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mercoledì 3 aprile 2024

Luci ed ombre sugli uomini della Missione Flap


C'é un rapporto segreto inglese, redatto dal capitano G. K. Long, artista di guerra, in riferimento alla Missione Flap, condotta, con culmine nell'ottobre 1944, tra i Partigiani, nel Basso Piemonte, del comandante Mauri, e i Partigiani della I^ Zona Operativa Liguria.
Il documento in questione era stato rintracciato a cura di Giuseppe "Mac" Fiorucci per la preparazione del suo Gruppo Sbarchi Vallecrosia, IsrecIm, 2007. Della Missione Flap scrisse anche il capitano Paul Morton, canadese, corrispondente di guerra, in Mission Inside, ma edito solo nel 1979 a Cuneo da L'Arciere, e soprattutto per le insistenze di partigiani piemontesi: il Toronto Star aveva pubblicato il 27 ottobre 1944 un solo articolo dei nove che Morton aveva preparato superando le censure degli uffici militari preposti e per giunta lo aveva già licenziato. Long non aveva solo stilato la suddetta relazione, ma aveva anche messo mano a dei disegni che avrebbero dovuto completare il lavoro del collega giornalista, ma questi, invero, vennero dopo tanti anni pubblicati solo nel citato Mission Inside.

Dal documento di Long si estrapolano nella presente occasione le seguenti frasi: Alle 6 di sera del [giorno non precisato, ma dovrebbe essere stato  il 7 ottobre 1944] partimmo per ROCCHETTA [Rocchetta Nervina (IM)] dove giungemmo dopo quattro ore di marcia. Ripartimmo di nuovo a mezzanotte con la guida PIERINO LOI che ci diresse attraverso la parte principale delle postazioni armate tedesche raggiungendo la periferia di VENTIMIGLIA dopo sei ore di marcia. Qui rimanemmo in un piccolo riparo dietro alla casa dei genitori della guida... Noi avevamo viaggiato da PIGNA in vestiti civili e siccome stava piovendo dalle 6 di sera quando dovemmo attraversare la città, potemmo indossare dei sacchi sulla testa nel modo in cui lo facevano i contadini, il che si aggiunse al nostro travestimento. Camminammo 2-3 chilometri lungo la strada principale che costeggia il fiume ROIA ed attraversammo il ponte nella città vecchia passando oltre le sentinelle tedesche senza sollevare il minimo sospetto ed andando alla casa del pescatore sulla spiaggia. Qui rimanemmo dalle 7 di sera fino a mezzanotte... A mezzanotte portammo la barca (lunga approssimativamente 14 piedi con quattro remi) per una strada e giù attraverso la spiaggia di ciottoli - l'unica area non minata - fino al mare. I pescatori ci portarono vogando, senza ulteriori incidenti, in 3 ore e mezza a Monte Carlo (MONACO) dove sbarcammo [quindi, approssimativamente alle ore 4 del 9 ottobre 1944, data in ogni caso indicata da Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II: Clandestine Sea Operations in the Western Mediterranean, North Africa and the Adriatic, 1940-1944, Paperback, 2013] e ci arrendemmo alla  guarnigione F.F.I. La mattina seguente guidammo fino a Nizza e facemmo rapporto al Maggiore H. GUNN delle Forze Speciali ... A Nizza informammo il Colonnello BLYTHE del quartier generale della task force della settima armata americana circa la squadra dei quattro prigionieri di guerra che ci avevano lasciato per TENDA. Fino a quel momento non era arrivata nessuna loro notizia attraverso le pattuglie americane in quell'area... I pescatori erano in grado di fornire informazioni preziose alla Sezione di Interpretazione Fotografica del quartier generale americano sulla Forza Tedesca, posizioni delle armi, campi minati, ecc. a VENTIMIGLIA. (Mr. Paul Morton ha i nomi e i documenti di questi due uomini che darà senza dubbio alla Rappresentativa delle Forze Speciali n.1 con P.W.B.  a Roma). Questi uomini furono poi consegnati dal Maggiore GUNN al Capitano Jones, Esercito Americano a Nizza... PIERINO LOI, la guida procurata da LEO, mise su un'operazione straordinaria e non perse nemmeno una volta la pista durante le sei difficili ore di marcia da ROCCHETTA a VENTIMIGLIA... I pescatori sono sicuri che questo percorso  (Ventimiglia - Monaco o Mentone) potrebbe essere usato con successo in entrambi i sensi. Essi affermano che si potrebbero evacuare da VENTIMIGLIA fino a venti persone alla volta se fosse disponibile un'imbarcazione più grande. Ciò vedemmo ed annotammo, e si può attestare che i pescatori condussero a termine il loro piano di evacuazione senza alcuna deviazione... 

In seguito il capitano Michael Lees, che era già stato prima della Flap responsabile di svariate imprese segrete, venne "dimenticato", ad usare un eufemismo, dalle autorità inglesi perché dopo il suo passaggio dal ponente ligure aveva comunque compiuto con efficacia ed eroismo, ricavandone gravi ferite (per la quinta volta!), la Missione “Tombola” (così in inglese!), sull’Appennino  a sud di Reggio Emilia, un'azione che era all’ultimo stata… annullata dalle autorità superiori. Insomma, Lees aveva disobbedito agli ordini, perché, invece, aveva condotto l'attacco (che non si doveva più effettuare!) alla postazione tedesca insieme a partigiani garibaldini di quei luoghi, a uomini della Sas, e al maggiore Roy Farran, il quale per varie circostanze se la cavò in seguito con più onore di Lees, rimanendo, al contrario di Lees (congedato piuttosto frettolosamente!)  in forza all’esercito. E non era neppure mancato, per quell’assalto notturno del 27 marzo 1945 al comando tedesco di Villa Rossi e Villa Calvi in Albinea (RE), l’accompagnamento di una cornamusa scozzese suonata da David Kirkpatrik, perché i nazisti intendessero bene che erano stati colpiti da militari, così da non compiere una delle loro tante efferate rappresaglie su civili innocenti.

L'episodio SAS Italian Job della serie televisiva Secret War della BBC (2011) era imperniato sulla Operazione “Tombola“. Su Rai Storia a giugno 2020 una trasmissione ha, inoltre, affrontato risvolti successivi degli accadimenti occorsi a Lees e a Farran (aspetti di cui si parla anche nel più recente Malcolm Tudor, SAS in Italy 1943-1945: Raiders in Enemy Territory, Fonthill Media, 2018).

Adriano Maini

domenica 19 novembre 2023

La nascita dei GAP


Il 20 settembre 1943 a Milano in casa dei coniugi Morini nacque il Comando generale delle Brigate Garibaldi, alla presenza di Massola, Roasio, Novella, Negarville, Scotti, appena rientrato dalla Francia, e Secchia, giunto da Roma. Nei giorni successivi sarebbe arrivato anche Longo, mandando Negarville a Roma e assumendo la responsabilità militare delle Brigate del Pci, mentre Secchia era incaricato della guida politica. Nonostante la mancanza di un'effettiva struttura di partito in Italia, si scelse di rompere l'attesismo e lanciare nell'immediato l'attacco all'occupante e al suo collaboratore. Pur con supporti logistici da socialisti e azionisti, in Italia come in Francia, i comunisti risultano gli unici fautori del terrorismo urbano, mentre gli altri partiti antifascisti "non sono convinti della sua produttività, in termini di consenso da parte dei cittadini, e della praticabilità, in termini morali, del terrorismo urbano" <16. Per il PCI invece, l'esperienza di vita clandestina e di lotta in Francia fu di centrale importanza nella decisione di ricorrere a tale pratica, di cui conosceva già le modalità e i fini, ma anche i rischi e le difficoltà. La scelta di ricorrere alla guerriglia in città fu adottata consapevolmente, in accordo con il comportamento dei comunisti a livello europeo e con la convinzione di costituire l'avanguardia del movimento operaio nella liberazione. Una filiazione delle azioni dei GAP da quelle dei FTP, un filo diretto com'è dipinto da Amendola nel suo panegirico di Ilio Barontini, può forse essere valido sul piano strettamente personale, apparirebbe invece sul piano storiografico un salto deduttivo, in relazione alle scarse informazioni ufficiali sull'operato degli italiani a Marsiglia.
Per Amendola "l'azione all'albergo Terminus divenne l'azione compiuta dai Gap romani contro l'albergo Flora, con la stessa tecnica e l'ordigno gettato davanti alla coda della casa di tolleranza di Marsiglia, divenne l'ordigno gettato da Bentivegna davanti al cinema Barberini a Roma" <17.
Questi eventi potevano forse essere legati nella memoria del protagonista, che si servì del precedente di alcune azioni realizzate in Francia da comunisti italiani per la guerriglia in patria, ma, in assenza di testimonianze e riscontri documentari, tali parallelismi non possono valere sul piano storiografico. Si può tuttavia riconoscere che le strutture di un organismo già noto servirono da modello alla preparazione delle squadre deputate al terrorismo nelle città italiane. Santo Peli riconosce l'imprescindibilità dell'esperienza francese all'inizio della sua storia dei GAP, asserendo che "senza questi dirigenti, senza l'esperienza della concreta organizzazione della lotta armata nelle città di Lione, a Marsiglia, progettare la formazione dei Gap sarebbe stato impensabile" <18.
I comunisti passati per la Francia costituirono lo scheletro dei Gap ma dovettero scontrarsi in Italia con i nodi già presentatisi ai comunisti francesi, il timore delle rappresaglie, l'impreparazione della classe operaia italiana a questo tipo di lotta, la scarsità cronica dei reclutati. Com'era successo oltralpe infatti, la previsione di versare alla lotta armata in città il 10% dei propri effettivi fu impossibile da realizzare per tutta la durata dell'occupazione. La direzione comunista decise comunque che bisognava agire e i più versati nella lotta armata furono impiegati nell'attuazione della direttiva, colpire e sabotare il nemico in città sin dalle prime settimane. Anche i problemi logistici sorti in Francia, la necessità di documenti falsi, armi, vettovagliamenti e appartamenti, si ripresentarono in Italia, aggravati però dalla mancanza di una struttura clandestina preesistente alla lotta, come quella del PCF. I finanziamenti per i Gap vennero dai contributi richiesti ai tesserati al partito, ma anche dalle cosiddette azioni di recupero, ovvero rapine in banca o assalti alle caserme fasciste, esponendo i patrioti alla mescolanza con criminali comuni e con individui di dubbia moralità.
Ad ogni modo, il 25 ottobre Longo, telegrafando a Mosca sulle novità dell'estate e l'armistizio, poteva riferire sinteticamente "Sta nascendo la guerriglia" <19. Infatti le risorse umane più attive del partito erano mobilitate: sotto la guida di Longo e Secchia, Scotti era ispettore generale incaricato dell'organizzazione della lotta in Piemonte, Lombardia e Liguria, mentre a Roasio spettavano il Veneto, l'Emilia e la Toscana. Ritroveremo molti dei militanti addestrati in Spagna e Francia incaricati della costituzione delle singole brigate, mentre Ilio Barontini, prima di assumere la responsabilità militare in Emilia, viaggiò nelle principali città italiane per dare consigli ai comandanti di formazione e insegnare come fabbricare gli ordigni. Come in Francia quindi, non si attese di avere i mezzi e gli uomini necessari alla lotta, ma furono ampiamente dispiegate le risorse disponibili, nella convinzione che bisognasse agire subito, poiché spettava al partito il compito di innescare la miccia per l'azione delle masse.
Il 24 ottobre Ateo Garemi e l'anarchico Dario Cagno colpirono a morte Domenico Giardina, seniore della Milizia a Torino, e, catturati in seguito all'azione, lasciarono spazio al I Gap del Piemonte, guidato da Giovanni Pesce. Le prime azioni di Garemi e Cagno, che, pur avendo avuto contatti con il partito, non ne dipendevano, rientravano nell'ambito di azioni di disturbo da parte di un gruppo anarco-comunista, i cui obiettivi risultavano abbastanza casuali, come per altre cellule autonome, ad esempio Stella Rossa. Appunto per portare sotto la propria autorità la lotta urbana, il PCd'I convocò a Torino Remo Scappini in qualità di responsabile federale, Arturo Colombi, responsabile regionale, e Romano Bessone, commissario politico dei Gap per la città <20. Tutti e tre militanti di vecchia data, i primi due passati per Mosca, per l'emigrazione in Francia e la detenzione a Civitavecchia, Colombi anche per il confino a Ventotene. Bessone invece era nato nel vercellese nel 1903, operaio comunista dalla gioventù, era stato deferito al Tribunale Speciale nel 1927 per aver partecipato ad una riunione comunista nei pressi di Torino. Resosi latitante, fu arrestato il 25 ottobre 1930 e condannato a 16 anni di reclusione e 3 di libertà vigilata, ridotti poi a 7 per amnistia, fu scarcerato nell'ottobre 1935. Al momento dell'arresto dichiarò di essere tornato da Mosca e fu trovato in possesso di volantini comunisti. Durante la reclusione, a partire dal '32, gli fu impedito di tenere corrispondenza con Elodia Malservigi, dattilografa residente in Russia che dichiarò di aver sposato con rito sovietico a Nowieltz nel 1928. La sua scheda personale riporta che in carcere "tenne cattiva condotta politica, appalesandosi pericolosissimo comunista. Pertanto è stato incluso nel 2° elenco di sovversivi pericolosi da arrestare in determinate contingenze" <21. Infatti, dopo l'ingresso in guerra, il 20 luglio 1940, era stato inviato al confino a Ventotene, dove aveva ripreso contatto con i dirigenti confinati e da cui sarebbe stato liberato nell'agosto '43, poche settimane pima di ricevere la responsabilità della formazione dei Gap torinesi. La direzione fu invece affidata al venticinquenne Giovanni Pesce, che abbiamo incontrato tra i giovani accorsi in Spagna sette anni prima. Al rientro in Francia era tornato dalla famiglia nella regione della Gran Combe ma, vista la difficoltà di trovare lavoro e il timore di essere internato per la propria condizione di straniero comunista, entrò clandestinamente in Italia e fu arrestato a Torino il 23 marzo 1940. Trasferito a Ventotene sei mesi dopo, vi trovò compagni vecchi e nuovi: "Terracini, Scoccimarro, Secchia, Roveda, Frasin, Camilla Ravera, Spinelli, Ernesto Rossi, Li Causi, Pertini, Bauer, Curiel, Ghini" <22. In assenza di militanti provati da versare alla nascente formazione, Bessone e Pesce si volsero agli appartenenti a queste cellule di fabbrica spontanee, comuniste ma non legate alla linea di partito, reclutando giovani provenienti soprattutto dall'ambiente operaio.
In Lombardia invece, il comando regionale era assegnato alla metà di ottobre a Vittorio Bardini, responsabile politico, a Cesare Roda, responsabile tecnico, e ad Egisto Rubini, addetto alle operazioni. Il profilo di questi uomini è quello spesso incontrato nel nostro percorso: tutti sopra i 35 anni, divenuti nell'esilio rivoluzionari professionali, passati per la Spagna, e Rubini anche per i FTP del Sud della Francia. In questi parametri generali rientravano tutti i comandi regionali e i principali istruttori dei distaccamenti, che si esposero in un primo momento per dare l'esempio ai nuovi, sotto i trent'anni, che sarebbero stati i fautori del terrorismo urbano. Il primo obiettivo di grande rilievo fu Aldo Resega, responsabile della federazione del fascio a Milano, colpito dal primo nucleo operativo dei GAP milanesi, che sarebbe diventato il distaccamento Gramsci (Validio Mantovani Barbisìn, Carlo Camesasca Barbisùn, Antonio La Fratta Totò e Renato Sgorbaro Lupo). Come rileva Borgomaneri, autore del lavoro più completo sul terrorismo urbano a Milano, "il primo gappismo milanese nasce dalla fabbrica e affonda le proprie radici in quell'oscuro lavoro di agitazione, di propaganda e di proselitismo che l'organizzazione comunista è riuscita a tessere nel ventennio,[inoltre…] la prima forza combattente dei Gap è costituita da operai non più giovanissimi" <23. Essi erano infatti tutti operai dell'area di Sesto San Giovanni, il più giovane, Mantovani, aveva 29 anni, il più anziano, La Fratta, 35. I ragazzi, inesperti poco più che ventenni, sarebbero subentrati tra il gennaio e la primavera. Il 18 dicembre 1943, in concomitanza con uno sciopero che bloccava da giorni i principali stabilimenti milanesi, il federale venne atteso all'uscita della propria abitazione. La Fratta e Mantovani erano di guardia, uno accanto al portone e l'altro all'angolo della via, Camesasca e Sgorbaro nei pressi di un edicola leggevano un giornale, dietro il quale erano nascoste le armi. Resega venne colpito nel momento in cui il proprio cammino incrociava quello dei terroristi, che si affrettavano poi a raggiungere le biciclette e fuggire nel trambusto creato dagli spari. Le prime azioni, spesso improvvisate, rappresentavano per questi militanti, provati ma non temprati nella lotta, una prova del fuoco, lo scoglio da superare per altre azioni. Borgomaneri individua alla fine del '43 due distaccamenti, il Gramsci di Mantovani e il Cinque giornate di Oreste Ghirotti, composti ciascuno da tre squadre. Con le azioni iniziarono però anche le prime cadute. Il 19 dicembre Arturo Capettini, addetto alla logistica e ai rifornimenti di armi, fu arrestato. In seguito al rinvenimento di materiale bellico ed esplosivo nel suo magazzino di riparazione per biciclette, esso divenne una trappola per alcuni ragazzi del Cinque giornate, come Stefano Brau e Augusto Mori. L'individuazione di Sgorbaro portò inoltre all'isolamento del gruppo di Sesto, lasciando spazio alle azioni dei distaccamenti Matteotti e Rosselli, autori in gennaio di attacchi nei ritrovi tedeschi e mordi e fuggi in bicicletta. All'inizio di febbraio, per l'omicidio del nuovo questore di Milano, Camillo Santamaria Nicolini, fu richiamato il distaccamento Gramsci, del quale Camasasca e Mantovani erano stati promossi responsabile militare e politico. In questa fase più avanzata della guerriglia in città però, le autorità non si muovevano a piedi senza protezione: il piano prevedeva perciò di colpire Nicolini in auto da un'altra auto in corsa, una lancia Aprilia appositamente rubata a due tedeschi. L'azione, affidata ai giovani di Niguarda (Elio Sammarchi, Dino Giani e Sergio Bassi) ricorda ancora una volta come la riuscita di un colpo fosse questione di attimi, in cui non mancava l'intervento del caso. Un tram si interpose tra le due vetture e una frenata dell'autista di Nicolini impedì che venisse colpito. L'ultima azione di questa prima fase del gappismo milanese fu un attacco alla casa del fascio di Sesto San Giovanni il 10 febbraio 1944, compiuto con l'aiuto di un operaio della Breda infiltrato, Lacerra. Egli però, invece di lasciare la città (come previsto) si recò sul proprio posto di lavoro, dove fu arrestato due giorni dopo, portando ad una catena di arresti e delazioni che sbaragliò i gruppi di città, giungendo sino al vertice con la cattura di Bardini, Roda e Rubini. Quest'ultimo e Ghirotti si suicidarono in carcere dopo giorni di tortura. Il terrorismo urbano a Milano si sarebbe riacceso in estate, grazie alla riorganizzazione di Giovanni Pesce, che nell'inverno '43 era però ancora a Torino.
[NOTE]
16 Santo Peli, Storie di Gap, op.cit., pag. 31.
17 Amendola, Comunismo, Antifascismo, Resistenza, op.cit., pag. 364.
18 Santo Peli, Storie di Gap, op.cit., pag. 33.
19 Longo, op.cit., pag. 100-101.
20 Nicola Adduci, Il mito e la storia: Dante Di Nanni, in Studi Storici, fascicolo 4, settembre-ottobre 2012, pag. 260-262.
21 Acs, Cpc, fascicolo personale, busta 591
22 Giovanni Pesce, Senza Tregua. La guerra dei GAP, Feltrinelli, Milano 1967, pag. 161.
23 Luigi Borgomaneri, Due inverni, un'estate e la rossa primavera. Le Brigate Garibaldi a Milano e provincia. 1943-1945, Franco Angeli, Milano, 1995, pag. 24.
Elisa Pareo, "Oggi in Francia, domani in Italia!" Il terrorismo urbano e il PCd'I dall'esilio alla Resistenza, Tesi di laurea magistrale, Università degli Studi di Pisa, 2019

domenica 5 novembre 2023

Praticamente, la Linea Gotica correva lungo il confine tra le province di Lucca e di Massa Carrara


Il compito assegnato agli uomini comandati da Vinci Nicodemi “Uberti”, era quello di controllare la strada Castelnuovo Garfagnana-Arni con particolare riguardo alle zone di Isola Santa e del Col di Favilla, occupate da truppe nemiche. <331 Ulteriori richieste di Pietro [Pietro Del Giudice, comandante del Gruppo Patrioti Apuani] in cambio dell'adesione alla divisione, si rintracciano in un altro appunto manoscritto datato 23 ottobre 1944 e nella successiva risposta del comando divisionale. L'appunto su carta intestata del comando GPA (Gruppo Patrioti Apuani) reca come luogo lo stesso comando di divisione e riporta: “Richieste da fare al maggiore: 1 - che nel nostro schieramento ci sia soluzione di continuità. 2 - che i nostri patrioti ubbidiscano esclusivamente a comandanti del gruppo sotto l'alta direttiva del maggiore comandante la divisione. 3 - due mitragliatori Breda 30 e 10 sten con munizionamento per rinforzare il nostro schieramento senza contare naturalmente quelli che saranno dati in dotazione alle nostre forze che rimangono in Garfagnana. 4 - Promessa di assistenza alla popolazione della nostra zona sacrificando magari in parte i paesi molto più ricchi della Garfagnana. In proposito dovrebbe venir stipulata una convenzione. 5 - accordo per un piano militare.” <332
Condizione fondamentale per l'aiuto dato dal GPA alla Divisione Lunense era l'accordo per ricevere rifornimenti e viveri per la popolazione apuana costretta a sopravvivere in piena zona di guerra sulla linea del fronte. Un primo passo in questa direzione si era avuto durante l'incontro del 17 ottobre a Forno, quando venne rilasciata un'autorizzazione firmata da Oldham, agli uomini della 3^ compagnia del GPA, comandata da Arnaldo Pegollo, per la requisizione di viveri in alcune zone della Garfagnana <333. Le ulteriori richieste formulate da Pietro trovarono immediato e pieno riscontro nella convenzione sottoscritta da Oldham, da “Barocci” [Roberto Battaglia], dal comandante della 1^ brigata della Lunense, Coli e dallo stesso comandante del GPA. Questo il testo dell'importante documento: “Il Comando della Lunense e il Comando della 1^ Brigata sentite le richieste del Gruppo Patrioti Apuani chiarisce e risponde in perfetto accordo col Comandante del detto Gruppo quanto segue:
1 - Schieramento difensivo continuo. Il Comando di Divisione prende atto con compiacimento della prontezza con cui il Comando Patrioti Apuani ha inviato un primo distaccamento delle sue forze nel settore della 1^ Brigata e rifornisca immediatamente di 4 fucili mitragliatori Breda e relative munizioni il detto distaccamento. […] Gli affida infine un settore da difendersi ad oltranza, tale da poter stabilire collegamento col grosso dei Patrioti Apuani mediante un'ora di strada.
2 - Comando militare e disciplina del Distaccamento dei Patrioti Apuani. Valgono le direttive generali qui allegate.
3 - Richiesta di armi per il gruppo dei Patrioti Apuani. Il Comando di Divisione, sentito il parere del Comando della 1^ Brigata è lieto di aderire alla detta richiesta. […].
4 - Richiesta di viveri per la popolazione civile di Massa e dintorni. Il Comando di Divisione e così pure il Comando della 1^ Brigata s'impegna di aiutare con ogni suo sforzo e mezzo le popolazioni civili della zona di Massa favorendo l'esportazione di generi alimentari dalla Garfagnana. Come prima prova concreta di questo suo interessamento promette l'invio di 20 quintali di patate a detta popolazione in cambio di un adeguato quantitativo di sale.
5 - Piano militare comune. Il Comandante Pietro è incaricato di riferire a voce su detto piano la cui esecuzione è subordinata a un efficiente schieramento da parte dei partigiani e alle opportune direttive da parte del Comando alleato e del Governo Italiano.” <334
La convenzione si concludeva con un'ulteriore richiesta di invio di uomini rivolta anche alla Brigata Garibaldi “Muccini” e con un chiarimento sul punto più importante dell'accordo: l'invio di viveri verso Massa: “Riguardo al grave e urgente problema dell'incubo della fame sulle popolazioni di Massa e dintorni è dovere di ogni buon Italiano contribuire alla sua soluzione nella misura del possibile. Il Comando di Divisione rivolge a questo proposito un appello ai CLN della Garfagnana. Poiché non si può assumere direttamente la responsabilità di organizzare i rifornimenti dalla Garfagnana a Massa che è compito delicato di competenza civile richiede al CLN di Apuania l'invio di una persona a ciò delegata, cui la Lunense darà l'appoggio incondizionato di tutte le sue formazioni partigiane.” <335
[NOTE]
331 Notizie dettagliate sulla zona occupata dai Patrioti Apuani in Garfagnana si trovano in V. Nicodemi, G. Lenzetti Guerra sulle Apuane, ANPI, Massa, 2006. Il reparto guidato da Vinci si stabilì sul Monte Grotti e giornalmente svolgeva servizio di pattuglia fra il Monte Grotti e il Monte Sumbra.
332 AAM busta 19, fascicolo 19.
333 AAM busta 24, fascicolo 1. Le località designate per la requisizione viveri erano: Giuncugnano ed altre frazioni; Capoli e tutto il comune di Piazza al Serchio. Gli uomini di “Naldo” ricevevano inoltre il compito di agire anche sul paese di Gorfigliano ponendovi un proprio presidio: “Secondo gli accordi prestabiliti i Patrioti Apuani sono autorizzati ad agire su Gorfigliano per la totale epurazione di questo centro fascista repubblicano punendo esemplarmente secondo giustizia tutti i responsabili mediante fucilazione e requisizione dei beni.”
334 AAM busta 24, fascicolo 1. “Convenzione fra il Comando della Divisione Lunense, il Gruppo Patrioti Apuani e la 1^ brigata Garfagnina”.
335 Ivi pag. 2.
Marco Rossi, Il Gruppo Patrioti Apuani attraverso le carte dell'archivio ANPI di Massa. Giugno-Dicembre 1944, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, 2016


Il 5 ottobre, a Viareggio, il generale Edward M. Almond assunse il comando della Task Force 92, formata dai primi contingenti della 92 Divisione di Fanteria “Buffalo” <7, da alcuni mesi in Italia - vale a dire il 370 reggimento di fanteria, il 598 Gruppo d'Artiglieria Campale, il 124 Gruppo d'Artiglieria campale, reparti del genio, sanità e sussistenza - e dall'894 battaglione anticarro, dal 434 e 435 battaglione di fanteria, dal 751 battaglione carri armati e dai reparti britannici, già facenti parte della Task Force 45.
In quei giorni la Quinta Armata si stava preparando ad assestare il colpo definitivo alla Linea Gotica sull'asse Firenze-Bologna e, nell'ambito dell'operazione, alle forze schierate in Versilia e in Garfagnana fu assegnato un compito diversivo, quello di tenere impegnate le truppe nemiche e conquistare alcune posizioni strategiche nel rispettivo settore. In particolare alla Task Force 92 fu ordinato di prendere il m. Canala, sovrastante Seravezza e il Monte di Ripa, che aveva una notevole importanza strategica, essendo il suo controllo indispensabile per poter puntare su Montignoso, Massa e Carrara.
Mentre i Brasiliani, con l'apporto del “Battaglione Autonomo Patrioti Italiani” agli ordini di Manrico Ducceschi (“Pippo”), occuparono Fornaci di Barga, Coreglia e Barga, in Versilia la Task Force 92 non riuscì a prendere il m. Canala, nonostante gli accaniti e sanguinosi combattimenti sostenuti dal 6 all'11 ottobre. Dalla metà di ottobre ai primi di novembre, pattuglie americane arrivarono nelle frazioni montane di Giustagnana, Minazzana, Basati ed Azzano (Comune di Seravezza) e di Terrinca e Levigliani (Comune di Stazzema), poi, il fronte si stabilizzò fino all'aprile 1945, lungo una linea, che seguiva il tratto finale del fiume Versilia, la piana di Porta, le colline di Strettoia e del Monte di Ripa, i monti Folgorito, Altissimo, Corchia ed il gruppo delle Panie. <8
Ad eccezione di Strettoia e di Arni, tutto il territorio versiliese era stato liberato e si erano insediate le Amministrazioni Comunali, nominate dai CLN con il consenso del Governo Militare Alleato, ma la situazione continuò ad essere molto problematica in quanto la Versilia si trovò a essere un territorio “liberato, ma ancora in prima linea”, sottoposto al fuoco dell'artiglieria nemica ed alla minaccia di possibili puntate offensive da parte dei Tedeschi. A correre i rischi maggiori erano il centro di Seravezza e alcuni paesi dello Stazzemese, dislocati a poche centinaia di metri dalle sovrastanti postazioni tedesche, poi Forte dei Marmi e Pietrasanta, situati nelle immediate vicinanze, mentre relativamente più tranquilla era la situazione nel territorio di Camaiore, Viareggio e Massarosa.
Nel settore apuoversiliese della Linea Gotica i Tedeschi non avevano costruito particolari strutture difensive artificiali, ma, piuttosto, adattato o rinforzato quelle naturali, offerte dal terreno collinare e montano, impiegando i lavoratori della TODT e centinaia di uomini, catturati nel corso dei frequenti rastrellamenti. Sulla spiaggia del Cinquale, lungo le sponde del fiume Versilia e la piana di Porta, fino alla via Aurelia, erano stati posti numerosi campi minati, distrutti i ponti, disseminati numerosi ostacoli lungo strade e sentieri, approntati nidi di mitragliatrici. Le colline intorno al Castello Aghinolfi, quelle di Strettoia e del Monte di Ripa, protette da una fitta rete di campi minati, erano presidiate da numerose postazioni di mitragliatrici e mortai, da dove i Tedeschi potevano dominare la zona sottostante, essendo stati rasi al suolo oliveti, vigneti e buona parte della vegetazione spontanea. Sui monti Canala, Folgorito e Carchio, da cui parte la cresta scoscesa che raggiunge il monte Altissimo, dominante la vallata del torrente Serra, erano state scavati ripari e trincee per mitragliatrici e mortai, mentre erano stati allestiti una stazione radio e un posto di osservazione sulla vetta del Folgorito, da dove era possibile tenere sotto controllo la costa da La Spezia a Livorno e gran parte della Versilia. Anche sui monti Altissimo, Corchia, Pania della Croce e Pania Secca, che sovrastano da un lato il territorio di Stazzema e dall'altro la Garfagnana, nel tratto tra Castelnuovo e Gallicano, erano stati allestiti posti d'osservazione, trincee, postazioni per mitragliatrici, obici e mortai.
A difesa del settore occidentale della Gotica i Tedeschi schieravano la 148 Divisione di Fanteria, a cui, nella fase finale, furono aggregati il battaglione mitraglieri Kesselring ed alcuni battaglioni d'alta montagna, mentre il tratto tra l'Altissimo e la Pania erano affidati al battaglione “Intra” della Divisione Alpina “Monterosa”.
Praticamente, la Linea Gotica correva lungo il confine tra le province di Lucca e di Massa Carrara e, di conseguenza, il territorio di Montignoso e di Massa costituiva le immediate retrovie, dove erano dislocati servizi logistici, mezzi, depositi di materiale e postazioni di artiglieria. Un ruolo fondamentale, per la difesa di questo settore della Linea Gotica, era svolto dalle batterie dei cannoni di Punta Bianca, situate nei pressi di Bocca di Magra, dove Tedeschi avevano rafforzato una serie di postazioni precedentemente allestite dalla Marina Militare Italiana. Il sistema difensivo era costituito da due cannoni navali da 152/52 in località Ameglia, 4 cannoni navali da 152/52, posti tra le rocce, e 4 dello stesso tipo in un bunker, oltre a torrette di osservazione e attrezzature varie. Inoltre, era stato aggiunto un cannone di grosso calibro montato su un affusto ferroviario, collocato in una galleria.
[NOTE]
7 - La 92 Divisione di Fanteria “Buffalo” fu costituita il 15 ottobre 1942 a Fort Mc Clellan in Alabama, con una forza iniziale di 128 ufficiali e 1200 soldati, aumentata progressivamente fino al raggiungimento degli effettivi di una divisione. I reparti effettuarono l'addestramento in varie località , poi, nel 1943, si trasferirono a Fort Huachuca. Il 15 luglio salpò per l'Italia il primo contingente, cioè il 370 Regimental Combat Team, formato dal 370 reggimento di fanteria, dal 598 reggimento di artiglieria campale, da reparti del Genio, Sanità, Servizi e Polizia Militare. 8 - Sul settore apuoversiliese della Linea Gotica cfr: Eserciti Popolazione Resistenza sulle Alpi Apuane - Prima parte: aspetti politici e militari, a cura di Gino Briglia, Pietro Del Giudice, Massimo Michelacci, Massa, Tipografia Ceccotti, 1995 - parte seconda: aspetti politici e sociali, a cura di Lilio Giannecchini e Giuseppe Pardini, Lucca, Tipografia San Marco, 1997 - Fabrizio Federigi, Versilia Linea Gotica, Versilia Oggi Edizioni, Roma, 1979 - Davide Del Giudice, La Linea Gotica tra la Garfagnana e Massa Carrara - settembre 1944-aprile 1945, vol. 2, Tipografia Glue&c. Massa, 2000
Giovanni Cipollini, La Linea Gotica in territorio apuoversiliese, saggio pubblicato in “La Linea Gotica - Settore Occidentale 1943-45”, atti del Convegno di studi svoltosi a Borgo a Mozzano il 9 maggio 2004, a cura dell'Istituto Storico Lucchese - sezione di Borgo a Mozzano

venerdì 2 dicembre 2022

La missione che portò migliori risultati per la causa partigiana fu quella del 10 ottobre 1944

Marina di Massa, Frazione di Massa. Fonte: Wikipedia

Già dal mese di settembre [1944], con l'avvicinarsi delle truppe alleate alla zona di Massa, il GPA [Gruppo Patrioti Apuani] cercò di stabilire un contatto con i comandi americani. Furono allo scopo mandati sia via mare che attraverso i valichi delle Apuane delle missioni. L'obiettivo era rendere nota la grave situazione della popolazione civile di Apuania e spingere gli Alleati ad avanzare e ad armare le formazioni partigiane tramite lanci paracadutati. La prima missione inviata fu quella comandata dal tenente “Pippo”, Franco Guidi, composta dal capo squadra Bosi Raffaele e dai partigiani Natali Domenico e Bellè Alfredo. Per superare la linea del fronte venne scelto di passare dal mare. La notte del 14 settembre <380 partendo da Marina di Massa su una piccola imbarcazione, gli uomini riuscirono nell'impresa, nonostante venissero individuati e bersagliati dalle artiglierie tedesche.
Questa prima missione aveva il preciso scopo di richiedere un lancio per il GPA <381. Il giorno seguente partì un'altra missione guidata questa volta da Andrea Vatteroni, “Nino” <382 composta dal tenente Tognini Carlo e dal tenente Navarini. L'itinerario scelto per l'attraversamento del fronte era quello dalle montagne, partendo da Antona e dirigendo verso Montignoso e da qui a Ruosina. Partiti il 15 dopo varie peripezie, i partigiani decisero di cambiare rotta e puntarono anche loro sull'attraversamento via mare. Scopo della missione era quello di fornire notizie dettagliate delle postazioni tedesche nella zona della Linea Gotica. Fu a tale scopo disegnata una carta topografica. Subito intercettati dai tedeschi sulle montagne sopra al paese di Altagnana, dopo uno scontro a fuoco furono costretti a nascondersi sui monti nei pressi di Ripa perdendo contatto dal Navarini. Ormai impossibilitati a proseguire in quella direzione, scesero verso il mare e trovata una barca proseguirono. Durante la traversata l'imbarcazione imbarcò acqua ed affondò; a nuoto i due partigiani riuscirono a prendere terra fra il Cinquale e Forte dei Marmi, nella spiaggia di Vittoria Apuana. Arrivati a Viareggio il 21 settembre, vennero arrestati dai soldati americani ma riuscirono a fornire i disegni delle postazioni naziste <383.
La missione che portò migliori risultati per la causa partigiana fu quella del 10 ottobre, guidata da Gino Briglia, “Sergio” comandante della 5^ compagnia “Falco” del GPA. Partito da Antona con una decina di uomini <384 portava con sé un memoriale sulla situazione disperata di Massa, da consegnare al comando alleato:
“1- Sulle Alpi Apuane e precisamente nel centro della zona si trova e agisce il Gruppo Patrioti Apuani forte di circa mille uomini, costituito sotto l'attuale denominazione e con l'attuale sistemazione organica già da parecchi mesi. L'armamento è scadente specie per quanto riguarda le armi di reparto e il munizionamento scarsissimo.
2 - La popolazione della zona dichiarata militare che, secondo gli ordini tedeschi avrebbe dovuto sfollare a Pontremoli o nella Valle Padana si è invece riversata dopo il 15 settembre, donne e bambini in maggioranza, sulla montagna nei pressi dei nostri reparti con una scorta di viveri per circa una settimana, con indumenti leggeri da estate, senza possibilità di alloggio nei paesi per timore delle rappresaglie tedesche e quindi con sistemazioni provvisorie nei boschi, sotto grotte, capanne o addirittura all'aperto.
3 - La zona è, come risaputo, agrariamente fra le più povere d'Italia […] le poche risorse alimentari che esistevano al 15 settembre sono completamente esaurite […].
4 - Sono esauriti i medicinali che la formazione aveva con sé.
I numerosi cannoneggiamenti tedeschi di paesi e località ove era ricoverata la popolazione civile hanno causato vittime e feriti […]. Premesso quanto sopra posso asserire che la situazione della formazione è critica e quella della popolazione disastrosa. […] Militarmente la nostra attività è limitata dalla mancanza di armi pesanti di reparto e dallo scarso munizionamento anche delle armi individuali. Nella zona è piuttosto limitato.” <385
La missione fu frutto di una decisione presa in piena autonomia dal comandante Pietro [Pietro del Giudice] che ne informò il CPLN e la Brigata Garibaldi “U. Muccini” solo il giorno 12:
“Trovandoci tanto disorientati per lo strano arresto delle truppe alleate a pochi chilometri da noi, ho deciso di mandare ai rappresentanti del comando alleato una missione, comandata dal Tenente Sergio, con un memoriale in cui sono descritti brevemente le preoccupanti condizioni della zona per chiedere direttive ed aiuti. La missione si trova attualmente a Viareggio e dovrebbe ritornare salvo inconvenienti, domenica.” <386
Sergio, una volta giunto al di là delle linee, fu ascoltato dagli ufficiali americani ma non riuscì nell'intento di convincerli ad avanzare, né in quello di ottenere dei lanci per il GPA. Impossibilitato a rientrare, riuscì ad ottenere la fiducia dei comandi Alleati, soprattutto grazie all'incontro con il tenente dell'O.S.S. <387, Formichelli, che capì l'importanza di avere dei partigiani affidabili ed esperti conoscitori della zona, da impiegare sia come guide che come avanguardie dell'avanzata. Si avviò così il processo che portò alla nascita del Gruppo F 3388, composto dalle tre compagnie “Fulgor”, costituita a Forte dei Marmi il 14 novembre, “Falco”, nata il 27 dicembre a Seravezza, e la “Ferox” 16 gennaio a Stazzema. Le tre compagnie erano in gran parte formate da partigiani massesi affluiti in territorio liberato dopo il rastrellamento e i combattimenti del 2 dicembre. La “Fulgor” andò a sostituire il ruolo svolto da alcuni reparti partigiani versiliesi, in particolar modo la formazione Canova, poi ribattezzata “Tigre”, e la Bandelloni.
Il 3 novembre venne inviato oltre le linee il comandante della 2^ compagnia del GPA, il tenente Orlandi. Il tentativo di Pietro mirava a concordare con gli Alleati il passaggio delle linee di centinaia di partigiani del Gruppo, che avrebbero dovuto essere armati dagli americani nelle zone ormai liberate e poi reinviati in zona di guerra per guidare un'offensiva sulle Apuane. Del Giudice informò della missione, a cosa già avvenuta, il maggiore Oldham con una comunicazione datata 4 novembre:
“Caro Maggiore, avevo deciso di venire al Comando Divisione per mettervi al corrente di quanto ho potuto fare in obbedienza alle direttive fissatemi nell'ultimo nostro incontro se non chè una pattuglia americana proveniente dal fronte guidata dal comandante la formazione Tigre che combatte al fianco degli alleati, mi ha aperto una nuova possibilità di cui credo conveniente e doveroso tenerne conto. Si tratterebbe di passare il fronte in forze con almeno 300 uomini bene inquadrati per convincere i comandi di Viareggio a sferrare una piccola offensiva che dovrebbe portare a liberare ad una modifica del fronte sufficiente a liberare le popolazioni di Montignoso e Massa in condizioni veramente disperate. Di questa azione il nostro Gruppo, armato convenientemente (inutile aspettare quei lanci che non verranno: occorre andare di là ad armarsi, se almeno questo ci può venire concesso), è disposto a sopportare tutti gli oneri. Il passaggio del fronte non ci preoccupa, purché gli americani di Viareggio ci armino convenientemente siamo disposti a tutto.” <389
Questa strategia, pensata da Pietro, come visto, si realizzerà solo in parte con la nascita, qualche giorno dopo, della formazione “Fulgor” e poi, dopo il rastrellamento del 2 dicembre, con la costituzione delle altre due compagnie del gruppo F 3. Emerge, ancora una volta, la capacità di iniziativa di Del Giudice, abile nel capire, sia dal punto di vista militare che politico, l'evolversi della situazione. Ma appare con altrettanta chiarezza la ricerca di autonomia della formazione, incapace, nei suoi vertici, di rimanere semplice pedina all'interno di un piano militare stabilito da altri.
[NOTE]
380 Alcuni testi riportano come data della missione Guidi il 13 settembre ma due dichiarazioni presenti in archivio e firmate da alcuni dei partecipanti alla missione parlano esplicitamente della partenza la sera del 14: “Io sottoscritto tenente Franco Guidi “Pippo” dichiaro che la sera del 14 settembre fui inviato dal GPA in missione oltre il fronte via mare. […] durante il traffico essendoci accorti che la barca procedeva lentamente verso le linee alleate ed essendo stati avvertiti dalle sentinelle tedesche che dettero l'allarme a tutta la costa, tanto dalla Punta Bianca di La Spezia, fu lanciato un bengala e subito presi a bersaglio da colpi di cannone.” AAM busta 5, fascicolo 27.
381 La notizia è ricavata dal manoscritto di Andrea Vatteroni, “Nino”, che incontrò il Guidi a Viareggio.
382 Vatteroni divenne in seguito il comandante della compagnia “Fulgor” del Gruppo F 3. compagnia costituita il 14 novembre 1944 a Forte dei Marmi con lo scopo di affiancare le truppe Alleate.
383 Le notizie sulla missione Vatteroni sono ricavate dal manoscritto, A. Vatteroni, Pagine dal diario di un partigiano, AAM busta 25, fascicolo 23.
384 Dalle pagine del manoscritto del Vatteroni sappiamo anche i nomi dei nove partigiani che accompagnarono “Sergio” e sono: Piero Masnadi, Sandro Bonini, Vincenzo Rossi, Pietro Bigarani, Mario Conti, Ovidio Buffoni, Francesco Badiali, Francesco Giusti, Bengasi Tongiani. Assieme a loro il partigiano pisano Luciano Ceccotti, ferito il 16 maggio nell'attacco della formazione di “Tito” al paese di Altagnana, e due ufficiali inglesi il colonnello Gordon De Bruyne e il capitano Browne.
385 AAM busta 33, fascicolo 1.
386 AAM busta 20, fascicolo 2.
387 Sigla dell'Office of Strategic Services, servizio segreto americano antesignano della CIA, costituito nel giugno 1942 con lo scopo di raccogliere ed analizzare informazioni e per svolgere operazioni speciali. Notizie dettagliate sull'organizzazione OSS nel settore apuano si trovano nel saggio G. Cipollini, La Linea Gotica - settore occidentale 1943-45, atti del convegno di studi, pubblicato nel sito web ANPI Versilia che riporta: “L'attività della F 3 rientrava nell'area di competenza del Fifth Army Detachement, di cui era responsabile il maggiore Vincent Abrignani, dal quale dipendeva il Forth Corp Detachment, comandato dal maggiore Stephen Rossetti. Dei quattro reparti che lo costituivano, il primo indicato con la lettera A doveva occuparsi dei rapporti con i partigiani ed aveva il comando a Viareggio. Dall'inizio di novembre al 13 marzo 1945 fu guidato dal capitano James Manzani, quindi dal maggiore Frank T. Blanas. I primi contatti con i partigiani versiliesi dopo la liberazioni erano stati tenuti dal tenente Michael Formichelli.” pp. 7-8. Altre e maggiori notizie in Eserciti Popolazione e Resistenza sulle Alpi Apuane, cit. che contiene il saggio di G. Petracchi e R. Vannucci, Rapporti delle formazioni apuane con gli Alleati. Petracchi spiega come l'O.S.S. fosse composto da due strutture nel proprio lavoro sul fronte italiano: la Secret Intelligence Branch guidata da Vincent Scamporino e da Max Corvo e il Fifth Arm Detachment creato nel luglio 1943 con scopi tattici per sostenere l'avanzata della V^ armata.
388 Comandante del Gruppo F 3 fu Loris Palma, “Villa”, vice comandante Gino Briglia, “Sergio”.
389 AAM busta 24, fascicolo 1
Marco Rossi, Il Gruppo Patrioti Apuani attraverso le carte dell'archivio A.N.P.I. di Massa. Giugno - Dicembre 1944, Tesi di laurea, Università di Pisa, 2016

lunedì 15 febbraio 2021

Convegno dedicato a Francesco Biamonti ad ottobre 2021

Francesco Biamonti e Guido Seborga

Francesco Biamonti è considerato uno degli scrittori più significativi della letteratura italiana di fine Novecento. I suoi quattro romanzi pubblicati in vita tra il 1983 e il 1998 (L’angelo di Avrigue, Vento largo, Attesa sul mare e Le parole la notte, a cui vanno aggiunti le pagine postume del Silenzio e il recente recupero, a cura di Simona Morando, del cosiddetto Romanzo di Gregorio), sono testimoni di un lavoro intorno alla parola che ha pochi eguali nella letteratura coeva. Nato nel 1928 a San Biagio della Cima, piccolo paese nell’entroterra di Ventimiglia, Biamonti ebbe una formazione prevalentemente da autodidatta, sospesa tra lo studio della grande poesia, soprattutto italiana e francese, e quello della filosofia fenomenologica ed esistenzialista. Fondamentale fu per lui anche la riflessione sulla pittura, portata avanti attraverso alcune importanti frequentazioni, a partire da quella con Ennio Morlotti. Tutte queste esperienze si sedimentarono, nel corso di decenni, in una prosa dal chiaro respiro lirico, ma capace di raccontare con grande forza e concretezza il mondo contemporaneo allo scrittore.
Profondamente radicati nel territorio dell’estremo Ponente ligure, i romanzi di Biamonti attirarono fin da subito l’attenzione della critica per il trattamento particolare riservato al paesaggio, il quale pone lo scrittore in continuità con la tradizione ligure (da Boine a Montale, da Calvino a Caproni). Non a caso, grande spazio fu riservato al tema paesaggistico nel primo Convegno Francesco Biamonti: le parole, il silenzio, organizzato nel 2003 dall’Associazione degli “Amici di Francesco Biamonti”, nata dopo la morte dello scrittore, e dall’Università di Genova. Negli anni successivi la critica ha portato avanti la lettura dell’opera biamontiana anche sotto altri punti di vista, in un percorso interpretativo che ha trovato fondamentali riscontri nella pubblicazione, nel 2008, dell’antologia Scritti e parlati, a cura di Gian Luca Picconi e di Federica Cappelletti. Tuttavia, ancora oggi molti aspetti dell’opera di Biamonti, con particolare riferimento al peso avuto da alcuni incontri (reali e intellettuali) sulla sua scrittura e sulla sua visione del mondo, restano inesplorati o comunque meritevoli di approfondimento.
Per questa ragione e per ricordare l’autore a vent’anni dalla scomparsa, l’Associazione “Amici di Francesco Biamonti” ha deciso di organizzare, insieme ai suoi diversi partner universitari, un secondo convegno che si terrà il 15-16 ottobre 2021 al centro Polivalente “Le Rose” di San Biagio della Cima e alla Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia. Seguirà la pubblicazione degli atti.
Sono invitate comunicazioni che affrontino le peculiarità della scrittura e della poetica biamontiana, evidenziando i rapporti tra l’opera dello scrittore ligure e quella di altri autori a lui cari: poeti, romanzieri, filosofi, artisti, critici. In particolare, risulta urgente l’approfondimento dei legami tra biografia e opera, oltreché l’analisi dei plurimi nodi intertestuali presenti nei suoi scritti, al fine di tracciare un disegno complessivo delle voci e degli incontri che abitano le pagine di questo autore.
Saranno perciò graditi gli interventi di specialisti di autori e contesti (si veda l’elenco seguente) che, intrecciando le loro conoscenze con l’opera di Biamonti, possano portare un contributo originale, un nuovo sguardo allo studio dello scrittore.
Saranno altresì graditi gli interventi mirati alla ricostruzione storico-biografica dei rapporti personali di Biamonti con altri personaggi della cultura che svolsero un ruolo importante nella sua formazione o nel suo percorso di scrittore (come editori e traduttori).
Per un primo orientamento, si propone qui di seguito una lista indicativa di autori, che tiene presente il tema delle affinità intellettuali, dell’intertestualità, degli incontri:
1) Scrittori italiani: Dante, Petrarca, Leopardi, Manzoni, Verga, Pascoli, D’Annunzio, Tozzi, Novaro, Boine, Sbarbaro, Seborga, Vittorini, Montale, D’Arzo, Fenoglio, Pavese, Calvino, Zanzotto, Lalla Romano, Orengo, Rigoni Stern;
2) Scrittori stranieri: poesia provenzale delle origini, Mistral; Verlaine, Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé, Céline, Éluard, Char, Michaux, Valéry, Perse, Malraux, Gracq, Camus, Giono, Duras, Blanchot; Machado, Lorca; Rulfo; Hemingway, Faulkner; Tolstoj;
3) Filosofi: Freud, Jung, Marx, Bergson, Husserl, Croce, Heidegger, Camus, Sartre, Jaspers, Benjamin, Merleau-Ponty, Bachelard, Foucault, Lyotard;
4) Artisti e critici d’arte: de La Tour, Cézanne, De Staël, Morlotti, Cazzaniga, Sutherland, Dondero; Longhi, Arcangeli;
5) Editori e traduttori: Maspero, Simeone, Bobilier, Einaudi.
Le proposte di partecipazione al convegno vanno inviate, in italiano o in francese, all’indirizzo convegno.biamonti2021@gmail.com entro il 15 marzo 2021, allegando un pdf che contenga, oltre ai dati del/la proponente, il titolo e un riassunto dell’intervento, di lunghezza non superiore alle 500 parole (bibliografia inclusa).
Entro il 15 maggio il Comitato Scientifico informerà per e-mail sull’accettazione delle proposte di comunicazione.
Il Comitato scientifico e organizzativo
Andrea Aveto (Università di Genova)
Matteo Grassano (Università di Bergamo)
Simona Morando (Università di Genova)
Claudio Panella (Università di Torino)
Gian Luca Picconi (Amici di Francesco Biamonti)
Corrado Ramella (Amici di Francesco Biamonti)
Paolo Zublena (Università di Genova)
Modlet, Francesco Biamonti: le carte, le voci, gli incontri - Call for papers - Convegno biamontiano, 15-16 ottobre 2021, San Biagio della Cima / Ventimiglia