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sabato 25 maggio 2024

Quando si passava la sabbia nel fiume

Ventimiglia (IM): il ponte della ferrovia sul fiume Roia a settembre 1955

Di tutti i personaggi che affollano i racconti che i suoi due anziani amici hanno fatto ad Arturo Viale di Ventimiglia (IM) in ViteParallele (ed. in pr., 2009), c’è n’è uno il cui funerale, avvenuto nella città di confine quando era ancora relativamente giovane, vale a dire nei primi anni Cinquanta, fu invero molto partecipato. Quell’uomo, insieme ad uno degli affabulatori di cui sopra - ideatore dell’azione che segue -, ed a un terzo amico, era arrivato da questa zona di confine sino a St. Raphael in un gozzo spinto dai tre a remi il 10 settembre 1944 per consegnarsi agli americani della flotta alla fonda da quelle parti per portare informazioni importanti sotto il profilo bellico: un rapporto della marina da guerra statunitense (U.S. Atlantic Fleet, Task Force 86 Operations and Action of the Support Force Eighth’ Fleet During Invasion Of Southern France) conferma l'episodio "Il 10 settembre tre patrioti italiani arrivarono dall'area di Ventimiglia a 0645A... Più tardi nostre navi spararono, con il supporto di aerei da ricognizione, su alcuni obiettivi indicati da questi patrioti italiani".

Lasciò un figlio, quell’ardito che era morto troppo presto, un figlio che abitava con la nonna paterna in Via Giudici a Ventimiglia, di fronte alla Piazzetta delle Erbe.

Un figlio che fu a sua volta un baldo giovanotto, che ammaliava il vicinato quando tornava in licenza dal servizio miltare con la sua bella divisa da marinaio. Una volta congedato, aveva cercato un lavoro, e non avendo trovato di meglio, si era messo come tanti a “passare” nel fiume Roia la sabbia. Con reti metalliche, in genere, di vecchi letti ormai in disuso, messe un po’ dritte, in posizione trasversale, con il sostegno di un qualche bastone, di modo che da una parte cadessero i sassi ed altre scorie, e, dall’altra, quella giusta, fine rena molto utile per un’edilizia già in crescita. E quanta fatica in quegli anni per quegli spalatori, che di sicuro erano costretti a lavorare in modo illegale!

In città, a monte e a valle dei due ponti (e della passerella) sul fiume, erano ancora le lavandaie, per conto terzi o per conto proprio, che utilizzavano quelle acque correnti: figure in genere pittoresche. A volte, in dimensione casalinga, si procedeva anche all’immersione della lana dei materassi…

Un giorno, però, l’ex marinaio di leva si procurò, agendo, come tutti quei “manovali”,  a piedi nudi, un profondo taglio ad un piede con un vetro rotto purtroppo sfuggito alla sua attenzione: gli toccò, allora, giacere abbastanza a lungo fermo con vistosa fasciatura nel lettino all’ingresso della modesta abitazione che condivideva con l’affannata ava.

Il nostro aveva, poi, come zio, fratello del defunto padre, chi si era trovato una bella scusa per scansare il premilitare fascista d’anteguerra: giovane pescatore, uno di quelli che aiutava gli ebrei stranieri, dannati dal regime con le leggi razziali, a fuggire in barca dall’Italia verso la Francia nella tormentata stagione 1938-’39 [in proposito, di Paolo Veziano, Ombre al confine. L’espatrio clandestino degli Ebrei dalla Riviera dei Fiori alla Costa Azzurra 1938-1940, ed. Fusta, 2014], in futuro valente floricoltore, che si presentava al premilitare fascista a piedi nudi, sostenendo che in casa non si avevano soldi per comprargli le scarpe: al che il capomanipolo o centurione, il brutto ceffo in camicia nera, insomma, che dirigeva la situazione, lo mandava via, con tacita soddisfazione del nostro personaggio, che di tutta evidenza aveva ottenuto, almeno una volta, il suo scopo.

Adriano Maini

sabato 18 maggio 2024

Rosso, bianco e...

Sanremo (IM): la ormai dismessa vecchia stazione ferroviaria

A metà anni Cinquanta per i conduttori della linea ferroviaria Ventimiglia-Genova era normale scambiare qualche parola quando verificavano i documenti permanenti di viaggio di deputati e di senatori, tutte persone affabili, tutte vestite modestamente: era particolarmente cordiale un parlamentare democristiano di Savona che talvolta indossava un abito che presentava il rammendo di qualche strappo.

Sempre in quel torno di tempo - ma ancora dopo -, era illegare distribuire volantini politici sui treni. Ma non solo in tali casi. Ancor più si affrontavano i rischi di sanzioni se tali operazioni le facevano italiani in territorio francese. Capitava a militanti comunisti della zona di Ventimiglia (come di altre zone di frontiera, specie quelle con la Svizzera) correre di tali alee in occasione del rientro in patria (quella vera! quella del cuore e degli affetti umani!) su strada ferrata di migliaia e migliaia di connazionali emigrati per le elezioni politiche, che, invero, usufruivano degli sconti - riduzione a metà - sui prezzi dei biglietti, ma indubbiamente affrontavano spese non indifferenti - ancorché motivate anche dalle visite ai loro cari rimasti nel Paese e/o ai loro luoghi - per i magri bilanci familiari dell'epoca. Ad attendere i citati attivisti "rossi" alla stazione di Sanremo in tante occasioni era Libero Alborno, il Libero de "La curva del Latte" di Nico Orengo, che, quale personaggio reale, probabilmente sapeva di essere schedato dalla CIA perché organizzatore di attraversamenti clandestini oltre confine di repubblicani spagnoli e di altri profughi politici, come già prima, insieme a Luigi Lorenzi, detto "Luigiò", di quelli di ebrei, stranieri e non, in fuga per le leggi razziali di Mussolini. Ma di Libero manca tuttora una storia per così dire ufficiale, dalla sua attività - già avviata dal padre - di ibridazione di rose alla sua presenza nel primo e nel terzo - l'ultimo - CLN di Ventimiglia e tanto altro ancora, mentre nella tradizione popolare il ricordo che si tramanda di lui è quello di generoso benefattore.

I giovani della Federazione Giovanile Comunista di Roma attorniavano attenti - in quella primavera del 1971, all'indomani di quella imprevista, straordinaria e storica nevicata, in quel giardino della scuola di Partito delle Frattocchie - un sorridente Angelo Oliva con l'eterna sigaretta Gitanes Maïs in bocca.

Il funzionario comunista imperiese - alla svolta degli anni Ottanta - sosteneva con il suo accompagnatore che il deputato comunista di Nizza, già segretario di quella Federazione, gli ricordava molto un bandito corso.

Ai tempi dello scandalo sessuale di Gary Hart - del quale ancor oggi si scrive che senza le citate attenzioni mediatiche sulla sua vita privata avrebbe tranquillamente vinto nel 1988 le elezioni a Presidente degli Stati Uniti - il futuro deputato, poi senatore, democristiano, professore universitario, affermava bonariamente in amabile conversare per una via della cittadina intemelia che in Italia Hart non solo avrebbe potuto candidarsi, ma avrebbe anche riscosso un grande successo.

Il funzionario della Chambre de Métiers et de l'Artisanat delle Alpi Marittime teneva nel suo ufficio di Saint Laurent du Var un vecchio calendario de "Le Patriote", periodico dei comunisti locali, tuttora edito online. Il visitatore italiano lo riconobbe come tale, ma il collega francese fece mostra di non avere inteso. Mesi dopo quel documento non appariva già più. Di sicuro l'ambiente dei dirigenti dell'Artigianato del Nizzardo non era - e non è - dei più progressisti.

Si potevano - se di ritorno dalla capitale - incontrare al bar dell'aeroporto di Fiumicino il deputato di Imperia ed il senatore della zona, leghisti, eletti nella tornata del 1994: esempi di uomini politici scomparsi da tempo dalla scena.

Adriano Maini

domenica 12 maggio 2024

Partire da Sanremo per degustare a Ventimiglia baguette farcite con acciughe e cipollotti

Ventimiglia (IM): la zona Borgo

Sul finire degli anni '40 in un rinomato bar del centro di Ventimiglia molti clienti pretendevano di bere il caffé solo se fatto dal cameriere più giovane.

In quegli anni si diffondevano in tutta la zona alcune contaminazioni tra cucina locale ed altre regionali, tutte usanze all'insegna del necessitato risparmio: singolare il fatto che nelle arbanelle di pomodori secchi sott'olio venissero sempre più spesso aggiunti aglio e basilico.

A Bordighera era ancora su piazza una caratteristica venditrice ambulante di farinata, ancora oggi ricordata con tanta nostalgia.

Ad un altro esercizio di Ventimiglia al primo quarto degli anni '50 affluivano anche da Sanremo gruppi di giovanotti della piccola borghesia per degustare baguette - rigorosamente acquistate in giornata dal titolare a Mentone - farcite con acciughe e cipollotti nostrani ed intrise di burro ed aceto.

E diversi erano i siti per quelle che si potrebbero definire "merende fuori porta", in genere ubicati in campagna o in collina.

Sempre sul piano della memoria, si rincorrono e si accavallono tuttora le voci sulle migliori "pisciadele" della città di confine, tutte realizzate - altri tempi! - in condizioni di igiene che lasciavano molto a desiderare.

I locali in linea con la decenza gareggiavano giocoforza per attirare i ghiottoni non con la singola specialità, ma con l'offerta complessiva di prodotti da forno: l'eccellenza di uno di questi viene tramandata di generazione in generazione.

Un'insidia era, tuttavia, in agguato, perché, soprattutto a Bordighera, i piccoli forni annessi alle panetterie offrivano la possibilità di cottura a buon prezzo a frotte di massaie dalle mani d'oro, per un tripudio di verdure ripiene, di torte verdi e di dolci.

Ancora nei primi anni Sessanta per tante persone, non solo immigrate di recente, che non si potevano permettere che molto raramente di comprarli, le ricette concernenti le castagnole di Ventimiglia e i biscottelli di Bordighera - per non dire di altre prelibatezze del posto! - apparivano, invero, misteri esoterici, così come è ancora alla data odierna per le "bane" di Camporosso.

Indimenticabili, inoltre, le limonate fatte rigorosamente "con olio di gomito" in uno (oggi allocato un po' più a sud) dei due storici bar della zona Borgo - ponte sul fiume Roia a Ventimiglia.

Al fianco di ristoranti prestigiosi, meta di personaggi famosi, erano ancora diffuse, soprattutto nell'entroterra, locande e trattorie dai piatti caratteristici - coniglio, capra e fagioli, ecc - ma con l'apertura del primo esercizio che vendeva pizza al taglio (si potrebbe, tuttavia, pure scegliere un altro esempio) - forse si può intravvedere simbolicamente un deciso cambio di assetto strutturale, quale si prolunga in età contemporanea, non solo connotato di raffinatezze o di novità, d'ambiente e di portate, o di veloce consumo, ma anche di diffusione di manuali di cucina dalla più o meno facile consultazione, di negozi di gastronomia varia e di altro ancora.

Adriano Maini

lunedì 6 maggio 2024

Reganta


Dove sorge in Lungomare Varaldo - incrocio con Via alla Spiaggia - zona Nervia di Ventimiglia un pubblico esercizio, c'era più o meno dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso una piccola costruzione quasi tutta in legno adibita a bar, meta d'estate di tanti bagnanti - compresi ragazzi del luogo -, ancora ricordata per il pane rustico farcito di pomodoro ed altri sapori (pan bagnau, puntualizzerebbe qualche pignolo; qualche altro tipo meticoloso sottolineerebbe la non grande igiene praticata, ma verrebbe subito zittito per la delizia di quelle merende).
Risuonano ancora da quel sito storie, alcune tremende, di pescatori contrabbandieri. 


Davanti c'era uno stretto sterrato - spesso chiuso a ponente con catene sì da renderlo in pratica un semplice accesso pedonale - che sbatteva un po' più in là contro campagne e spiagge sassose dove si disperdeva ben prima di incrociare il torrente eponimo della regione.
Il fatto è che in tanti racconti quel ritrovo viene definito come baracca. Ma Baracca e Baracchetta sono termini spesso usati in senso quasi orgoglioso, tanto è vero che si sono anche visti locali - alcuni in muratura - con quel nome.


Su di un altro Lungomare, quello Argentina di Bordighera, si registrava una situazione quasi analoga, con una piccola capanna, poco più di una bancarella da mercante ambulante, miniera nella stagione balneare di mitici ghiaccioli per tante ragazzine e per tanti ragazzini. La denominazione era Caminito dato che il proprietario, un tipo mingherlino tutto nervi, grande attivista del partito comunista, amava esibirsi - per la legge del contrappasso! - in prodezze canore, soprattutto con la gran bella canzone tangüera resa immortale da Carlos Gardel. Non molto lontano, a Nervia di Ventimiglia, più o meno per gli stessi motivi un musicista amatoriale era stato ribattezzato Rosamunda. Si usava così, allora.   



Tornando agli episodi di Bordighera occorre precisare che anche da quelle parti c'era uno sterrato, ancora più martoriato di quello di Ventimiglia, ma che iniziava almeno ad un centinaio di metri di distanza, in direzione ponente, verso il torrente Borghetto, in quel punto non ancora valicato da un ponte pedonale. E che si presenta in termini sostitutivi una sorta di casetta araba, adorna qua e là di piastrelle azzurre, sede sino a poco addietro di un ristorante dall'insegna singolare, allo stato attuale più un ritrovo musicale. 


Ma Caminito è tornato in mente ripensando ad un buffo equivoco avvenuto proprio là davanti. Una ragazza in monopattino si fermava per consentire una fotografia, ma il fotografo aveva atteso, invece, di poter riprendere la brava sportiva in azione. Indugi del momento e scatti ritrovati in archivio - come si è già qui raccontato  - hanno fatto il resto.


Non si può parlare di stabilimenti balneari situati sul litorale da Bordighera al confine con la Francia, perché sono sin troppi, ma di alcuni casi della vita riguardanti strutture similari forse sì.  



Mitica, ad esempio, la costruzione di una casetta - ritenuta abusiva! - su di un terreno del principe di Monaco - si è ormai vicini alla frontiera! - affacciato su di una spiaggia invasa in permanenza da alghe trascinate dalle onde: una vicenda approdata anche sugli schermi televisivi nazionali. Poco lontano, dove la costa improvvisamente si alza quasi a picco, rimase a lungo incagliato a prua in su il relitto arrugginito di una piccola nave dallo scafo dipinto di rosso.


Poco a ponente della Frazione Latte di Ventimiglia, vicino a Punta di Begliamino, una serie di baracche, nel tempo dotate di molti elementi di conforto così da apparire se non villette in miniatura almeno appropriati bungalow, ebbero l'iniziale funzione di ricoveri per barche di pescatori dilettanti. Si aggiravano laggiù persone già menzionate su altro blog, alle quali nell'occasione va aggiunto uno dei proprietari, valente pescatore, Reganta (rema!), così a volte, dal suo tipico intercalare, chiamato dagli interlocutori più stretti, un uomo che apriva il suo magazzino di Mortola a memorabili cene dove si comsumavano in abbondondanza le sue bottiglie di vino, in un libro, tuttavia, segnalato fugacemente con il vero soprannome dialettale da Arturo Viale, che se lo ricorda solo perché fornitore della vecchia locanda di famiglia.  


Un imprenditore edile di Sanremo si vantava poco più di un decennio fa di poter godere tramite amicizie di belle giornate al mare usufruendo di una delle diverse casette - anche in questo caso all'inizio si parlava di pescatori! - situate poco prima del dirupo dove stava appoggiato l'ascensore, scomparso, dei Balzi Rossi.

Ed in alcune località della zona molti bungalow nelle stagioni morte a tutti gli effetti venivano affittati - probabilmente lo sono tuttora! - come pied-à-terre.

Adriano Maini

lunedì 29 aprile 2024

Simulare con una mano la presenza di una pistola

Soldano (IM): una vista su Perinaldo

"Verso le ore 18 del 20 andante, in regione collinosa nei pressi di Camporosso, un agricoltore del luogo, notava la discesa di un piccolo pallone di gomma colore marrone, attaccato ad un paracadute di tela bianca. Individuato il posto della caduta, rinveniva, impigliato su di una pianta di olivo, il pallone predetto, constatando che a questo era attaccato un piccolo apparecchio costituente parte di radio trasmittente, contenuto in una scatola di celluloide trasparente di circa 17 centimetri di lunghezza, dieci di larghezza e cinque di spessore. La scatola porta impresso su una targhetta di alluminio il numero 37955 e la sigla R.S.7.H. I militi del Distaccamento di Ventimiglia provvedevano per le indagini del caso..." così recita una specifica comunicazione fatta nell'ambito della sua relazione settimanale dal questore di Imperia il 22 maggio 1944 al capo della polizia della Repubblica di Salò. Qualche storico locale insinua oggi che si sia trattato di millantato credito da parte del gerarchetto fascista locale per acquisire meriti agli occhi dei superiori a fronte dei pericoli corsi. Di sicuro all'epoca nel ponente ligure erano ben al di là da venire gli aviolanci destinati ai patrioti, mentre in linea teorica risulta compatibile ogni ipotesi di errore tecnico relativa a qualche missione destinata, invece, al Piemonte.

Racconta Sergio Marcenaro, all’epoca giovane (classe 1931) staffetta partigiana della SAP di Vallecrosia e fratello di Pietro Girò Gerolamo, importante protagonista del distaccamento Gruppo Sbarchi Vallecrosia, che nella zona tra Soldano, Perinaldo e Baiardo imperversava nella prima metà del 1944 anche un bandito, forse subito non riconosciuto come tale dai comandi garibaldini; e che in una certa occasione suo fratello si liberò delle pessime intenzioni di quel figuro, nel quale si era imbattuto quando era solo e disarmato, con l’abile stratagemma di simulare con una mano la presenza di una pistola in una tasca dei pantaloni.

Il recente libro di Giorgio Caudano (con Paolo Veziano, Dietro le linee nemiche. La guerra delle spie al confine italo-francese 1944-1945, Regione Liguria - Consiglio Regionale, IsrecIm, Fusta editore, 2024) affronta aspetti inediti, richiamati con chiarezza dal titolo di questo lavoro: si tratta anche di un'ulteriore occasione per ricordare, dopo decenni di oblio, la coraggiosa figura del capitano Gino Punzi, al quale il colpo di grazia venne dato su ordine di un graduato dei servizi segreti della Marina tedesca.

Irene Brin - nel ricordo dell'allora bambina - scendeva bella, elegante ed altera. Si accompagnava alla zia della testimone, altrettanto dotata di fascino, nel vialetto della casa dei nonni, dalle parti della curva del Giro d'Argento di Bordighera: il secondo conflitto mondiale era appena terminato, la vita - soprattutto quella brillante - riprendeva, gli ufficiali alleati a quel ricevimento intendevano divertirsi. 

In quei giorni, e nelle stesse località, si trascinava stanca per spirito di servizio, forse perché glielo l'aveva chiesto l'amico Beppe Porcheddu, Lina Meiffret, a fare da segretaria a Garigue, governatore britannico della zona. L'eroica patriota, già seviziata dai nazifascisti e scampata quasi per miracolo alla prigionia in Germania, di sicuro ancora sconvolta per la morte del fidanzato Renato Brunati, suo sodale di lotta, fucilato come ostaggio al Turchino, non immaginava che subito sarebbe stata investita da qualche polemica, proprio fatta da altri uomini della Resistenza.
 
Adriano Maini

mercoledì 17 aprile 2024

Collasgarba, semplicemente





Circa sessant'anni fa gli scorci di panorama ripresi dalla collina di Collasgarba - e gli stessi aspetti particolari della zona - apparivano come in alcune fotografie qui pubblicate.


Collasgarba è una collina che sovrasta Nervia, la zona orientale di Ventimiglia (IM) e la foce dell'omonimo torrente, il quale traccia il confine con Camporosso, il cui territorio, del resto, cinge alla spalle la richiamata altura.





A scorrere la storia ci si imbatterebbe in tante vicende.


Sarà sufficiente sottolineare che Collasgarba domina un antico insediamento dei Liguri, poi città - Albintimilium - nella classica età romana ed una postazione militare medievale.

La zona Nervia di Ventimiglia, Camporosso Mare e Vallecrosia, fotografate dalla collina di Collasgarba qualche giorno dopo il bombardamento del 10 dicembre 1943 - Fonte: Silvana Maccario


La collina fu attonita spettatrice dei bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale: il più tragico fu quello del 10 dicembre 1943, che fece 67 vittime.



In quel periodo in posizione molto arretrata lassù c'era anche una postazione tedesca, talora affiancati da bersaglieri repubblichini, i quali in gran parte, tuttavia, agirono clandestinamente per la Resistenza.


Subì per l'evento bellico citato notevoli danni - le immagini ne sono perfetta testimonianza a circa vent'anni di distanza - l'azienda Vivai Corte di Collasgarba, una bella azienda agricola, che pubblicava anche una pregiata rivista tecnica di settore, un'esperienza che andrebbe rivisitata e tramandata in modo adeguato, il che oggi non è.




La riproduzione delle fotografie datate anni Sessanta è stata gentilmente concessa da Diego Pannoni.

Adriano Maini

martedì 9 aprile 2024

Miliu

Fonte: www.soudan.it

A Soldano, in Val Verbone, immediato retroterra dell'estremo ponente ligure, era soprannominato Miliu. Non ricordo se lo appellavano con lo stesso esatto termine - non ho molto orecchio per il dialetto: forse cambia una vocale! - anche a Perinaldo (IM), a pochi chilometri alle spalle di Soldano, dove era nato nel 1912 e dove morì nel 1986.
Parlo di Emilio Croesi, contrassegnato con il numero "2" nella soprastante fotografia, che lo ritrae a Soldano, Soudan in dialetto, per l'appunto.



Più ci penso e più mi viene in mente che ci sarebbe tanto da scrivere di questo personaggio.
In questa occasione io mi limiterò ad un breve, molto soggettivo e parziale, ritratto.
Cercavo sul Web immagini e documentazione relative alla vita pubblica di Croesi. Ho trovato soprattutto altro.
Emilio Croesi, infatti, è stato sindaco comunista di Perinaldo per oltre quarant'anni, in pratica dalla Liberazione sino al suo decesso.
 
Fonte: vivino.com
Il giorno in cui l'ho personalmente conosciuto era già stato, se non sbaglio, preventivamente organizzato il mio invito a pranzo a casa sua. Gli feci subito, forte di una certa mia passione contratta già da bambino, una domanda relativa ad una fotografia, incorniciata nell'ingresso, che lo ritraeva giovane ciclista. La sua risposta fu che aveva fatto all'epoca qualche gara in Costa Azzurra. E questa sua esperienza spiega la sua presenza a Soldano in occasione del cimento di cui alla fotografia di partenza di questo articolo. Io ho pensato a lungo ad una sua attività da dilettante. Prima del secondo conflitto mondiale. Era stato qualcosa di più: un vero vanto, per una zona piccola come la nostra, per giunta di frontiera.
L'ho saputo dopo, molto dopo. Al pari di altre sue attività e caratteristiche.

Ripeto, tuttavia, che, in questa occasione, reputo meglio tentare un mero abbozzo della figura di Emilio Croesi.
Se mi reggono ispirazione, memoria e capacità di ricerca, cercherò di aggiungere qualcosa con trafiletti successivi a questo.

Qualche anno fa, non fidandomi di quanto rammentassi, mi feci confermare in paese che Miliu aveva introdotto abbastanza presto l'utilizzo, evidenziatomi di recente proprio da altri vecchi ospiti di Perinaldo, di una sirena del Municipio per annunciare il mezzogiorno a chi lavorava nei campi: una risposta... laica alle campane della Chiesa.

Sentii altri aneddoti.

Uno in particolare mi é rimasto ben impresso. Forse era una visita a sorpresa, ma una volta Miliu fece attendere senza tanti riguardi Mario Soldati e Luigi "Gino" Veronelli, che avevano sentito parlare del suo vino: il Rossese, da tempo Rossese di Dolceacqua, dal 1972 a Denominazione di Origine Controllata. Un vino di qualità, insomma. Quello di Croesi, ancora di più, come cercherò di attestare tra breve. Quella volta Emilio era impegnato a travasare il suo pregevole prodotto, facendolo passare attraverso una semplice, ma efficace attrezzatura, nella quale il filtraggio era assicurato dalla saggina. I due personaggi davanti a quell'operazione rimasero incantati. Iniziò una loro feconda collaborazione e frequentazione con Croesi. Ed io colpevolmente non conoscevo - o avevo largamente scortato -  questi risvolti, pensando che Emilio, come quasi tutti, ancora alla svolta degli anni 1980, a Perinaldo, coltivasse fiori, rose soprattutto.
 
Non mi rimane che aggiungere qualche citazione, da me di recente rinvenuta, sulla qualità del Rossese di Emilio Croesi:

Siamo dalla parte di Soldano, dalla parte di Perinaldo, non da quella di Dolceacqua, siamo dalla parte dove Gino Veronelli individuò la Romanèe Conti Italiana, quella piccola vigna di Rossese che negli anni 70-80 raggiunse fama internazionale per le riuscitissime vinificazioni confidenziali  del vulcanico sindaco di Perinaldo, Emilio Croesi. Durante un intervista in video di qualche anno fa, Gino Veronelli tirò in piedi una bottiglia di vino rosso e la definì: “uno dei più grandi vini della mia vita” e ancora “vino nato da una parcella di vigna che è la Romanèe Italiana... Leggo altrove una definizione: “Il colore è rubino carico con netti sentori di selvatico, spezie e frutti di macchia mediterranea. Il corpo è pieno con sensazioni aromatiche prolungate. E vino di impensabile longevità... Si tratta del Rossese Vigneto Curli 1978 di Emilio Croesi, leggendario sindaco di Perinaldo. Non so il 1978, ancora esistente in cantine private degli eredi Croesi, ma il 1982 l’ho provato un paio di volte, la seconda da lacrime.
Guardiano del Faro, ottobre 2008, su Luciano Pignataro

Doc primaria per la Liguria, dal 1972, ebbe notorietà e rilievo grazie alla lungimiranza di Gino Veronelli, che si innamorò di questo vino negli anni 70, e nel dettaglio , della micro produzione di Emilio Croesi da Perinaldo, mitico sindaco per quarantenni del comune che diede i natali all’astronomo Cassini, che riuscì a produrre un vino talmente convincente da forzare il sentimento di Veronelli, fino a paragoni lusinghieri con le produzioni più nobili di Borgogna... Paragone che ho avuto modo di verificare quest’anno, ritrovando quei vini di Croesi, e bevendoli con enorme piacere. La longevità del Rossese, per alcuni un vinello da bere giovane, è un ulteriore aspetto su cui ragionare, in rapporto alle recenti degustazioni di vini prodotti negli anni 70-80. Ma difficili da replicare proprio per l’esiguità delle bottiglie prodotte, e spesso consumate giornalmente in loco, in famiglia o per la ristorazione. I lotti di vini di qualità, ricavati dalle migliori annate, sono pressoché confidenziali. Quantità irrisorie, che possono far la felicità di qualche attento conoscitore, che con pazienza e umiltà, si recasse in zona alla ricerca di un vino affascinante , che non è neppure costoso.
ancora Guardiano del Faro, 10 dicembre 2008, su Sorgente del Vino
 
Il ricordo che alimento con più devozione è stato un invito a pranzo a Bergamo, a casa sua, nel 1997. In quell’occasione Veronelli stappò generosamente una bottiglia di Rossese di Dolceacqua vigneto Curli 1978 di Emilio Croesi. Un rosso unico, di particolare finezza aromatica e dal tocco al palato soffuso, impalpabile, delicatissimo: un soffio. Un rosso che Veronelli definiva “la Romanée Conti d’Italia” [ Romanée Conti, in Borgogna, è il vino più raro e pregiato del pianeta Terra]. E in effetti la qualità del vino di quella vigna, Curli, è sorprendente... Alterne e avverse vicende hanno portato a un progressivo abbandono del prezioso pezzo di terra, ridotto per molto tempo a una superficie incolta, invasa dalle erbacce. Da qualche anno Giovanna Maccario, ispirata produttrice del posto, ha ripreso pazientemente in mano le sorti dello storico appezzamento. E oggi è per fortuna in grado di riproporne agli appassionati nuove versioni. Nuove e scintillanti, direi: il 2013, da poco in commercio, è buonissimo, mentre il 2014, assaggiato poche settimane fa, è - senza mezzi termini - prodigioso per maturità del frutto, purezza dei profumi, sottigliezza puntiforme dei tannini. Poche bottiglie, purtroppo, che valgono la pena della ricerca.  
di Fabio Rizzari, 17 novembre 2015

Adriano Maini