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martedì 18 giugno 2024

La donna, residente a Bordighera, venne ritenuta responsabile di collaborazione con i tedeschi

Bordighera (IM): Villa Cava

Le cronache dei giornali e delle testate web in provincia di Imperia ogni tanto si occupano di vecchie storie di spionaggio, ambientate da queste parti di ponente di Liguria, in genere riferite agli anni della seconda guerra mondiale.
Di recente la presentazione di un libro dedicato a taluni risvolti italiani dell'ultimo conflitto avrebbe svelato la presenza a Bordighera di un agente italiano facente capo al servizio segreto francese, la cui rete nel 1942 sarebbe stata smantellata.
Ci sono opere dedicate al SIM (Servizio Segreto Militare Italiano) di quel periodo ed alla figura del suo capo di allora, Cesare Amé, che rammentano - così come almeno un memoriale di Amé stesso - una positiva azione di controspionaggio condotta in Tolone con l'ausilio della potente antenna radio di Sanremo, che era stata utile per intercettare i radiomessaggi inviati al nemico - compresi i partigiani del maquis, con i quali e con i cui "complici" non si può fare a meno di simpatizzare -, un'azione che non riuscì, tuttavia, a portare all'arresto del sottufficiale della Regia Marina che aveva "lavorato" per i francesi, dileguatosi in Riviera.
Esiste poi, presso IsrecIm, IstitutoStorico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, una piccola memoria - rintracciata dallo storico locale Giorgio Caudano - di fine 1945, in cui un partigiano, forse una partigiana, dal nome di battaglia di Carmelita, intese indicare in Renato Brunati, che abitava prima di essere arrestato a Bordighera, martire antifascista fucilato al Turchino, un agente del Deuxième Bureau: se tale aspetto risultasse confermato - cosa quasi impossibile ormai - aggiungerebbe caso mai altro onore alla figura di Brunati, che si sarebbe trovato in ottima compagnia, come quella, ad esempio, più famosa di Adriano Olivetti, che i contatti per concretare la sua congiura antifascista li cercò, invece, con i britannici del Soe, ma per il tramite di uomini dell'Oss americano.
Risulta, invero, difficile ritrovare nei libri di storia e nei documenti più correnti tracce di spionaggio classico in Bordighera, mentre abbondano informazioni relative alla presenza di militari e agenti nazisti, in qualche caso già prima dell'8 settembre 1943.
Come avviene con taluni fascicoli statunitensi, per lo più desecretati dalla CIA intorno al 2007, anche se un po' tutti indugiano, come nel caso già evidenziato di Karl Weilbacher, su attività comuni, in qualche caso di criminalità minore, contrabbando, ecc.
Fioravante Martinoia di Vallecrosia a marzo 1944 venne assunto come autista dal comando SD (servizio di sicurezza delle SS) di Sanremo, dietro raccomandazione di una signora tedesca abitante a Bordighera: Martinoia, nonostante i suoi ripetuti dinieghi, proprio per via delle sue mansioni ebbe parte attiva in diverse operazioni di repressione contro i partigiani.
Il già citato Weilbacher lavorava per un'azienda di esportazione di fiori con sede a Bordighera quando nel 1940 conobbe Werner Vohringer, un collaboratore dell’Abwehr (servizio segreto militare tedesco): ebbe con quest'ultimo diversi successivi contatti di carattere non ben precisato. Già nel 1934 o nel 1935 un agente della filiale di Sanremo di una compagnia di assicurazioni aveva chiesto a Weilbacher informazioni su alcuni stranieri presenti a Sanremo e di lì a breve gli procurava un incontro con il suo "capo", incontro che avvenne in un albergo situato davanti alla stazione ferroviaria di Bordighera, allo scopo di aiutarlo (non viene svelato per quale organizzazione o corpo dello stato fascista agisse il "capo". L'OVRA? La polizia? I carabinieri? I servizi segreti?) a scoprire una organizzazione che nella città dei fiori operava per l'annessione dell'Alto Adige all'Austria. Weilbacher avrebbe dato delle informazioni su alcuni individui, ma pochi giorni dopo, senza subire noie, si defilò da un compito che non gradiva.
Un altro documento americano si dedica ai fratelli Asiani, Alberto (nato nel 1905) ed Augusto (nato nel 1906), che abitavano a Bordighera, allo stesso indirizzo del padre, Lodovico, della madre, Teresa Sassi, e della sorella, Angela, di 42 anni. Un'altra sorella, Maria, di 43 anni, risultava sposata con l'avvocato Gino Vota: entrambi residenti a Bordighera. Viene riportato anche il nome del figlio di Augusto, Cristiano, indicato come vedovo. Conobbero, tra l'altro, Weilbacher e Vohringer. A maggio o giugno 1945 vennero arrestati a Bordighera dai carabinieri perché due lettere anonime li accusavano di pregressa collaborazione con i tedeschi: tenuti in stato di fermo per 25 giorni, furono infine rilasciati perché le accuse loro mosse vennero ritenute infondate. I fratelli Asiani, sospettati di collaborazione attiva con i tedeschi a Montecarlo e in Liguria, vennero segnalati come persone già a contatto con Olga Meier in Henneman, "agente SD che causò l'incendio di Molini di Triora e la morte di diversi partigiani in provincia di Imperia". E Olga Meier aveva aiutato "in modo disinteressato" Angela Asiani a recuperare dei beni sequestrati a Bordighera alla famiglia ad aprile 1944 da agenti SS di stanza ad Imperia e riconsegnati presso la Casa dello Studente di Genova. "Verso aprile 1944, addetti delle SS di Imperia, si recarono a casa degli Asiani chiedendo dei due soggetti. Essendo questi già a Montecarlo, essi perquisirono la casa ed asportarono vino, liquori, commestibili vari, vestiti ecc. Il tutto per circa un milione e mezzo di valore. Saputo il fatto i due fratelli sono venuti a Bordighera per vedere cosa era successo e qui conobbero la suddita tedesca Henneman", così recita la parte in italiano del documento americano. Che aggiunge qualche pagina dopo: "La Henneman venne a Genova e si recò alla Casa dello Studente unitamente alla sorella. Qui esse parlarono con un ufficiale tedesco, il quale disse che era stato un sopruso e che la roba tolta sarebbe stata restituita. Dopo 15 giorni la sorella Angela, come era rimasta d'accordo, ritornò alla Casa dello Studente ed ebbe in restituzione un baule, che però non conteneva che alcuni smoking ed altre cose varie, rappresentanti una minima parte di quello che era stato asportato. La Hennemann per questo suo intervento non chiese nulla, né da allora ella ebbe altri rapporti con i fratelli Asiani". Alberto ed Augusto erano stati poi imprigionati in un campo di internamento di Nizza all'arrivo (fine agosto 1944) delle forze armate alleate in Costa Azzurra: a Bordighera erano tornati clandestinamente e ritrovarono i genitori e la sorella Angela, ma incapparono nella trafila che portò ai loro interrogatori. Ripercorrere le vicende di questi due fratelli rappresenterebbe uno spaccato non secondario di vita vissuta ai tempi di guerra, anche perché la loro permanenza a Bordighera non fu di lunga durata: i genitori erano rientrati in Italia dall'estero nel 1939, quando i due figli maschi lavoravano ancora al Casinò di Venezia, un lavoro perso con lo scoppio della guerra. Con gli Asiani vengono riportati altri nominativi di persone abitanti a Bordighera, ma senza particolari comunicazioni in proposito. Angela Asiani era nata a Bordighera nel 1903, ma all'età di dieci anni si era trasferita a Montecarlo con i genitori, che nel Principato avevano aperto un negozio di vini e liquori, dove sino al 1930 avevano collaborato anche i fratelli maschi. Nel 1939 il negozio, non rendendo più, venne chiuso e Angela con i genitori raggiunse Alberto ed Augusto a Venezia, dove lavoravano al Casinò mercé una segnalazione di un certo Spadoni che avevano conosciuto a Monaco Principato. Sempre Spadoni mise i suoi buoni uffici per evitare che a fine 1943, ormai rientrati a Bordighera, la Kommandatur inviasse i fratelli Asiani maschi in Germania per il lavoro forzato. Ci si sofferma ancora su Angela Asiani perché dalla vicenda del suo recupero parziale dei beni di famiglia sottratti (nei relativi incartamenti si afferma che non se conoscono i motivi o per lo meno così affermano alcune donne chiamate in causa) si evincono i nomi di alcune donne, appunto - ad esempio, il nome della proprietaria della villa dove stavano in affitto gli Asiani, signora Ferrari - e si apprende che una di queste per il richiamato buon fine aveva procurato ad Angela un incontro a Sanremo "con un tale Reiter", di cui ben si sa, invece, che era il responsabile del locale ufficio SD, ufficio che si occupava principalmente di repressione delle bande partigiane e dei reati di natura politica e di repressione del mercato nero.
Ernest Schifferegger, già italiano altoatesino, il quale in occasione del referendum del 1939 aveva optato, come tutti i membri della sua numerosa famiglia, per la nazionalità tedesca, poi SS (già presente a Roma e partecipe della strage delle Fosse Ardeatine), interprete, segnalava che un certo Boccabella di Bordighera era diventato collaboratore delle SS di Imperia e di Sanremo dopo essere stato incarcerato per rapina a mano armata. Boccabella accompagnò Reiter ed una sua squadra a Bordighera a cercare benzina nascosta in un garage e ad indagare su liquori detenuti da un privato, infine ritenuti, tuttavia, di legittima proprietà. Si procedette, invece, al sequestro di un deposito di carburante celato a Seborga, paese dell'immediato entroterra di Bordighera. Può anche essere che dagli indagati venissero più facilmente ammesse colpe per reati comuni anche per sviare l'attenzione degli inquisitori dalla ricerca di imputazioni più gravi.
Alcune carte rinvenute da Paolo Bianchi di Sanremo presso l'Archivio di Stato di Genova, attinenti processi presso le CAS, Corti d'Assise Straordinarie del dopoguerra, deputate all'epurazione del fascismo, aggiungono tasselli a questo  mosaico.

Bordighera (IM): la collina Mostaccini sovrasta la zona di Via Coggiola

Il conte Pietro Di Masio Civalieri Inviziati, nato nel 1872, sposato dal 1936 con Sibilla Von Armin "di origine tedesca" in un interrogatorio di polizia del 23 giugno 1945 risulta residente in Bordighera presso l'Albergo Belvedere. Dalle sue dichiarazioni messe a verbale si apprendono diverse notizie, alcune curiose: che dalla data del matrimonio sino all'ottobre 1944 aveva abitato - in affitto - in Villa dei Pini in Via dei Mostaccini a Bordighera; che, sempre a Bordighera, aveva rifiutato di ricoprire cariche politiche; che non aveva mai ricevuto in casa sua un ufficiale della Polizia tedesca, ma solo un ufficiale dell'esercito che intendeva omaggiare sua moglie, appartenente ad una famiglia nobile; che era stato amico del principe austriaco Schwatgenhagg, proprietario di Villa La Cava a Bordighera, arrestato ad ottobre 1943, portato a Genova dalle SS, ma di cui - sempre per notizie avute da una cugina del principe, la principessa russa Galitzin - poteva affermare che era poi stato lasciato libero a Vienna (questo fatto venne confermato anche dall'avvocato Amalberti di Ventimiglia - di Vallecrosia, secondo Von Armin -); che il 10 ottobre 1944 due soldati tedeschi lo arrestarono e lo portarono al comando di Villa Rosa, da cui venne prelevato per essere tenuto in ostaggio per quattro giorni presso l'Albergo Excelsior, sempre a Bordighera. La moglie del conte, Sibilla Von Armin, interrogata il 25 giugno 1945 presso il campo di concentramento di Sanremo, rivelava il nome del capitano dell'esercito tedesco che fu talora ospite della famiglia, Behr, da lei conosciuto gà vent'anni prima, e adombrava come causa dell'arresto del principe austriaco il fatto che egli fosse nipote di una persona a suo tempo implicata nelle vicende del cancelliere austriaco Dollfuss. Senonché, nella sua denuncia del 30 giugno 1945 Bernardo Biancheri, padre dei partigiani Bartolomeo ed Ettore, fucilati a Forte San Paolo di Ventimiglia, segnalava i coniugi Civalieri tra i delatori che avevano portato la morte ai suoi figli, in quanto "ai tedeschi dei quali sia lui che la moglie erano quasi sempre a contatto... ai tedeschi, al soldo dei quali doveva sicuramente agire sia lui, uomo capace di tutto e senza scrupoli, che la moglie, originaria tedesca... i tedeschi dovevano essere stati informati dal Civalieri stesso, il quale se non ha potuto avere le informazioni che all'uopo richiedeva al Lorenzi, per non essersi questo prestato, indubbiamente deve averle attinte da altre persone portando così a termine il suo compito di spia". A maggio 1946, per il processo davanti alla Cas, l'avvocato Nino Bobba di Sanremo citava come testimoni a discarico dei coniugi Civalieri quattro persone. Il dottor Gianni Cristel di Sanremo, che aveva conosciuto il maggiore Beer (Behr nel verbale della Von Armin) quale perseguitato politico. Otto Geibel (console tedesco di Sanremo sin da prima della Grande Guerra, che aveva aiutato diversi ebrei a sfuggire alle persecuzioni) che avrebbe potuto sostenere che il principe austriaco (il cui cognome in questa circostanza viene trascritto come Schwarzenberg) era stato lungamente controllato dai nazisti presenti in Riviera. Liesel Richer, abitante a Villa Luisa a Bordighera che avrebbe potuto spiegare i veri motivi per cui alla Von Armin erano stati rilasciati diversi permessi di viaggio. La Baronessa Flugge di Villa Oliveto in Via Romana a Bordighera che "sa che l'imputata e il di lei marito rimasero costernati alla notizia dell'arresto del Principe; insieme studiarono e fecero tutto il possibile per venirgli in aiuto".
Elda Casaroli, residente a Bordighera, venne ritenuta responsabile di collaborazione con i tedeschi "avendo provocato la cattura di due patriotti che poi vennero fucilati e di Buccella Orlando, guardia di finanza, che aveva disertato": negò di avere contribuito alla cattura dei fratelli Biancheri, ma venne condannata il 7 settembre 1945 a otto anni e quattro mesi di reclusione e alla confisca dei beni, una pena che si può presumere - come quasi tutte quelle similari - successivamente in appello ampiamente ridotta. Risulta istruttivo leggere ancora nella motivazione della sentenza che "lo spionaggio praticato in favore del nemico ostacolò i movimenti di liberazione... Chi si accinge a tali imprese a danno della Patria è spesso il delinquente senza fede e senza scrupoli... donna dedita ai facili amori, come può dirsi dell'imputata... invitata ad assistere al passaggio delle persone rastrellate, essa assiste fumando vicino al cap. Borro... fa segni di assenso o dissenso per l'arresto che doveva essere compiuto...".
Azioni vere di spionaggio in zona vennero compiute dai partigiani delle SAP, dei SIM di brigata e di divisione, del CLN di Bordighera, ma queste assumono un rilievo del tutto particolare, a sé stante.
Adriano Maini

lunedì 10 giugno 2024

Aperitivi a Mentone

Mentone: la storica zona di tanti acquisti da parte di abitanti del ponente ligure

Le locomotive a vapore francesi, dirette o di ritorno dalla stazione di Ventimiglia, rappresentarono con i loro buffi pennacchi ancora a lungo, nel secondo dopoguerra, uno spettacolo d'altri tempi. 

Abitava in una sua casetta, posta sulla Basse Corniche tra le due gallerie in uscita di ponente da Cap d'Ail ed affacciata sulla sottostante romantica caletta, l'italiano che, di nascita nel contado parmense, faceva visitare - assenti i proprietari - a certi suoi parenti la bella e spaziosa villa di cui era custode nelle vicinanze, in Costa Azzurra.

Negli anni Sessanta le vendemmie nel Var erano molto frequentate come stagionali da vivaci ragazzotti del ponente ligure, la cui vena estrosa non era quasi mai apprezzata dai conduttori dei fondi.

Il vice sindaco comunista di quel paesello - si fa per dire! - quasi al confine con il dipartimento del Var, piuttosto piccolo di statura, la simpatia fatta persona, ortolano, presenziava a riunioni da lui stesso organizzate di italiani colà emigrati, nonostante il fatto che all'alba, per procurarsi da vivere, dovesse essere già al mercato all'ingrosso di Nizza, che non trovava certo dietro l'angolo di casa. E riusciva anche ad organizzare, in nome di un gemellaggio sui generis, una tavolata per gli affamati Pionieri (sorta di boy scout di sinistra) di Ventimiglia e taluni loro accompagnatori, i quali avevano riempito un intero pullman, in cui risuonavano, sia all'andata, ma ancor più al ritorno, fragorosi canti indotti anche da pizzicate corde di chitarra.

Attivisti comunisti che, se si doveva passare da quelle parti, forse anche dopo aver fatto qualche deviazione, non mancavano di indicare ai loro ospiti la villa dove aveva abitato Picasso.

Almeno un cameriere - se non anche i suoi colleghi, ma a quel Capodanno l'ambiente era molto affollato - non sapeva in quel locale abbastanza famoso sul lato di levante di Cap Martin cosa fosse un "Irish Coffee".

Dopo "Italia Mundial" gli immigrati italiani a Nizza erano più interessati a frequentare i circoli di tifosi di squadre di calcio del Bel Paese che ad ascoltare i discorsi di connazionali, dirigenti di associazioni dedite ai problemi dell'emigrazione, in trasferta per tentare di tessere reti di solidarietà sociale o per propaganda politica. Questo, anche nel proletario quartiere di L'Ariane.

Sempre negli anni Ottanta allegri compagnoni della zona di Latte di Ventimiglia, in parte gli stessi delle scanzonate esperienze vissute con Nico Orengo, avevano preso l'abitudine di scendere verso il mezzogiorno di domenica  a Mentone - non lontano dalla frontiera - per degustare i particolari aperitivi transalpini, pernod e quant'altro: i più impegnati a comprarsi qualche giornale in lingua.

L'assessore della Provincia di Imperia rientrava in treno, insieme ad un membro della delegazione che si era recata alla Chambre de métiers di Saint-Laurent-du-Var, lasciando ad altri l'auto di servizio, assodato che per un secondo mezzo, di consulenti di settore, si era dovuto - appena arrivati nella località - far intervenire un carro attrezzi.

Un console d'Italia a Nizza aveva molto apprezzato le bottiglie di squisito vino Rossese di Dolceacqua che erano state acquisite alla bisogna da una famiglia, la quale avrebbe di sicuro preferito non procedere a quel sacrificio della propria scarsa produzione.

Si potevano incontrare immigrati italiani che, nonostante i tanti impegni politici profusi nel dipartimento delle Alpi Marittime, non avevano avuto l'accortezza di misurare per tempo la quantità e la qualità dei loro contributi pensionistici. 

Professionisti, italiani ormai trasferitisi in Costa Azzurra, e francesi, in genere tra di loro concorrenti, facevano a gara, mentre ci si avvicinava al Duemila, per organizzare cene professionali ed altri piccoli eventi di promozione commerciale, da cui i partecipanti - beninteso, poco o tanto paganti - ricavavano, invero, ben poco. Affascinante, a suo modo, il fallimento dell'operazione B.B.S., sorta di piattaforma telematica transfrontaliera per piccoli affari, architettata nel menzionato ambiente.

Rimane sovente più simpatica oggi la presenza di pensionati italiani del ceto medio, che nel Nizzardo hanno preso dimora stabile o tengono un'abitazione per le vacanze.

Adriano Maini

sabato 1 giugno 2024

La focaccia di Finale

 

Genova: la stazione ferroviaria Piazza Principe

"La campana fa din din don e il galletto fa chicchirichì", così più o meno a metà degli anni Cinquanta sull'aria di una canzone in voga cantava a squarciagola l'addetto ad un carrello di vivande e di altri generi di conforto, muovendosi lungo il marciapiedi di una imprecisata stazione ferroviaria in provincia di Savona. Forse si trattava di quella di Finale Ligure ed allora fra le cose buone che vendeva quel giovanotto spiccava una deliziosa focaccia di cui molte persone tramandano ancora adesso il goloso ricordo: tra questi in almeno un suo racconto Arturo Viale.

Molto noto era - forse, lo è ancora - specie per i passeggeri provenienti dalla provincia di Imperia il bar della Cooperativa Portabagagli della Stazione Piazza Principe di Genova, situato a settentrione del corridoio porticato che funge da facciata ed ingresso al maestoso edificio. Buona anche lì la focaccia, ma l'attrattiva del locale era per chi non si fosse rifocillato in treno la possibilità di farlo appena disceso. Per non dire dei prezzi concorrenziali praticati un tempo anche ai non soci.

La stessa cosa avveniva nella confinante mensa del Dopolavoro Ferrovieri, molto elogiata per la buona cucina, che riservava in ogni caso ai ferrovieri le tariffe migliori, come facevano e come, per quanto si sa, fanno ancora le strutture gemelle in tutta Italia.

Per accedere ai similari locali - di antica eleganza - di Milano si passava un tempo davanti alle vetrine di una sorta di piccolo Museo delle Cere, che adesso si trova a Gazoldo degli Ippoliti in provincia di Mantova.

Le Mense dei Dopolavoro Ferrovieri erano a volte ubicate molto lontane dai binari: quella di Roma negli anni Sessanta era allocata in un palazzo antico, posto a sinistra della Stazione Termini, accessibile da una lunga scalinata al termine della quale, voltandosi, si potevano ammirare le Mura Serviane.

Da una rapida ricerca sul Web sembra che molte situazioni siano cambiate, ma pare anche che molte informazioni siano frammiste ad altre, attinenti le trasformazioni in veri e propri centri commerciali delle principali stazioni del Paese, per cui non risulta agevole discernere nei dettagli l'odierno stato dell'arte.

A Ventimiglia, come ben si sa, la palazzina del Dopolavoro Ferrovieri è ancora adibita alle sue storiche funzioni. Pensando al salone del primo piano, tuttora sede di svariate iniziative, vengono in mente tante storie passate...

Adriano Maini

sabato 25 maggio 2024

Quando si passava la sabbia nel fiume

Ventimiglia (IM): il ponte della ferrovia sul fiume Roia a settembre 1955

Di tutti i personaggi che affollano i racconti che i suoi due anziani amici hanno fatto ad Arturo Viale di Ventimiglia (IM) in ViteParallele (ed. in pr., 2009), c’è n’è uno il cui funerale, avvenuto nella città di confine quando era ancora relativamente giovane, vale a dire nei primi anni Cinquanta, fu invero molto partecipato. Quell’uomo, insieme ad uno degli affabulatori di cui sopra - ideatore dell’azione che segue -, ed a un terzo amico, era arrivato da questa zona di confine sino a St. Raphael in un gozzo spinto dai tre a remi il 10 settembre 1944 per consegnarsi agli americani della flotta alla fonda da quelle parti per portare informazioni importanti sotto il profilo bellico: un rapporto della marina da guerra statunitense (U.S. Atlantic Fleet, Task Force 86 Operations and Action of the Support Force Eighth’ Fleet During Invasion Of Southern France) conferma l'episodio "Il 10 settembre tre patrioti italiani arrivarono dall'area di Ventimiglia a 0645A... Più tardi nostre navi spararono, con il supporto di aerei da ricognizione, su alcuni obiettivi indicati da questi patrioti italiani".

Lasciò un figlio, quell’ardito che era morto troppo presto, un figlio che abitava con la nonna paterna in Via Giudici a Ventimiglia, di fronte alla Piazzetta delle Erbe.

Un figlio che fu a sua volta un baldo giovanotto, che ammaliava il vicinato quando tornava in licenza dal servizio miltare con la sua bella divisa da marinaio. Una volta congedato, aveva cercato un lavoro, e non avendo trovato di meglio, si era messo come tanti a “passare” nel fiume Roia la sabbia. Con reti metalliche, in genere, di vecchi letti ormai in disuso, messe un po’ dritte, in posizione trasversale, con il sostegno di un qualche bastone, di modo che da una parte cadessero i sassi ed altre scorie, e, dall’altra, quella giusta, fine rena molto utile per un’edilizia già in crescita. E quanta fatica in quegli anni per quegli spalatori, che di sicuro erano costretti a lavorare in modo illegale!

In città, a monte e a valle dei due ponti (e della passerella) sul fiume, erano ancora le lavandaie, per conto terzi o per conto proprio, che utilizzavano quelle acque correnti: figure in genere pittoresche. A volte, in dimensione casalinga, si procedeva anche all’immersione della lana dei materassi…

Un giorno, però, l’ex marinaio di leva si procurò, agendo, come tutti quei “manovali”,  a piedi nudi, un profondo taglio ad un piede con un vetro rotto purtroppo sfuggito alla sua attenzione: gli toccò, allora, giacere abbastanza a lungo fermo con vistosa fasciatura nel lettino all’ingresso della modesta abitazione che condivideva con l’affannata ava.

Il nostro aveva, poi, come zio, fratello del defunto padre, chi si era trovato una bella scusa per scansare il premilitare fascista d’anteguerra: giovane pescatore, uno di quelli che aiutava gli ebrei stranieri, dannati dal regime con le leggi razziali, a fuggire in barca dall’Italia verso la Francia nella tormentata stagione 1938-’39 [in proposito, di Paolo Veziano, Ombre al confine. L’espatrio clandestino degli Ebrei dalla Riviera dei Fiori alla Costa Azzurra 1938-1940, ed. Fusta, 2014], in futuro valente floricoltore, che si presentava al premilitare fascista a piedi nudi, sostenendo che in casa non si avevano soldi per comprargli le scarpe: al che il capomanipolo o centurione, il brutto ceffo in camicia nera, insomma, che dirigeva la situazione, lo mandava via, con tacita soddisfazione del nostro personaggio, che di tutta evidenza aveva ottenuto, almeno una volta, il suo scopo.

Adriano Maini

sabato 18 maggio 2024

Rosso, bianco e...

Sanremo (IM): la ormai dismessa vecchia stazione ferroviaria

A metà anni Cinquanta per i conduttori della linea ferroviaria Ventimiglia-Genova era normale scambiare qualche parola quando verificavano i documenti permanenti di viaggio di deputati e di senatori, tutte persone affabili, tutte vestite modestamente: era particolarmente cordiale un parlamentare democristiano di Savona che talvolta indossava un abito che presentava il rammendo di qualche strappo.

Sempre in quel torno di tempo - ma ancora dopo -, era illegare distribuire volantini politici sui treni. Ma non solo in tali casi. Ancor più si affrontavano i rischi di sanzioni se tali operazioni le facevano italiani in territorio francese. Capitava a militanti comunisti della zona di Ventimiglia (come di altre zone di frontiera, specie quelle con la Svizzera) correre di tali alee in occasione del rientro in patria (quella vera! quella del cuore e degli affetti umani!) su strada ferrata di migliaia e migliaia di connazionali emigrati per le elezioni politiche, che, invero, usufruivano degli sconti - riduzione a metà - sui prezzi dei biglietti, ma indubbiamente affrontavano spese non indifferenti - ancorché motivate anche dalle visite ai loro cari rimasti nel Paese e/o ai loro luoghi - per i magri bilanci familiari dell'epoca. Ad attendere i citati attivisti "rossi" alla stazione di Sanremo in tante occasioni era Libero Alborno, il Libero de "La curva del Latte" di Nico Orengo, che, quale personaggio reale, probabilmente sapeva di essere schedato dalla CIA perché organizzatore di attraversamenti clandestini oltre confine di repubblicani spagnoli e di altri profughi politici, come già prima, insieme a Luigi Lorenzi, detto "Luigiò", di quelli di ebrei, stranieri e non, in fuga per le leggi razziali di Mussolini. Ma di Libero manca tuttora una storia per così dire ufficiale, dalla sua attività - già avviata dal padre - di ibridazione di rose alla sua presenza nel primo e nel terzo - l'ultimo - CLN di Ventimiglia e tanto altro ancora, mentre nella tradizione popolare il ricordo che si tramanda di lui è quello di generoso benefattore.

I giovani della Federazione Giovanile Comunista di Roma attorniavano attenti - in quella primavera del 1971, all'indomani di quella imprevista, straordinaria e storica nevicata, in quel giardino della scuola di Partito delle Frattocchie - un sorridente Angelo Oliva con l'eterna sigaretta Gitanes Maïs in bocca.

Il funzionario comunista imperiese - alla svolta degli anni Ottanta - sosteneva con il suo accompagnatore che il deputato comunista di Nizza, già segretario di quella Federazione, gli ricordava molto un bandito corso.

Ai tempi dello scandalo sessuale di Gary Hart - del quale ancor oggi si scrive che senza le citate attenzioni mediatiche sulla sua vita privata avrebbe tranquillamente vinto nel 1988 le elezioni a Presidente degli Stati Uniti - il futuro deputato, poi senatore, democristiano, professore universitario, affermava bonariamente in amabile conversare per una via della cittadina intemelia che in Italia Hart non solo avrebbe potuto candidarsi, ma avrebbe anche riscosso un grande successo.

Il funzionario della Chambre de Métiers et de l'Artisanat delle Alpi Marittime teneva nel suo ufficio di Saint Laurent du Var un vecchio calendario de "Le Patriote", periodico dei comunisti locali, tuttora edito online. Il visitatore italiano lo riconobbe come tale, ma il collega francese fece mostra di non avere inteso. Mesi dopo quel documento non appariva già più. Di sicuro l'ambiente dei dirigenti dell'Artigianato del Nizzardo non era - e non è - dei più progressisti.

Si potevano - se di ritorno dalla capitale - incontrare al bar dell'aeroporto di Fiumicino il deputato di Imperia ed il senatore della zona, leghisti, eletti nella tornata del 1994: esempi di uomini politici scomparsi da tempo dalla scena.

Adriano Maini

domenica 12 maggio 2024

Partire da Sanremo per degustare a Ventimiglia baguette farcite con acciughe e cipollotti

Ventimiglia (IM): la zona Borgo

Sul finire degli anni '40 in un rinomato bar del centro di Ventimiglia molti clienti pretendevano di bere il caffé solo se fatto dal cameriere più giovane.

In quegli anni si diffondevano in tutta la zona alcune contaminazioni tra cucina locale ed altre regionali, tutte usanze all'insegna del necessitato risparmio: singolare il fatto che nelle arbanelle di pomodori secchi sott'olio venissero sempre più spesso aggiunti aglio e basilico.

A Bordighera era ancora su piazza una caratteristica venditrice ambulante di farinata, ancora oggi ricordata con tanta nostalgia.

Ad un altro esercizio di Ventimiglia al primo quarto degli anni '50 affluivano anche da Sanremo gruppi di giovanotti della piccola borghesia per degustare baguette - rigorosamente acquistate in giornata dal titolare a Mentone - farcite con acciughe e cipollotti nostrani ed intrise di burro ed aceto.

E diversi erano i siti per quelle che si potrebbero definire "merende fuori porta", in genere ubicati in campagna o in collina.

Sempre sul piano della memoria, si rincorrono e si accavallono tuttora le voci sulle migliori "pisciadele" della città di confine, tutte realizzate - altri tempi! - in condizioni di igiene che lasciavano molto a desiderare.

I locali in linea con la decenza gareggiavano giocoforza per attirare i ghiottoni non con la singola specialità, ma con l'offerta complessiva di prodotti da forno: l'eccellenza di uno di questi viene tramandata di generazione in generazione.

Un'insidia era, tuttavia, in agguato, perché, soprattutto a Bordighera, i piccoli forni annessi alle panetterie offrivano la possibilità di cottura a buon prezzo a frotte di massaie dalle mani d'oro, per un tripudio di verdure ripiene, di torte verdi e di dolci.

Ancora nei primi anni Sessanta per tante persone, non solo immigrate di recente, che non si potevano permettere che molto raramente di comprarli, le ricette concernenti le castagnole di Ventimiglia e i biscottelli di Bordighera - per non dire di altre prelibatezze del posto! - apparivano, invero, misteri esoterici, così come è ancora alla data odierna per le "bane" di Camporosso.

Indimenticabili, inoltre, le limonate fatte rigorosamente "con olio di gomito" in uno (oggi allocato un po' più a sud) dei due storici bar della zona Borgo - ponte sul fiume Roia a Ventimiglia.

Al fianco di ristoranti prestigiosi, meta di personaggi famosi, erano ancora diffuse, soprattutto nell'entroterra, locande e trattorie dai piatti caratteristici - coniglio, capra e fagioli, ecc - ma con l'apertura del primo esercizio che vendeva pizza al taglio (si potrebbe, tuttavia, pure scegliere un altro esempio) - forse si può intravvedere simbolicamente un deciso cambio di assetto strutturale, quale si prolunga in età contemporanea, non solo connotato di raffinatezze o di novità, d'ambiente e di portate, o di veloce consumo, ma anche di diffusione di manuali di cucina dalla più o meno facile consultazione, di negozi di gastronomia varia e di altro ancora.

Adriano Maini

lunedì 6 maggio 2024

Reganta


Dove sorge in Lungomare Varaldo - incrocio con Via alla Spiaggia - zona Nervia di Ventimiglia un pubblico esercizio, c'era più o meno dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso una piccola costruzione quasi tutta in legno adibita a bar, meta d'estate di tanti bagnanti - compresi ragazzi del luogo -, ancora ricordata per il pane rustico farcito di pomodoro ed altri sapori (pan bagnau, puntualizzerebbe qualche pignolo; qualche altro tipo meticoloso sottolineerebbe la non grande igiene praticata, ma verrebbe subito zittito per la delizia di quelle merende).
Risuonano ancora da quel sito storie, alcune tremende, di pescatori contrabbandieri. 


Davanti c'era uno stretto sterrato - spesso chiuso a ponente con catene sì da renderlo in pratica un semplice accesso pedonale - che sbatteva un po' più in là contro campagne e spiagge sassose dove si disperdeva ben prima di incrociare il torrente eponimo della regione.
Il fatto è che in tanti racconti quel ritrovo viene definito come baracca. Ma Baracca e Baracchetta sono termini spesso usati in senso quasi orgoglioso, tanto è vero che si sono anche visti locali - alcuni in muratura - con quel nome.


Su di un altro Lungomare, quello Argentina di Bordighera, si registrava una situazione quasi analoga, con una piccola capanna, poco più di una bancarella da mercante ambulante, miniera nella stagione balneare di mitici ghiaccioli per tante ragazzine e per tanti ragazzini. La denominazione era Caminito dato che il proprietario, un tipo mingherlino tutto nervi, grande attivista del partito comunista, amava esibirsi - per la legge del contrappasso! - in prodezze canore, soprattutto con la gran bella canzone tangüera resa immortale da Carlos Gardel. Non molto lontano, a Nervia di Ventimiglia, più o meno per gli stessi motivi un musicista amatoriale era stato ribattezzato Rosamunda. Si usava così, allora.   



Tornando agli episodi di Bordighera occorre precisare che anche da quelle parti c'era uno sterrato, ancora più martoriato di quello di Ventimiglia, ma che iniziava almeno ad un centinaio di metri di distanza, in direzione ponente, verso il torrente Borghetto, in quel punto non ancora valicato da un ponte pedonale. E che si presenta in termini sostitutivi una sorta di casetta araba, adorna qua e là di piastrelle azzurre, sede sino a poco addietro di un ristorante dall'insegna singolare, più di recente un ritrovo musicale. Oggi è diventato invero un bistrò. Ma una volta lì sorgeva la baracchetta del mitico Caminito, già da me citato!


Ma Caminito è tornato in mente ripensando ad un buffo equivoco avvenuto proprio là davanti. Una ragazza in monopattino si fermava per consentire una fotografia, ma il fotografo aveva atteso, invece, di poter riprendere la brava sportiva in azione. Indugi del momento e scatti ritrovati in archivio - come si è già qui raccontato  - hanno fatto il resto.


Non si può parlare di stabilimenti balneari situati sul litorale da Bordighera al confine con la Francia, perché sono sin troppi, ma di alcuni casi della vita riguardanti strutture similari forse sì.  



Mitica, ad esempio, la costruzione di una casetta - ritenuta abusiva! - su di un terreno del principe di Monaco - si è ormai vicini alla frontiera! - affacciato su di una spiaggia invasa in permanenza da alghe trascinate dalle onde: una vicenda approdata anche sugli schermi televisivi nazionali. Poco lontano, dove la costa improvvisamente si alza quasi a picco, rimase a lungo incagliato a prua in su il relitto arrugginito di una piccola nave dallo scafo dipinto di rosso.


Poco a ponente della Frazione Latte di Ventimiglia, vicino a Punta di Begliamino, una serie di baracche, nel tempo dotate di molti elementi di conforto così da apparire se non villette in miniatura almeno appropriati bungalow, ebbero l'iniziale funzione di ricoveri per barche di pescatori dilettanti. Si aggiravano laggiù persone già menzionate su altro blog, alle quali nell'occasione va aggiunto uno dei proprietari, valente pescatore, Reganta (rema!), così a volte, dal suo tipico intercalare, chiamato dagli interlocutori più stretti, un uomo che apriva il suo magazzino di Mortola a memorabili cene dove si comsumavano in abbondondanza le sue bottiglie di vino, in un libro, tuttavia, segnalato fugacemente con il vero soprannome dialettale da Arturo Viale, che se lo ricorda solo perché fornitore della vecchia locanda di famiglia.  


Un imprenditore edile di Sanremo si vantava poco più di un decennio fa di poter godere tramite amicizie di belle giornate al mare usufruendo di una delle diverse casette - anche in questo caso all'inizio si parlava di pescatori! - situate poco prima del dirupo dove stava appoggiato l'ascensore, scomparso, dei Balzi Rossi.

Ed in alcune località della zona molti bungalow nelle stagioni morte a tutti gli effetti venivano affittati - probabilmente lo sono tuttora! - come pied-à-terre.

Adriano Maini