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venerdì 3 agosto 2012

Un gesuita di Taggia che nel Seicento viaggiò in Estremo Oriente

Nasce nel 1608 nel territorio della Serenissima Repubblica di Genova, a Taggia, di cui qui a fianco si può vedere una fotografia dello storico ponte, Giovanni Filippo De Marini, gesuita e missionario in Estremo Oriente. 

Entra nella Compagnia fondata dal Loyola nel 1625. Dopo 13 anni, nel corso dei quali matura ed affina le doti potenziali di missionario, s'imbarca per le Indie nel 1638. 

Prima tappa, il Tonkino, di cui, come accennerò tra breve, lascia per iscritto vivi ricordi di attuale efficacia espessiva.

Incontra in breve tempo il favore dei superiori, se abbastanza presto gli viene affidato l'incarico di Rettore del Collegio Gesuitico di Macao.

Senza dimenticare che é pur sempre uomo del suo tempo, connota una sua originale curiosità, sulla falsariga di altri missionari gesuiti, il più famoso dei quali è certo Matteo Ricci.

E' in Italia, a Roma più precisamente, nel 1660, ma prova un'incontenibile nostalgia per l'Asia, nella quale, per l'esattezza in Giappone, torna definitivamente nel 1674.


Durante l'ultimo suo soggiorno nella penisola, compare il suo scritto più importante, l'Istoria e relazione del Tunkino e del Giappone, del 1663, ma di cui si ricorda un'edizione veneziana del 1665. Un'opera di sicuro di rilievo per una comprensione storica delle conoscenze geografiche dell'epoca, un libro anche agile, nonostante certe pesantezze dell'inevitabile barocco.

Prima di accennare alle sue convinzioni più profonde - il De Marini é pur sempre un religioso, missionario per giunta -, voglio produrre almeno un esempio della sua attenzione più umana: assistendo ad una gara locale di voga, da lui descritta in modo plastico, se ne esce con un vivido paragone mutuato oggettivamente dalle sue esperienze di adolescente che vide il mare ligure.

Il De Marini scrive anche un celebre "Elogio di Confucio", che la dice lunga su certo sincretismo operato in Oriente da tanti esponenti della sua Compagnia. Là, mi permetto di dire io, i Gesuiti non sono così filantropi come con gli indios del Paraguay. Più semplicemente cercano di essere realisti a cospetto di grandi potenze statuali. La Cina lo é ancora in quel momento. Certa spregiudicatezza intellettuale della Compagnia, per sua implicita connessa invasiva arroganza, la stessa di altri ordini religiosi operanti a quelle latitudini, non le evita, come noto, periodi alterni di scontri con le popolazioni, ma anche di persecuzioni  da parte di autorità locali.

Tornando al De Marini, occorre aggiungere che in Giappone, nonostante la complessità dei tempi, sa come al solito destreggiarsi. Muore, esempio di un certo pendolarismo professionale, a Macao nel 1682.

In definitiva, potrei sostenere che De Marini é semplicemente una gloria - faccio per dire, perché poco nota! - locale. Ma, a mio avviso, avendo fatto le sue missioni, in cui profondamente credeva, con sensibilità umana, e avendo trasmesso cospicua documentazione sui suoi soggiorni in Estremo Oriente, é anche una figura interessante sotto molti riguardi.


martedì 24 luglio 2012

Incontri, memorie

Mi apprestavo a fotografare il Santuario di Nostra Signora delle Grazie a Isolabona, quando un cortese ristoratore del paese, interrompendo le sue commissioni, si fermava a parlare amichevolmente, rammentando, tra l'altro, a me, del tutto dimentico, che ci conosciamo dai lontani anni giovanili di più intensa partecipazione civile e sociale, citandomene, tra l'altro, momenti puntuali.
A Seborga volevo fermarmi, prima di scendere all'ormai abituale ritrovo nel bosco, solo i pochi minuti necessari a qualche significativo scatto, quando mi incontra G., grazie al quale posso anche realizzare l'immagine di cui sopra, ma soprattutto parlare di tante cose. E visitare velocemente la nuova sede, ormai istituzionale, della sua raccolta storica di strumenti musicali, oltre duecento, che io avevo ammirato solo in itinere in anni lontani e alla quale devo proprio dedicare al più presto qualche attenzione su questo blog.
A Ventimiglia, all'ex-Caserma Umberto I, detta anche Forte (o Convento) dell'Annunziata, più precisamente nella Sala Polivalente adiacente al Museo Romano, é ancora in corso per una settimana, mentro stendo queste righe, la Mostra dell'89° Reggimento di Fanteria, tema cui avevo già accennato. Volevo riparlarne qui, con maggiore dovizia di documentazione. Ma già mi é sembrato significativo, sempre in merito, incontrare, il giorno dell'inaugurazione dell'evento, alcune persone amiche: la figlia dell'ufficiale, che ha lasciato un diario ancora inedito della spedizione in Russia; il nipote del fotografo, dalla cui attività derivano la gran parte delle immagini di carattere locale; l'ex-combattente, che non conoscevo come tale, ma di cui ricordavo testimonianze su alcuni bombardamenti aerei che avevano colpito durante la guerra la città di confine.
Sulla collina di Collasgarba in Frazione Nervia a Ventimiglia, invece, da cui si possono pure scorgere nell'ordine Camporosso, Vallecrosia e Bordighera, ho incontrato il fantasma di quella che era la mia memoria. Da lungo tempo non vi ero più risalito in modo tale da poter prestare attenzione anche ai particolari. Ed é vero che le tante nuove costruzioni, visibili anche dal basso, hanno alterato il sito. Ma di quella modesta altura, già teatro di tante pagine - le cui tracce non sono più riscontrabili in loco - di storia degna di essere tramandata, soprattutto luogo, quando era ancora pressoché abbandonato, di scorribande di tanti adolescenti della zona, ho dovuto riscontrare che, a parte tratti sussistenti di vegetazione mediterranea, riconoscevo per colpa mia, al netto delle trasformazioni apportate, ormai ben poco.



venerdì 20 luglio 2012

Riviera nature notes



La Mortola di Ventimiglia (IM), più precisamente in primo piano un sentiero nei pressi dei Giardini Hanbury, in una fotografia la cui data ultima si può presumere dal fatto che, insieme ad altre che qui pubblico con selezione molto soggettiva (e tecnica di riprodizione molto approssimativa...), correda Riviera nature notes / a popular account of the more striking plants and animals of the Riviera and the Maritime Alps di George Edward Comerford Casey.


Edito nel 1903 da Bernard Quaritch a Londra.


L'autore conobbe Hanbury, creatore di quei Giardini, così come viene riferito nel suo libro.

A questa sorta di manuale di botanica (e non solo) ho già fatto, invero, riferimento, in altra occasione.
 



È significativo che l'autore affermi di avere soggiornato in quella che noi oggi chiamiamo Costa Azzurra già prima dell'annessione di Nizza alla Francia, perché, in rapporto al momento di pubblicazione del suo lavoro, si conferma la sua constatazione in loco della trasformazione del paesaggio.


Nel suo libro compare ancora il nome italiano di Lantosca, anziché l'attuale Lantosque (sulla Vésubie): un'altra piccola curiosità.

Non sono in grado di esprimere pareri sulla parte scientifica - la maggiore - del suo trattato. Di sicuro ci sono diverse, singolari digressioni di ordine storico: ad esempio sulla definizione di portogallo che riscontra sul posto per l'arancia, termine che Casey riteneva tipicamente britannico.
 
 
A me interessava darne sommariamente conto, ma ancor più pubblicare inconsuete - ritengo - immagini d'epoca di siti a me vicini nello spazio e da me quasi tutti ben frequentati, quasi a fissarmi nella memoria come erano un tempo.


Come nel caso di La Roquette-sur-Siagne, paesino che mi riporta con il pensiero a generose e modeste persone conosciute anni addietro. Ma questo é un altro discorso.



martedì 17 luglio 2012

Camporosso, San Pietro


La Chiesa di San Pietro - oggi cimiteriale - a Camporosso (IM), a pochi chilometri dallo sbocco a mare della Val Nervia, mi offre lo spunto per considerare una volta di più il fatto che spesso non occorre andare lontano per respirare la storia. E che non si sa mai abbastanza dei propri luoghi.

Il sito in questione, ad esempio, era nel Medio Evo un punto di incontro e di riposo per i pellegrini della fede, che facevano capo alla diramazione occidentale di una Via Romea Piemonte - Mar Ligure - Ventimiglia. Lo attestano atti notarili, sopravvissuti al tempo, utili anche per comprendere aspetti datati di civiltà materiale. Soprattutto, come da rogito del 1258, un'usanza particolare che si commenta da sola, quella dei "messaggeri della fede a pagamento": vale a dire persone che, dietro compensa, affrontavano in nome e per conto di facoltosi, ma pusillanimi, committenti i pericolosi pellegrinaggi dell'epoca, che servivano - da non dimenticare! - alla salvezza delle anime dei credenti.

La Chiesa fu, poi, epicentro di una furiosa battaglia tra truppe genovesi, che avevano già assediato il Castello di Dolceacqua, e quelle dei Savoia nell'ottobre 1672. Furono diverse le conseguenze importanti in zona di questo conflitto: l'abdicazione del Marchese Doria di Dolceacqua, infeudato alla casata di oltregiogo, sconvolto dagli avvenimenti; nuovi Regolamenti Militari della Repubblica Ligure, perché le violenze delle proprie soldatesche a danno dei propri sudditi furono molto pesanti; l'accelerazione del distacco degli Otto Luoghi dal predominio fiscale di Ventimiglia.

Sarei tentato di aggiungere altre considerazioni. E fotografie, per illustrare stato dei luoghi, inquadrati storicamente a questo link, che indico per chi volesse saperne di più in materia.

sabato 14 luglio 2012

Bordighera, Unione Culturale Democratica...


Rivedo infine di persona L., cui dedicai tempo fa un breve, amichevole ritratto. Parliamo anche di Guido Seborga. Il che mi suscita l'esigenza di riportare, per stralci, altre considerazioni, dedicate all'artista in questione dal nipote, Claudio Panella. 

Le metto qui di seguito:
Va sottolineato come i dibattiti, pubblici e privati, promossi da Seborga a Bordighera abbiano formato profondamente intere generazioni: alle diverse iniziative già messe in atto se ne aggiunse una nuova quando, alla fine degli anni '50, il giovane Giorgio Loreti e altri suoi colleghi chiesero aiuto anche a Seborga per la fondazione dell'Unione Culturale Democratica. Lo stesso nome del "circolo" fu suggerito da Seborga, che era stato tra i fondatori più impegnati dell'Unione Culturale a Torino e forse voleva così portar bene all'iniziativa. L'Unione ha un primo nucleo nel 1958 a Vallecrosia, ma solo nel 1960 promuove un convegno diretto da Guido Seborga dal tema "Perché leggi?" a Ventimiglia, iniziando attività regolari e la pubblicazione de "Il giornale" come Unione Culturale Edmondo De Amicis. La sede fu trovata a Bordighera in un sotterraneo sull'Aurelia, denominato "la Buca". Nel programma si dichiarava il desiderio di mettersi "alla testa delle forze giovanili d'avanguardia che intendono un rinnovamento in senso democratico e sociale dell'attuale situazione italiana e internazionale" .
Oltre alla pubblicazione del giornale, il circolo organizzava incontri e attività culturali. Alcune erano di formazione interna, come ad esempio le lezioni su Tommaso Moro e Tommaso Campanella tenute da Loreti nel dicembre del 1960, o quella di Enzo Maiolino su Cézanne. Altre si tenevano invece al Palazzo del Parco di Bordighera ed erano di maggiore rilevanza, come le mostre sui campi di sterminio nazisti e sulla Resistenza italiana o lo storico Convegno sull'Obiezione di Coscienza, che fu il primo in Italia, nel 1962, con interventi di Guido Seborga ed Aldo Capitini.
Dal 30 dicembre del 1960 "Il Giornale" è firmato Unione Culturale Democratica, viene meno il riferimento a De Amicis, ed è riformulato un programma più dettagliato.

E già a N., altro amico di gioventù - al quale talora accenno qui sul blog - ancora impegnato e lontano da anni dalla nostra zona, cui per forza di cose torna sporadicamente, avevo destato esigenza di approfondimento in merito, informandolo che Giorgio Loreti aveva da poco riavviato l'attività dell'Unione Culturale Democratica di Bordighera (IM), di cui fu Presidente il professore Raffaello Monti.
La rivista dell'Unione Culturale Democratica fu quindi il banco di prova, il primo spazio libero per molti dei giovani, bordigotti e non, che poi si dedicarono alla scrittura, alla pittura, alla politica. Fin dai primi numeri vi scrissero con Giorgio Loreti, Beppe Maiolino, Angelo Oliva e in una delle sue poche uscite di questo tipo Francesco Biamonti. 

Sto procedendo con nette selezioni, perché almeno ad una persona operosa in quei tempi, Angelo Oliva, vorrei, sempre in attesa di raccogliere più adeguate memorie, dedicare un piccolo, ma degno pensiero.
Nel 1961, riuscirà (Seborga) a far ricominciare il premio "Cinque Bettole", dopo un anno di sospensione, riservandolo agli under 25 per  farlo ricrescere in quella "francescana povertà" che lo caratterizzava. E vi sarà coinvolto nuovamente Biamonti, facendo parte (con presidente Seborga) della giuria che premierà il ventunenne Angelo Oliva per il racconto.
Ad Angelo Oliva, sulla cui figura chiedo spesso testimonianze a Giorgio Loreti, abbiamo sovente pensato io e N.
È stato uno splendido compagno e un autentico amico, di cui ci mancheranno anche l'ironia, i momenti di buon umore, la confidenza e la sensibilità umana.
Mi permetto di riportare, come ho appena fatto qui sopra, su Angelo Oliva le parole conclusive di un articolo a lui dedicato nel 2004, poco dopo la sua prematura morte, da Giorgio Napolitano, di cui fu a lungo collaboratore. E gli anni giovanili di Angelo Oliva dovrebbero, non solo a mio avviso, essere indagati di più.

martedì 10 luglio 2012

Una ricerca scolastica del 1927 sui funerali della Regina Margherita

 
Sorvolo qualsivoglia considerazione di ordine storico sulla figura, tutt'altro che un modello per spiriti progressisti, di Margherita di Savoia, morta a Bordighera (IM) nel gennaio del 1926, proprio perché - mi pare - è sufficiente sottolineare che la gentildonna in questione aveva ricevuto proprio nella sua villa di Bordighera, alla vigilia della cosiddetta Marcia su Roma, più precisamente il 18 ottobre 1922, alcuni dei quadrumviri (Balbo, De Bono e De Vecchi) dell'insorgente fascismo.



Ma ad una composizione scolastica, realizzata nella città in cui morì e dedicata ai complessi funerali di Stato di colei che fu la prima regina d'Italia, dedico volentieri alcune parole.


 
Non solo perché fu realizzata all'epoca dal padre dell'amico Giulio Rigotti, che mi ha concesso in visione quel vecchio quaderno, interamente destinato al tema.


Come si dovrebbe vedere qui sopra, una ricerca completata o presentata il 28 novembre 1927.



Ma perché, credo, sia fatto raro la conservazione in famiglia di un documento scolastico così datato.



Ed anche perché, nonostante i limiti di questa digitalizzazione, aspetto su cui poi torno, da quelle pagine pure emergono tratti storici di costume e di ambientazione, specie locali.

Come si sarà ben notato, ho proceduto a diverse forme di riproduzione, ritagliando talora dalla scannerizzazione del singolo foglio una semplice immagine con relativa didascalia.



La fragilità di quel quaderno mi ha consigliato, nonostante il parere contrario di Giulio, di procedere a fotopiarlo in modo parziale. Nell'operazione si staccano dalla cucitura centrale, purtroppo, le singole pagine. Ma anche questa é storia, direi. La selezione qui visibile, aggiungerei ancora, dovrebbe risultare sufficientemente significativa in ordine a quanto sopra ho accennato.

domenica 8 luglio 2012

Sguazzare felici in acqua dolce


Già qualche giorno addietro a Torri di Ventimiglia (IM) ho visto sguazzare nel torrente Bevera, a ridosso di una bella spiaggetta da me opportunamente non inquadrata, una bella famigliola. Peccato, tuttavia, che quel corso d'acqua qualche chilometro più a valle, avvicinandosi alla confluenza nel Roia, attraversi poi una zona ampiamente compromessa dall'uomo.


Ripresa con la solita foschia estiva dall'alto di Colla Bassa, frazione di Airole, la media Valle del Bevera, che passa anche da Sospel, presenta un indubbio fascino, arricchito da memorie storiche di antica - ormai, per fortuna dell'ambiente, desueta - via di passaggio.


Scendendo da Colla Bassa verso Airole, il cui abitato nella soprastante fotografia rimane nascosto in fondo a sinistra dal crinale della collina, si sentivano nell'aria voci gioiose di bambini.


Ci voleva poco a immaginare che si trattava di giovani virgulti, felici di fare il bagno nel fiume Roia. In qualche adatta pozza, di cui negli anni mi hanno ripetutamente parlato amici del luogo.


Sì, dall'alto una di queste conche l'ho individuata, ma non si trattava di quella da cui mi sembrava provenissero quelle liete grida, probabilmente amplificate dal fatto che la statale del Col di Tenda - parzialmente visibile nello scatto - in quel punto adesso é dismessa (e interrotta più in giù a causa di continue frane), rimpiazzata da qualche anno per lungo tratto da un sistema di gallerie: senza frastuono di traffico veicolare, insomma. Mi sono trattenuto a lungo in osservazione, contagiato da quel tripudio allegro. Ne ho tratto profitto per riprendere molti scorci di valle, ma, nascosti dal fogliame, quei bambini - le cui immagini, comunque, non avrei pubblicato - non li ho visti.


Dalle nostre parti, invero, per le nuotate in acqua dolce é più noto il rio Barbaira con i suoi laghetti a monte di Rocchetta Nervina, su cui ho sentito negli anni racconti affascinanti, di sicuro tali anche perché attraversano diverse generazioni.


Pure nel torrente Nervia - e in almeno un altro suo piccolo affluente - sussistono punti abituali per i bagni. Né vorrei, in questo rapido excursus, trascurare le Terme di Pigna, al confine, o in parte, se ricordo bene, nel territorio della sovrastante Castelvittorio.

Ma da ieri mi rimane impresso nella memoria soprattutto quel trillo allegro dei bimbi a mollo nelle acque sotto Airole!