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lunedì 6 maggio 2024

Reganta


Dove sorge in Lungomare Varaldo - incrocio con Via alla Spiaggia - zona Nervia di Ventimiglia un pubblico esercizio, c'era più o meno dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso una piccola costruzione quasi tutta in legno adibita a bar, meta d'estate di tanti bagnanti - compresi ragazzi del luogo -, ancora ricordata per il pane rustico farcito di pomodoro ed altri sapori (pan bagnau, puntualizzerebbe qualche pignolo; qualche altro tipo meticoloso sottolineerebbe la non grande igiene praticata, ma verrebbe subito zittito per la delizia di quelle merende).
Risuonano ancora da quel sito storie, alcune tremende, di pescatori contrabbandieri. 


Davanti c'era uno stretto sterrato - spesso chiuso a ponente con catene sì da renderlo in pratica un semplice accesso pedonale - che sbatteva un po' più in là contro campagne e spiagge sassose dove si disperdeva ben prima di incrociare il torrente eponimo della regione.
Il fatto è che in tanti racconti quel ritrovo viene definito come baracca. Ma Baracca e Baracchetta sono termini spesso usati in senso quasi orgoglioso, tanto è vero che si sono anche visti locali - alcuni in muratura - con quel nome.


Su di un altro Lungomare, quello Argentina di Bordighera, si registrava una situazione quasi analoga, con una piccola capanna, poco più di una bancarella da mercante ambulante, miniera nella stagione balneare di mitici ghiaccioli per tante ragazzine e per tanti ragazzini. La denominazione era Caminito dato che il proprietario, un tipo mingherlino tutto nervi, grande attivista del partito comunista, amava esibirsi - per la legge del contrappasso! - in prodezze canore, soprattutto con la gran bella canzone tangüera resa immortale da Carlos Gardel. Non molto lontano, a Nervia di Ventimiglia, più o meno per gli stessi motivi un musicista amatoriale era stato ribattezzato Rosamunda. Si usava così, allora.   



Tornando agli episodi di Bordighera occorre precisare che anche da quelle parti c'era uno sterrato, ancora più martoriato di quello di Ventimiglia, ma che iniziava almeno ad un centinaio di metri di distanza, in direzione ponente, verso il torrente Borghetto, in quel punto non ancora valicato da un ponte pedonale. E che si presenta in termini sostitutivi una sorta di casetta araba, adorna qua e là di piastrelle azzurre, sede sino a poco addietro di un ristorante dall'insegna singolare, più di recente un ritrovo musicale. Oggi è diventato invero un bistrò. Ma una volta lì sorgeva la baracchetta del mitico Caminito, già da me citato!


Ma Caminito è tornato in mente ripensando ad un buffo equivoco avvenuto proprio là davanti. Una ragazza in monopattino si fermava per consentire una fotografia, ma il fotografo aveva atteso, invece, di poter riprendere la brava sportiva in azione. Indugi del momento e scatti ritrovati in archivio - come si è già qui raccontato  - hanno fatto il resto.


Non si può parlare di stabilimenti balneari situati sul litorale da Bordighera al confine con la Francia, perché sono sin troppi, ma di alcuni casi della vita riguardanti strutture similari forse sì.  



Mitica, ad esempio, la costruzione di una casetta - ritenuta abusiva! - su di un terreno del principe di Monaco - si è ormai vicini alla frontiera! - affacciato su di una spiaggia invasa in permanenza da alghe trascinate dalle onde: una vicenda approdata anche sugli schermi televisivi nazionali. Poco lontano, dove la costa improvvisamente si alza quasi a picco, rimase a lungo incagliato a prua in su il relitto arrugginito di una piccola nave dallo scafo dipinto di rosso.


Poco a ponente della Frazione Latte di Ventimiglia, vicino a Punta di Begliamino, una serie di baracche, nel tempo dotate di molti elementi di conforto così da apparire se non villette in miniatura almeno appropriati bungalow, ebbero l'iniziale funzione di ricoveri per barche di pescatori dilettanti. Si aggiravano laggiù persone già menzionate su altro blog, alle quali nell'occasione va aggiunto uno dei proprietari, valente pescatore, Reganta (rema!), così a volte, dal suo tipico intercalare, chiamato dagli interlocutori più stretti, un uomo che apriva il suo magazzino di Mortola a memorabili cene dove si comsumavano in abbondondanza le sue bottiglie di vino, in un libro, tuttavia, segnalato fugacemente con il vero soprannome dialettale da Arturo Viale, che se lo ricorda solo perché fornitore della vecchia locanda di famiglia.  


Un imprenditore edile di Sanremo si vantava poco più di un decennio fa di poter godere tramite amicizie di belle giornate al mare usufruendo di una delle diverse casette - anche in questo caso all'inizio si parlava di pescatori! - situate poco prima del dirupo dove stava appoggiato l'ascensore, scomparso, dei Balzi Rossi.

Ed in alcune località della zona molti bungalow nelle stagioni morte a tutti gli effetti venivano affittati - probabilmente lo sono tuttora! - come pied-à-terre.

Adriano Maini

domenica 3 dicembre 2023

C'é una Torre nella Piana di Latte...

Ventimiglia (IM): una vista parziale della Piana di Latte

Persiste un gran scrivere - per non dire un gran pontificare - sulle ville storiche di Latte, Frazione di ponente di Ventimiglia. E non solo su quelle - per lo più situate nella Piana -, ma anche su altre, non molto lontane.

Spiace solo che un bel dibattito non ci sia mai stato sui rischi corsi - ancora nel recente passato - di ulteriore cementificazione, né su ristrutturazioni, che almeno in un caso si dice sia consistita in uno sventramento completo con successiva ricostruzione. Come aveva paventato ne "Gli spiccioli di Montale" Nico Orengo, di cui non si sa se si sia mai rallegrato di qualche relativa salvaguardia pur conquistata in zona.


Conviene rifugiarsi nell'aneddotica.

C'è una Torre - una delle cinque, se non aggiuntiva, delle superstiti strutture di avvistamento, come da elenco stilato da competente persona del posto - adagiata al muro di cinta - lato di ponente, affacciato sulla foce del torrente Latte - del parco di una vestusta magione del novero di quelle già menzionate, una Torre che in una stanzetta al pianterreno negli anni - quelli Ottanta - di fulgore di sagre popolari e Feste de l'Unità - ma anche dell'Amicizia (Democrazia Cristiana) - ospitava materiali utili a tali accadimenti: a fianco, talora, all'aperto, si tenevano incontri conviviali, qualche volta rallegrati dal passaggio di qualche vispo porcospino. L'edificio oggi dovrebbe essere di proprietà diversa da quella dell'intero complesso padronale, ma, invero, questo aspetto risulta poco interessante.

La stretta Via Romana, infrastuttura di accesso a molte delle già dette dimore, attraversa la località da una parte parallela al mare, dall'altra alla ferrovia, prima in un senso, poi, in un altro, mediante un cavalcavia pedonale, sì da congegnare un'arteria carrozzabile strozzata quasi a metà. Allo stato attuale ci sono discreti parcheggi a ponente. All'epoca di tante feste popolari era uno spettacolo vedere invaso di automobili e di motocicli l'ampio greto del rio, compresi tratti del corso - asciutto d'estate! -. Per chi arrivava - ma anche adesso - sussisteva l'obbligo di prestare sempre attenzione al fatto che non ci sono quasi mai due sensi di marcia. 

Ventimiglia (IM): un classico tratto di levante della Via Romana a Latte

Una situazione che probabilmente disegna da sola tante storie.

Ad esempio, diversi anni fa Nico Orengo scrisse - dopo averne letto "Quaranta e mezzo" - un biglietto di congratulazioni ad Arturo Viale  (che lo ha pubblicato nel suo ultimo "Punti Cardinali: da capo Mortola a capo Sant'Ampelio", Edizioni Zem, 2022), in cui, tra l'altro, menzionava l'albero di giuggiola presente prima del cavalcavia della Via Romana, aggiungendo: "Caro Viale, il suo raccontare mi ha tenuto una affettuosa e sincera compagnia per una sera, tempo fa...".

Ventimiglia (IM): il cavalcavia della Via Romana a Latte

Neanche a farlo apposta appena attraversata quella passerella - o poco prima, se si arriva da un'altra direzione - sorge Villa San Gaetano. Dalla fitta ringhiera sovrastante la ferrovia si intravvede a malapena l'abside della Chiesetta dallo stesso nome, che sorge di fronte: i colori sono belli ed intensi, mentre la facciata è grigia e smorta. A quella Cappella a cavallo tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta erano usi recarsi per depositare fiori due ferrovieri in pensione, lieti di rendere in tale modo felice una signora più anziana di loro, impossibilitata a  muoversi. A Villa San Gaetano Maria Pia Urso, di recente purtroppo scomparsa, ha dedicato un bel libro di memorie - sue e di famiglia -, uno spaccato di grande livello sociale e morale. "... l'intensa esperienza di vita, la gioventù spensierata al mare, gli ideali, i gusti culturali, le curiosità e le molteplici iniziative nella comunità", sottolineava una presentazione dell'opera (Maria Pia Urso, Villa San Gaetano, youcanprint, 2015).

Spostandosi verso ponente si possono scorgere la casa a lungo abitata ed i resti delle campagne per pari periodo coltivate a fiori - rose, soprattutto - con passione e competenza - il tutto rigorosamente in affitto - da Libero Alborno, il Libero de "La curva del Latte" e di altri romanzi di Nico Orengo.

Ventimiglia (IM): uno spazio verde a complemento di un parcheggio nella zona di ponente della Via Romana a Latte

Si narra, inoltre, di episodi - accaduti in qualche punto della Piana - di pura goliardia ai quali lo scrittore si sarebbe lasciato andare con compagni sì di modesta statura intellettuale, ma che si beavano contraccambiati della sua presenza e che non si sono mai sognati di dedicargli pensieri scritti.

Ventimiglia (IM): la zona di Latte, vista dalle vicinanze di Villa San Gaetano

Da quelle parti ha abitato a lungo un floricoltore, per nulla vanesio, ma del quale ancora oggi si raccontano da terze persone grandi avventure di pesca, vissute negli anni, da quella - ripetuta - al pescespada, affrontata sempre con un piccolo guscio, non con mezzi professionali, a quella - che si tramanda ancora - di una mirabolante imbarcata di bianchetti, che, forse, non era già del tutto lecita, stanti i divieti in materia. Il fratello, forse sodale, forse più pronto ad uscire in mare con altri, ridimensionava, invece, in una datata conversazione gli esiti di una ricerca di branzini, di cui si era, invece, tramandata una bella storia, storia, inoltre, costellata di riferimenti a inconsueti, di solito rocciosi, rialzi del fondale, al massimo a pelo d'acqua, teatri a volte, per i conoscitori di quegli arcani, di cospicui risultati e talora muti conservatori di relitti misteriosi, spesso piratescamente trafugati. Non sempre i gozzi sono partiti o tornati dalle spiagge della Piana di Latte, ma spesso, per un risvolto o l'altro, lì si torna. 

D'altronde, i racconti di pesca - a fare inizio dallo stesso Nico Orengo - abbondano per tutto il ponente di Ventimiglia, da Punta della Rocca al confine con la Francia.

Adriano Maini

sabato 1 aprile 2023

Le storie di Nico vivono dell’aria che scende dal Grammondo e del salino di baia Begliamin

Mortola, Frazione di Ventimiglia (IM): uno scorcio

Nico [Orengo] è nato nel 1944 ed è morto nel 2009 a Torino. Ma la tomba è nella sua Mortola dove è interrato in un cimitero luminoso, senza cipressi nel quale anch’io vorrei un posto per il mio ultimo riposo.
All’ombra di un grande pino il suo tumulo è segnato da quattro ciappe di ardesia messe di costa a contorno e da una lapide in verticale con scolpite le due date, il nome preceduto dal titolo di marchese e in fondo l’indicazione di poeta.
Di fronte, poco lontano all’ombra dello stesso albero, riposa il padre marchese Vladi che suo nonno materno chiamava Volodja. Sua mamma Valentina faceva infatti di cognome Tallevich, era figlia di un ufficiale russo che nella seconda metà dell'Ottocento si era trasferito a Sanremo. Nel 1912 su un terreno situato all'inizio della passeggiata già dedicata alla imperatrice russa, ed acquistato da un comitato appositamente costituito a nome del Tallevich, venne posata la prima pietra della chiesa russa ortodossa di Sanremo.
Già nel 1864 la zarina Maria Aleksandrovna per prima scelse Sanremo per "svernare", aprendo la strada al turismo della nobiltà russa, attratta dal clima mite e dai posti incantevoli.
Prima della chiesa di Sanremo gli ortodossi frequentavano la chiesa di Mentone che esisteva dal 1892. Racconta Vladi che in quel periodo la sua famiglia festeggiava i due Natali, quello cattolico a Sanremo il venticinque dicembre e quello ortodosso a Mentone il sette gennaio, basandosi sul calendario Giuliano. Arrivavano per le feste Vittorio e Momò da Ginevra, Cirillo e Pepino da Parigi, Sergio da Oxford, Olga dal collegio di Dresda.
Finché Valentina abbracciò il cattolicesimo ad insaputa del padre e i rapporti si raffreddarono. Solo molti anni dopo, quando il piccolo Vladi fu presentato al grande nonno, ci fu la riconciliazione. Ma fu l'unica volta che nonno e nipotino si incontrarono.
Al cimitero della foce di Sanremo, a ridosso del muro di cinta, c'è ancora la tomba del numeroso ramo russo della famiglia.
Tra le prime cose Nico Orengo pubblicò Miramare edito da Marsilio, la casa editrice fondata pochi anni prima da Toni Negri. Luigi Malerba ne scrisse la prefazione. Poi seguirono oltre cinquanta libri tra poesie e romanzi, forse qualcuno di troppo.
Le storie di Nico vivono dell’aria che scende dal Grammondo e del salino di baia Begliamin. In un biglietto che mi aveva scritto mi racconta della pianta di giuggiole che c'è a Latte all'inizio della via Romana vicino alla casa del Vescovo e ricorda che all'osteria da Bataglia c'era il più buon condiglione che avesse mai mangiato; e poi mi spiega che becìciùre* chiede due accenti, sulla prima i e poi sulla u.  Io a casa Bataglia ci sono nato, sono cresciuto a condiglione e coniglio e conosco tutte le piante di carrubo e giuggiole e i cespugli di lavanda che ci sono in zona e so dove a Pasqua fioriscono le becìciùre. Quest'estate sono passato da quelle giuggiole e le ho rubate con gusto per Nico. Il legno di giuggiolo, più duro del bosso, si presta molto bene a lavori di scultura. Raccontava mio padre di quel paesano che, inginocchiato davanti ad un Cristo scolpito nel legno di giuggiolo, dopo averlo supplicato in silenzio esclamava: "… pensare che ti ho conosciuto quando eri ancora Zizura".
*muscari [La muscari è una bulbosa perenne che fiorisce in primavera con fiori azzurri. Di facile coltivazione. La specie lampascione è commestibile. Da tuttogreen.it]
Arturo Viale, 1. Nico e Vladi in Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, Edizioni Zem, 2018 

Altri libri di Arturo Viale: Punti Cardinali, Edizioni Zem, 2022; La Merica...non c'era ancora, Edizioni Zem, 2020; L'ombra di mio padre, 2017; ViteParallele, 2009; Quaranta e mezzo; Viaggi; Mezz'agosto; Storie&fandonie; Ho radici e ali.
Adriano Maini

domenica 25 settembre 2011

Belle serate e ... ancora fotografie


Qui sopra sono con Alfredo in una serata di maggio, passata in un ristorante di Vallebona e bella anche per altri incontri.

Non so se avevo già pubblicato questa immagine realizzata da Alfredo: comunque, riguarda uno scorcio di Bordighera in un tramonto.

Ecco qui sopra, invece, Lisa e Antonello pochi giorni fa nel ristorante di quest'ultimo, integrato in un bell'albergo, situato in notevole punto panoramico di Ventimiglia, come cerco di attestare tra breve. C'è anche qualche fotografia di gruppo, me compreso, ma un terzo amico preferisce l'anonimato, secondo me come gli ho detto più volte non scontato, per cui procedo per stralci ... funzionali.

Io con Antonello. È stata una serata di simpatia, accomunati oltrettutto da tanti ragionamenti su cose locali.

In uno scatto di Lisa una inquadratura della zona di Latte: era l'imbrunire.

Lì vicino c'è Castel d'Appio, molto importante nella storia della città di confine, ma di proprietà privata, ritratto da Lisa, che non abita dalle nostre parti: le fotografie ce le ha inviate via email, ma ci manderà altre immagini di altri luoghi e ci sarà dunque qualcos'altro da raccontare a breve.



domenica 22 agosto 2010

La zona di Latte


La zona di Latte, di cui nella foto si vede un ampio scorcio panoramico, corrisponde, all'interno del territorio comunale di Ventimiglia (IM), all'estremo lembo ligure, prospiciente il mare, verso la Francia. Non entro nella descrizione, almeno questa volta, delle varie frazioni (Latte, appunto; ma anche Mortola - Superiore ed Inferiore -, sede dei magnifici Giardini Hanbury; Grimaldi - anch'essa divisa in Superiore ed Inferiore -; altre) e delle varie borgate e case sparse che costellano l'unica piana colà esistente e le varie alture che accompagnano alle incombenti Alpi Marittime, per accennare almeno, invece, a  storie di uomini veri.

Ho avuto l'onore di conoscere uomini che hanno fatto la Resistenza e che in quella zona avevano già aiutato tanti ebrei e tanti altri perseguitati a fuggire verso l'allora ospitale - ma non sempre, comunque, più di oggi! - Francia, uomini che hanno continuato, senza reclamare onori (a volte, invece, usurpati da altri) a guadagnarsi il pane con la dura fatica del lavoro manuale, in genere quella della diffusa, sino a poco tempo fa, coltivazione dei fiori.

Avevo già in mente di scrivere questi appunti, quando ho ricevuto ulteriore conferma a farlo dalla lettura di una recensione di un libro che narra di un esule (negli anni '30), espatriato clandestinamente in Francia per motivi di lavoro e di antifascismo. L'articolo in questione contiene parole molto belle sia per sottolineare il dramma dei viaggi clandestini di ieri e di oggi, sia per invogliare il lettore a leggere quel libro. E' molto probabile che quella fuga sia avvenuta da queste parti: in ogni caso rinvengo un collegamento ideale con le scarne note che sto tracciando.

Va da sé che, nella storia delle frontiere, compresa la nostra, non si sono solo cimentati eroi, che hanno ritenuto semplicemente di compiere il loro dovere di uomini, ma anche contrabbandieri e veri e propri farabutti.


Pubblico, invece, la foto che si é appena vista (della cui scarsa qualità sono consapevole) solo per dare una pallida idea, dato che l'inquadratura é a livello mare, di un orrido (e, forse, la parte terminale non é questa, ce ne sono altri) denominato "Passo della Morte". Era chiuso in alto dal sentiero preferito, più prossimo al mare, per espatri clandestini e contrabbando. I racconti, specie quelli tramandati a viva voce, ci parlano di tanti incidenti fatali, anche di persone avviatesi da sole nell'ignoto e di persone indirizzate, ma non accompagnate da delinquenti che avevano intascato comunque ancor più indegna mercede. E la tragica denominazione é rimasta e forse a marchiare più punti di passaggio di quelle colline rocciose a picco sulla sottostante stretta fascia litoranea. Altre storie di delinquenza sul traffico di clandestini extra-comunitari andarono poi molto più tardi a concretarsi, e probabilmente tuttora sporadicamente continuano, con l'utilizzo dell'Autostrada dei Fiori.

Alcuni validi scrittori di questa terra hanno raccontato in belle pagine anche quelle tragedie. Nella presente occasione, voglio accennare almeno a Nico Orengo, delle cui opere invito alla lettura. Ne "La curva del Latte" emergono alcuni personaggi di cui ho detto in premessa, riconoscibili, stante la trasfigurazione letteraria, solo a chi ha vissuto intensamente da queste parti ed altri ancora, deceduti prematuramente, così come altre situazioni, altre memorie storiche, il dopoguerra, la bellezza della natura e del paesaggio. L'incanto é tutto nelle vicende narrate con grande maestria dall'autore. Nico Orengo - mi pare giusto sottolinearlo - é stato impegnato nella vita reale, e non solo con la testimonianza resa dalle sue opere, a difendere tanti luoghi belli di questa zona, la Piana di Latte, soprattutto, dall'assalto del cemento. Credo non sempre ci sia riuscito. Io ho il rammarico, nonostante i tanti amici in comune, di non averlo mai potuto conoscere di persona. Ed ormai é poco più di un anno che ci ha lasciati. Questo scrittore ci ha narrato in altri romanzi ed in altre opere altre trame di grande respiro, che hanno anche spaziato in tutto il Ponente Ligure, in Piemonte, in Francia. Difficilmente, tuttavia, se l'ambientazione non era in toto nella zona di Latte, ne trascurava almeno un accenno. Come nel caso di un agile librettino che ci porta con commossa partecipazione dalla Provenza degli impressionisti a posti magici che non ci sono più, con l'inserimento di ritratti di attori americani, passati dalla Riviera e che giustamente sono rimasti nell'animo popolare, e di tante altre belle storie: "Gli spiccioli di Montale".


Nella foto, corrispondente alla parte occidentale della Piana di Latte, l'ultima casa a destra vede il dialogo di esordio de "Gli spiccioli di Montale", o, meglio vedeva, perché, anche se non sono un tecnico, credo che per fare posto all'attuale edificio si sia proceduto alla preventiva demolizione (e non alla semplice ristrutturazione) di quella che in origine era una villa del 1500. Lascio amaramente il tutto senza commenti e senza riferimenti a sfratti e mire immobiliari compiuti dalla pregressa proprietà, la cui identità svelata si presterebbe a molteplici sarcastiche considerazioni.

Avviandomi al termine, mi rendo conto che gli appunti mi sono un po' scappati di mano. E', forse, il fascino di questa zona, derivante anche da tanti uomini che l'hanno vissuta. Mi auguro, pertanto, che ci siano nuovi innamoramenti del Ponente Ligure (anche per contribuire ad evitare nuovi scempi!) e tanti nuovi lettori di Nico Orengo e di altri scrittori liguri.

sabato 7 agosto 2010

Bordighera-Mentone, andata/ritorno

Questa mattina abbiamo fatto la quasi abituale visita settimanale a Mentone, poco oltre la vecchia frontiera con la Francia.

Mi sono venute in mente un po' di cose.

Dietro la muraglia dell'autostrada, al fondo del crinale della collina, inizia lo scenario de "Gli odori".
Qui siamo quasi alla foce, ma risalendo per diversi chilometri, il fiume Roia oggi comunque, quando non é in piena, é così.
Si scusi la qualità della foto, ma tra le costruzioni, che all'epoca non c'erano, e la bella collina si snoda la strada statale del Colle di Tenda, dove inizia il viaggio in autostop di ...
Un'occhiata curiosa sotto la piazzuola di scatto di altre foto.
Nella frazione Latte di Ventimiglia, verso la frontiera: quante belle storie di Nico Orengo!
A sinistra, poche case: é Mentone! Poi, lo spuntone dove una volta c'era l'ascensore per i Balzi Rossi, Villa Voronoff e più in alto a destra la ridente Grimaldi. Peccato che si era controluce!
Il promontorio (visto da Mentone) in fondo a destra é Bordighera.
Mentone, per oggi ciao!
Eccomi qua! E, sullo sfondo, Mont Agel, che da bambino tanto mi incantava, pur visto da ben più lontano!
Senza parole, direi! Qui il paesaggio c'é ancora tutto o quasi! E tante idee per tante altre storie, se .... si vedrà. A sinistra inizia la "Douce France".
Sopra la spiaggia delle Calandre di Ventimiglia, zona non facilmente accessibile, corre un treno verso la Costa Azzurra.
Siamo alla foce del Roia, a Ventimiglia: su quel promontorio inizia l'abitato del centro storico di Ventimiglia Alta, di cui si vede il campanile della cattedrale. Al centro, tra le palme, i ruderi del castello del .... Corsaro Nero!