, When Negroes March. The March on Washington Movement in the Organizational Politics for FEPC, Glencoe, The Free Press, 1959; R.E. Sherwood, Roosevelt and Hopkins: an Intimate History, Harper & Brothers, New York, 1948.
13 Cfr. A. Brinkley, The End of Reform: New Deal Liberalism in Recession and War, New York, Vintage, 1995; G. Gerstle, The Crucial Decade: The 1940s and Beyond, in The Journal of American History, Vol. 92, No. 4 (Mar., 2006), pp. 1292-1299; Id., The Protean Character of American Liberalism, in American Historical Review, 99 (Oct. 1994), pp. 1043-73; R. Wolters, The New Deal and the Negro, in J. Braeman, R.H. Bremner, D. Brody (eds.), The New Deal, Columbus, Ohio State University Press, 1975, pp. 170-217.
14 I. Katznelson, Fear Itself: The New Deal and the Origins of Our Time, New York, W.W. Norton, 2013, p. 168.
15 Ibidem, p. 176.
16 R. Wolters, The New Deal and the Negro, cit., p. 170.
17 H. Sitkoff, A New Deal for Blacks. The Emergence of Civil Rights as a National Issue: the Depression Decade. 30th Anniversary Edition, New York, Oxford University Press, 2009, p. XX.
46 W.E. Pritchett, Robert Clifton Weaver and the American City, cit., p. 100.
47 W.F. White, R. Wilkins cit. in W.E. Pritchett, Robert Clifton Weaver and the American City, cit., p. 101.
48 W.E. Pritchett, Robert Clifton Weaver and the American City, cit., p. 102.
49 C. Cherokee, National Grapevine, 13 September 1941, AES, ARK, b. 5, f. 4.
50 C. Cherokee, National Grapevine, 9 August 1941, AES, ARK, b. 5, f. 4.
51 E.M. Smith, Pursuing a True and Unfettered Democracy, cit., p. 108.
52 M. McLeod Bethune to E. Roosevelt, 8 April 1941, ER, RSC, p. 1, r. 0863.
64 E.M. Smith, Pursuing a True and Unfettered Democracy, cit., p. 137.
65 Announcing a Nation-Wide Call to Negro Women of America, 28 June 1941, RG 119, NARA, b. 6, f. Broadcasts 1939.
66 Ivi.
67 Ivi.
68 Ivi.
81 M. McLeod Bethune to A.W. Williams, 20 May 1942, AW, FDRL, b. 7, f. 1942-43 Program.
Annalisa Mogorovich, Un comitato informale nell'amministrazione Roosevelt. Il Federal Council on Negro Affairs e la leadership di Mary McLeod Bethune (1936-1943), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Trieste, Anno accademico 2015-2016