Dove sorge in Lungomare Varaldo - incrocio con Via alla Spiaggia - zona
Nervia di Ventimiglia un pubblico esercizio, c'era più o meno dalla metà
degli anni Sessanta del secolo scorso una piccola costruzione quasi
tutta in legno adibita a bar, meta d'estate di tanti bagnanti - compresi
ragazzi del luogo -, ancora ricordata per il pane rustico farcito di
pomodoro ed altri sapori (pan bagnau, puntualizzerebbe qualche pignolo;
qualche altro tipo meticoloso sottolineerebbe la non grande igiene
praticata, ma verrebbe subito zittito per la delizia di quelle merende).
Risuonano ancora da quel sito storie, alcune tremende, di pescatori contrabbandieri.
Davanti c'era uno stretto sterrato - spesso chiuso a ponente con catene
sì da renderlo in pratica un semplice accesso pedonale - che sbatteva un
po' più in là contro campagne e spiagge sassose dove si disperdeva ben
prima di incrociare il torrente eponimo della regione.
Il fatto è che
in tanti racconti quel ritrovo viene definito come baracca. Ma Baracca e
Baracchetta sono termini spesso usati in senso quasi orgoglioso, tanto è
vero che si sono anche visti locali - alcuni in muratura - con quel
nome.
Su di un altro Lungomare, quello Argentina di Bordighera, si registrava
una situazione quasi analoga, con una piccola capanna, poco più di una
bancarella da mercante ambulante, miniera nella stagione balneare di
mitici ghiaccioli per tante ragazzine e per tanti ragazzini. La
denominazione era Caminito dato che il proprietario, un tipo
mingherlino tutto nervi, grande attivista del partito comunista, amava
esibirsi - per la legge del contrappasso! - in prodezze canore,
soprattutto con la gran bella canzone tangüera resa immortale da Carlos Gardel. Non molto lontano, a Nervia di Ventimiglia, più o meno per gli stessi motivi un musicista amatoriale era stato ribattezzato Rosamunda. Si usava così, allora.
Tornando agli episodi di Bordighera occorre precisare che anche da
quelle parti c'era uno sterrato, ancora più martoriato di quello di
Ventimiglia, ma che iniziava almeno ad un centinaio di metri di
distanza, in direzione ponente, verso il torrente Borghetto, in quel
punto non ancora valicato da un ponte pedonale. E che si presenta in
termini sostitutivi una sorta di casetta araba, adorna qua e là di
piastrelle azzurre, sede sino a poco addietro di un ristorante
dall'insegna singolare, più di recente un ritrovo musicale. Oggi è diventato invero un bistrò. Ma una volta lì sorgeva la baracchetta del mitico Caminito, già da me citato!
Ma Caminito è tornato in mente ripensando ad un buffo equivoco
avvenuto proprio là davanti. Una ragazza in monopattino si fermava per
consentire una fotografia, ma il fotografo aveva atteso, invece, di
poter riprendere la brava sportiva in azione. Indugi del momento e scatti ritrovati in archivio - come si è già qui raccontato - hanno fatto il resto.
Non si può parlare di stabilimenti balneari situati sul litorale da
Bordighera al confine con la Francia, perché sono sin troppi, ma di
alcuni casi della vita riguardanti strutture similari forse sì.
Mitica, ad esempio, la costruzione di una casetta - ritenuta abusiva! -
su di un terreno del principe di Monaco - si è ormai vicini alla
frontiera! - affacciato su di una spiaggia invasa in permanenza da alghe
trascinate dalle onde: una vicenda approdata anche sugli schermi
televisivi nazionali. Poco lontano, dove la costa improvvisamente si
alza quasi a picco, rimase a lungo incagliato a prua in su il relitto
arrugginito di una piccola nave dallo scafo dipinto di rosso.
Poco a ponente della Frazione Latte di Ventimiglia, vicino a Punta di
Begliamino, una serie di baracche, nel tempo dotate di molti elementi di
conforto così da apparire se non villette in miniatura almeno
appropriati bungalow, ebbero l'iniziale funzione di ricoveri per barche
di pescatori dilettanti. Si aggiravano laggiù persone già menzionate su altro blog, alle quali nell'occasione va aggiunto uno dei proprietari, valente pescatore, Reganta
(rema!), così a volte, dal suo tipico intercalare, chiamato dagli
interlocutori più stretti, un uomo che apriva il suo magazzino di
Mortola a memorabili cene dove si comsumavano in abbondondanza le sue
bottiglie di vino, in un libro, tuttavia, segnalato fugacemente con il
vero soprannome dialettale da Arturo Viale, che se lo ricorda solo perché fornitore della vecchia locanda di famiglia.
Un imprenditore edile di Sanremo si
vantava poco più di un decennio fa di poter godere tramite amicizie di
belle giornate al mare usufruendo di una delle diverse casette - anche
in questo caso all'inizio si parlava di pescatori! - situate poco prima
del dirupo dove stava appoggiato l'ascensore, scomparso, dei Balzi
Rossi.
Ed in alcune località della zona molti bungalow nelle
stagioni morte a tutti gli effetti venivano affittati - probabilmente lo
sono tuttora! - come pied-à-terre.
Adriano Maini