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martedì 10 giugno 2025

Un comizio stranamente ben riuscito ad Airole

 

Airole (IM): uno scorcio della Piazza antistante la Parrocchia

In quella vigilia di Natale il vescovo di Ventimiglia si affacciava sulla soglia della Cattedrale per intrattenersi brevemente in amabile conversare con il capogruppo comunista in consiglio comunale, che si era accompagnato sin là con i militanti del suo partito, che distribuivano a chi usciva dalla Messa volantini che chiedevano la cessazione dei bombardamenti aerei statunitensi sul Vietnam del Nord.

Il torrente Bevera a Torri

Nel corso della campagna elettorale del 1972 il sindaco democristiano di Ventimiglia si avvicinava, tra lo stupore evidente di molti compaesani, per dare un saluto cordiale, un vero e proprio benvenuto - e proprio a metà del ponticello sul torrente -, al segretario della Federazione Provinciale comunista, che era in procinto di essere eletto deputato e che stava per tenere un comizio in quella piccola frazione di Val Bevera.

Vallecrosia (IM): la Via Aurelia

Sicuramente immaginava cosa sarebbe successo, ma un uomo della sinistra democristiana di Ventimiglia, impegnato nella redazione della pubblicazione di cattolici del dissenso "La Goccia", su questo blog menzionata in precedenza, avutane notizia, non si peritò di accompagnarsi, avendoli invitati, a due giovani comunisti per assistere nel salone di un Istituto religioso di Vallecrosia alla prolusione elettorale di una deputatessa piuttosto conservatrice di Genova, la cui caratteristica aveva suscitato una certa considerazione nel personaggio, tanto è vero che dei due suoi amici il segretario della Sezione comunista di Ventimiglia Centro nel successivo dibattito, che forse senza il suo intervento non ci sarebbe neanche stato, prese a subissare di domande e considerazioni politicamente aggressive la povera signorina. Quest'ultima anni dopo - ironia della storia! - sarebbe approdata ai banchi progressisti del Consiglio Regionale della Liguria.

San Biagio della Cima (IM): uno scorcio

L'onorevole Gino Napolitano, già famoso comandante partigiano, proprio in quel periodo ogni tanto rammentava ai suoi interlocutori gli anni in cui i comizi comunisti nell'entroterra della provincia di Imperia erano praticamente tenuti nel vuoto, tutt'al più con qualche rara persona che orecchiava da dietro le imposte, come gli era capitato in un'occasione a San Biagio della Cima quando doveva parlare insieme alla moglie di Alessandro Natta.

L'idea partì da due ex partigiani del "Gruppo Sbarchi di Vallecrosia", Achille Lamberti (Andrea) e Pietro Marcenaro (Gireu), e venne lanciata in una riunione del direttivo comunista locale di Sezione, ma quando si svolse a gennaio 1973 la Marcia Ventimiglia-Bordighera per la Pace in Vietnam la preparazione e lo svolgimento risultarono ampiamente unitari.
Si è ormai persa la memoria di varie tappe decisionali ed organizzative, ma rimangono fuori dubbio che a guidare (e a metterci) l'automobile per gli annunci tramite altoparlante fu l'esponente già citato della sinistra democristiana e che a tenere l'unico discorso, conclusivo, della manifestazione si volle il Presidente Provinciale A.C.L.I.

In occasione del suo comizio a difesa della legge sul divorzio ad Airole, durante la campagna referendaria del 1974, fu grande lo stupore del giovane funzionario comunista a trovarsi da un momento all'altro la piazza completamente gremita, ma, finito l'intervento, l'arcano gli venne svelato sotto forma di interruzione dello svolgimento di un'importante celebrazione religiosa, che aveva in ogni caso convogliato i partecipanti su quel sito. Mentre parlava, qualche dubbio all'oratore era pur già venuto, perché si sentiva continuamente osservato con sorriso ironico da una sua ex insegnante delle Superiori, donna notoriamente molto devota e non certo di sinistra. Non sapeva due cose all'epoca il nostro: che l'episodio in qualche modo sarebbe stato sottolineato da Lorenzo Rossi nel suo Airole 500 anni. La storia di un paese nella cronaca di cinque secoli (Comune di Airole,  1998) - e questo non poteva certo indovinarlo! - e che la sua professoressa era cugina della laica e molto aperta Lorenza Trucchi, grande figura di critica d'arte e di giornalista.

Pompeiana (IM)

Al reduce di quell'episodio accaduto in Val Roia sarebbe ancora capitato di incontrare un largo pubblico per un'arringa della campagna elettorale del 1976, ma questa volta un po' più lontano dalla zona intemelia, precisamente a Pompeiana: non ebbe, tuttavia, notizie di processioni e fatti similari come veicoli promozionali, né potè fornirsi una spiegazione basata solo sul vento in poppa di quell'anno per il Partito Comunista, perché in tanti altri paeselli le affluenze rimasero modeste.

Adriano Maini

venerdì 6 giugno 2025

Arturo Viale vide l'esordio di Suarez nell'Inter


Milano, stadio di San Siro: un'imprecisata partita dell'Inter, a ridosso degli anni Sessanta

Un pregresso post di questo blog ha suscitato l'interesse di Arturo Viale, che ha segnalato un singolare avvenimento a lui capitato, episodio non ancora riportato nella sua pur notevole mole di pubblicazioni.
Nel 1961 Viale fu spettatore allo stadio di San Siro di Milano dell'unica partita di calcio professionistico che gli sia mai capitato di vedere: una circostanza singolare per questo scrittore del ponente ligure, persona che, come ha sottolineato nei suoi libri, ha compiuto molte esperienze, anche girando mezzo mondo.
Conviene, a questo punto, trascrivere qualche parola dei suoi appunti, accantonati a futura memoria per un nuovo lavoro: "Ad agosto del 1961 eravamo andati una mezza settimana al paese di mamma nella Lomellina. Avevo nove anni. A fine agosto iniziava il campionato di calcio e i cugini avevano deciso di andare a San Siro e vedere la partita della prima giornata Inter-Atalanta [...] Io ricordo che era il debutto di Luis Suarez appena arrivato dal Barcellona dove era stato premiato con il pallone d'oro: tutti indicavano quel biondino che giocava con il numero 10. Erano arrivati insieme Helenio Herrera e Luis Miramontes Suarez perché l'allenatore aveva posto per il suo ingaggio la condizione di avere con sé il giocatore. I due nell'Inter conquistarono tra i molti titoli [...] Racconta Eduardo Galeano che Suarez sapeva che ogni volta che rovesciava il bicchiere del vino sulla tavola si realizzava la magia di segnare uno dei suoi gol".
Messo agli atti che quella gara terminò con la vittoria dell'Inter per 6-0, occorre aggiungere che Arturo, di rimando, è stato informato che qui si potrebbe pubblicare - come in effetti si sta facendo - la fotografia di una vecchia partita dell'Inter e che in almeno in un'occasione negli anni Sessanta Suarez fu visto fare rifornimento per la sua autovettura - si presume di ritorno dalle vacanze estive trascorse in Spagna - in località Nervia di Ventimiglia.
 
Una volta di più non si resiste alla tentazione di effettuare, più che delle integrazioni, delle divagazioni.
 
Milano: l'esterno dello stadio di San Siro domenica 28 febbraio 1960

Per l'incontro Inter-Sampdoria (risultato: 0-0), disputato il 28 febbraio 1960, c'é, invero, uno scatto dell'esterno di San Siro proprio di quel giorno, mentre di altri, che pure inquadrano l'Inter non vi è - per carenza di inventario - la matematica certezza che siano di pari data. In quel match, comunque, solo a fare qualche esempio, - sempre che nella ricerca non si vi siano state delle falle - nella squadra di Genova c'era Skoglund, che aveva già militato nell'Inter, e Mora, luminosa ala destra, la cui carriera incontrò di lì a poco tempo un prematuro brusco arresto, e in quella nerazzurra Corso, il solo che poi Viale ebbe occasione di ammirare rispetto alla formazione di due campionati prima, perché con l'arrivo del nuovo allenatore Helenio Herrera i ranghi dei «bauscia» - come vengono o venivano chiamati dai rivali cittadini milanisti - erano stati più che largamente rinnovati.

Juventus-Milan di domenica 6 novembre 1960

Si va qui, inoltre, a produrre un'immagine relativa a Juventus-Milan (risultato: 3-4) del 6 novembre 1960, perché nelle file della Vecchia Signora quella domenica esordì, guarda caso, proprio il già citato Mora. 


Nel dialogo intercorso Viale è "inciampato" poi in un equivoco sull'identità del gestore (o varie identità dei gestori) delle pompe di benzina di Nervia, il che autorizza all'esibizione di almeno una fotografia in merito.

Puskas, Herrera ed un terzo signore. Foto Moreschi

Poteva poi mancare la copia di un'istantanea con cui il bravo Alfredo Moreschi aveva colto proprio nel 1961 a San Romolo di Sanremo Helenio Herrera (al centro) con Ferenc Puskás (a sinistra), Puskás per diverse classifiche di settore uno tra i dieci migliori calciatori di ogni epoca e che in quel torno di tempo poteva anche essere visto talora allenarsi sul campo del Capo della città delle palme con gli allievi e gli juniores della Giovane Bordighera, ed un terzo signore, di cui non è sicura l'identità?

Adriano Maini

 

lunedì 26 maggio 2025

A Milano!

 

Milano, Stadio di San Siro: partita di calcio Milan-Genoa del 10 gennaio 1965

Ci sono sempre molti stimoli per scrivere qualcosa di Milano.
In particolare, più o meno direttamente, ne procura l'interessante blog curato da Chiara Salvini.
Ma se, come si è già detto su queste colonne, anche una piccola località dal modesto raggio può suscitare diversi spunti di racconto, una città dalla storia millenaria come Milano presenta una mole incredibile di scelte.
Conviene ricordare che in merito esiste una vasta documentazione, soprattutto di carattere monografico.
Eppure, di recente Gianrico Garofiglio, ormai noto scrittore, ha affrontato con fare disinvolto su "la Repubblica" questo tema, concentrandosi, invero, sulla Milano misteriosa e sulla Milano criminale (l'autore, quando era magistrato, affrontò trasferte di lavoro nel capoluogo lombardo), realizzando, in ogni caso, un articolo davvero intrigante. Sul primo punto, per approfondimenti, qui si pensa che i più dettagliati resoconti, compilati nel tempo, siano ormai rinvenibili solo in casa di vecchi meneghini o in talune biblioteche pubbliche; per il secondo, il pensiero corre subito, da un lato a Giorgio Scerbanenco ed ai suoi gialli di ambientazione milanese, dall'altro a talune meditate inchieste giornalistiche.

Su questo blog, invece, si ricercano per lo più aspetti curiosi, se non speciosi, oltrettutto esposti in ordine sparso, come talora imputa un lettore, buon romanziere delle nostre parti.

Alla luce di questo assunto, si possono fare degli esempi su Milano.

Nei primi anni Cinquanta - e un po' prima - quando sulla pista del velodromo Vigorelli erano impegnati famosi ciclisti tanto era l'entusiasmo che i boati della folla si sentivano per tutta la zona Fiera-Sempione ed oltre.

Una citazione da una produzione letteraria di modesta levatura attesta che dalle parti di Corso Venezia in quel periodo c'era anche un servizio a pagamento di automobiline a pedali, per la gioia dei bambini i cui genitori potevano permettersi la relativa spesa. Si intende qui trascurare il soggetto Zoo, non fosse altro che risulta molto scontato.

Una recente notizia di cronaca informava che a Milano un'automobile di lusso, una Ferrari, se si è capito bene, era rimasta incagliata in un certo tratto dei binari destinati ai tram: un pericolo certamente corso da tanti altri autisti non pratici, se foresti, delle arterie viarie della metropoli.

Si può anche fare riferimento a quando, di sicuro nella seconda metà degli anni Cinquanta, ma anche un po' oltre, i ferrovieri del personale viaggiante di Ventimiglia svolgevano servizio sui vecchi "rapidi" sino a Milano. Non era così per i macchinisti che, dati i loro particolari più gravosi impegni, ricevevano i cambi a Genova Principe. E si lascia fuori traccia la partecipazione ad altre trasferte, quali per treni merci e per treni pellegrini, anche più lunghe.
Riprendendo il filo del discorso, viene da aggiungere che a quei capitreno e a quei conduttori rimanevano, prima del ritorno, sempre serale, diverse ore libere. Tra le scelte possibili, c'era quella di passare i pomeriggi in quei cinema popolari dove si poteva usufruire della proiezione di due film di seguito, uno dei quali magari ad un certo dunque abbandonato: in genere non viene tramandato, tuttavia, se anche a Milano, come di sicuro a Genova, ci fossero degli esercizi che offrissero, invece, al pubblico una pellicola ed uno spettacolino di varietà, sempre uno dopo l'altro, a modico prezzo di biglietto.
Lo spazio, come alternativa, per andare allo stadio di calcio c'era di sicuro, ma è più probabile che alcuni colleghi si organizzassero - come in effetti accadde tante volte - per ritrovarsi insieme per assistere ad una partita di Inter o di Milan in una domenica di  riposo.
Per tutti quei lavoratori pranzo e cena erano assicurati dalla mensa del Dopolavoro Ferroviario, una memoria ormai quasi mitica, del resto qui già sottolineata in precedente articoletto.
I ferrovieri in parola talvolta si spostavano con i loro figli ancora piccoli, anche si trattava di una pratica non consentita dal regolamento: ne ha scritto talora con la consueta bravura Maristella Lippolis, che non riporta, però, come trascorresse quelle soste, per le quali altre persone oggi rimandano ai consueti film, a musei, a monumenti, anche a visite a parenti.

Concludendo solo per il momento l'argomento Milano, viene da chiedersi con fare cameratesco e scherzoso come mai Arturo Viale non lo abbia mai diffusamente affrontato nei suoi lavori.

Adriano Maini

domenica 18 maggio 2025

La Battaglia di Fiori attraeva molto i bambini

 

Ventimiglia (IM): il Caffè Ligure


Giusto a metà degli anni Cinquanta nella vetrina di un negozio di Via Repubblica a Ventimiglia, poco dopo o poco prima, a seconda della direzione presa, del mitico e scomparso Caffé Ligure, ma di fronte al tuttora importante Caffè Paris, i bambini, in particolare, ammiravano alcuni criceti correre nell'immancabile ruota a loro destinata.


I bambini si deliziavano, poi, se accontentati nelle loro richieste, con i gelati preparati sul posto in una vera e propria "baracchetta" (questo pure il nome, un vero programma!) allocata poco più a meridione, in uno scomparso slargo esistente di fronte al Municipio.


C'era un'altra gelateria che metteva in imbarazzo i piccoli (non che gli adulti disdegnassero l'articolo!) per golose scelte, se a loro concesse al momento: a piccola distanza in linea d'aria, in obliquo dalla citata modesta sede di esercizio pubblico ed in verticale dalla esibizione dei graziosi animaletti.  


Un situazione fatta quasi a disegnare un virtuale triangolo con al centro il Mercato, all'epoca rigorosamente dei Fiori, oggi Annonario. 
 
 
 

Subito sotto questa virtuale base c'era una terza gelateria, dai prodotti invero deliziosi.
 

Ed il citato Mercato era una struttura che ospitava i balli annuali che coronavano le serate finali - che erano anche quelle delle contestate premiazioni - delle Battaglie di Fiori, danze che ammaliarono, come effigiato nel suo Fofò in Dogana (Edizioni Europa, 1957), Luigi Nicodemi, ispettore di dogana, per l'appunto, il quale, appena trasferito in città con la famiglia, ne erano rimasto subito affascinato per molteplici aspetti.
 


La Battaglia di Fiori attraeva molto i bambini. Che potessero o meno assistere allo svolgimento della manifestazione, era immancabile per molti di loro, appena finita la rassegna o nei primi giorni successivi, vedere i carri - e salirvi sopra - nella piazza della casa comunale e, per i più fortunati, essere fotografati in scatti destinati a divenire anche nostalgici ricordi.
I carri venivano in seguito riportati ai loro capannoni, anche fuori Ventimiglia, e rimanevano ancora, sino all'inizio del deperimento dei garofani, oggetto di attenzioni.
 

Ventimiglia (IM): la zona dell'ex macello pubblico






Gli itinerari per i ritorni alle basi erano i più diversi. Se ne potrebbe seguire, a titolo indicativo, almeno uno. Alcuni carri, passato il ponte sul fiume Roia e costeggiato il Borgo, dominante sulla sinistra il centro storico di Ventimiglia Alta, tirando dritto dalla curva della strada che allora portava solo a Gallardi, Maristi, Bevera e dintorni, rientravano vicino al macello pubblico, poco prima della linea ferrata per la Francia (e per Cuneo, ma ai tempi quest'ultima tratta era ancora inagibile). Un percorso, da chiunque intrapreso, che poteva via via fare imbattere in persone affannate con grossi lingotti di ghiaccio di una ben nota ditta; nell'uscita dalla vicina segheria di tombarelli tirati da cavalli; in corriere di linea e non di partenza o di ritorno al deposito; nella visione in relativa lontananza dei treni francesi dalle sbuffanti locomotive a vapore, più raramente in convogli con locomotori alimentati a diesel.
I capannoni per la costruzione dei carri destinati erano dislocati sul territorio. I nomi delle compagnie di carristi erano in genere fascinosi, talora evocativi dei luoghi: A Mar Parà, I Galli del Villaggio (di Bordighera), A Cricca de Asse, A Valecrosina, U Scciancurelu, I Scassigoti, A Ventemigliusa, Los Amigos, Rascassa Club (di Grimaldi), E Parme, Alegra Cumpagnia (di Vallecrosia), I Malcontenti e così via. E poteva anche a quel dunque capitare che tanti bambini giocassero su carri dai colori ormai sbiaditi, anche scavando gallerie nel muschio delle figure, sfidando impavidi le punture degli spilloni che fissavano i garofani alle reti metalliche delle sagome.



Questi sono dettagli di colore locale, difficili, come tanti altri ancora, da trattare, se non alquanto alla rinfusa, ma appartenenti, come per l'ormai mitica fabbrica del ghiaccio, ad una certa memoria collettiva.

Adriano Maini

martedì 13 maggio 2025

Un mezzogiorno invernale su una panchina del lungomare

 

Bordighera (IM): Lungomare Argentina

"Un mezzogiorno invernale su una panchina del lungomare. Il sole è tiepido e languido come sa esserlo in Riviera nei mesi d'inverno". Questo l'inizio di un nuovo racconto breve di Franco Fiorucci, "Ballando con i ricordi", un piccolo gioiello di atmosfera che sta incontrando appassionata attenzione da parte dei lettori, seguito ideale del suo recente libro "Matti. Quasi matti. Sognatori. E fattucchiere. 21 mila parole per 7 racconti".
Si scambiavano riflessioni profonde, come forse si poteva fare solo un tempo e solo a quell'età, seduti su una panchina di Bordighera della passeggiata a mare due giovani amici. Entrambi destinati ad emigrare, chi per destinazione ignota, chi per Torino. Solo quest'ultimo, sentendone un grande vuoto, avrebbe fermato quei momenti in un libro di ricordi, riservato ad una ristretta cerchia di familiari e di amici: lo avrebbe scritto in età matura da uomo nativo della Bassa Mantovana (come diversi abitanti della città delle palme), cresciuto a Bordighera, dove torna sovente, ma impiantato saldamente nel capoluogo piemontese, dapprima per motivi professionali, per le logiche della vita in seguito al pensionamento.
Arturo Viale ci informa in "Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza" (Edizioni Zem, 2019) che a Bordighera "vicino alla chiesetta di Sant’Ampelio c’è un giardinetto un po' anonimo con tre panchine, qualche albero di Araucaria e un busto dello scrittore Giovanni Ruffini".
Si possono ricordare anche altre panchine, più o meno evocate da brani letterari sul ponente ligure.
La panchina di Costa d'Oneglia dove Elio Lanteri, schietto uomo di Dolceacqua, ormai pensionato e già scrittore, conversava con amici e conoscenti di questa frazione di Imperia. Gli incontri con gli amici di un professore in pensione, grande affabulatore, sulle panchine dei Giardini Pubblici di Ventimiglia, nel racconto "Ti dimenticherò per sempre...." di Gaspare Caramello.
Si può citare la famosa fotografia dove Italo Calvino ed Eugenio Scalfari compaiono su di una panchina di Corso Imperatrice a Sanremo con altri amici, compagni di classe, per sottolineare che con loro in quel Liceo Classico "G.D. Cassini" studiavano, tra altri futuri personaggi di rilievo, Giuseppina Demartini, che avrebbe insegnato nei primi anni Sessanta nelle Medie di Ventimiglia (questo prima di diventare oggetto di aulici sarcasmi da parte di Marco Innocenti), ed Elio Riello, ingegnere, esponente socialista, ma ancor prima patriota antifascista, arrestato e deportato a Mauthausen, mentre, tenendo i contatti con gli aderenti di Giovine Italia, tentava di contribuire alla ricostituzione del CLN di Ventimiglia. Porterebbe, invero, lontano, addentrarsi anche solo per poco nelle tematiche di due lavori di Calvino, il racconto "La Panchina" e la versione teatrale de "La Panchina", ancorché se ne potrebbero cogliere risvolti inediti di preparazione alla luce di vecchie confidenze di sodali dello scrittore, raccolte da Alfredo Moreschi.
Guido Seborga in suo articolo dal titolo "Donne in corriera" (Il Lavoro Nuovo - 11 Novembre 1946), con cui oltrettutto menzionava il paese da cui aveva preso il suo nome d'arte, chiosava: "giunge così [la corriera] sulla piazzetta del paese [Seborga], c'è una lapide che ricorda i caduti di molte guerre ed un grosso albero, un pino gigantesco dai mille rami che ha intorno una panchina, dove verso sera i vecchi del paese vengono a discutere e a dirsi cose molto sagge". E sempre Seborga in "Scogli come ossa di giganti" (1960) non si lasciava sfuggire l'occasione di rammentare panchine di Bordighera collocate dalle parti del Capo, da cui, invero, si può ammirare non solo la Chiesa di Sant'Ampelio, che ha colpito, come si è visto, l'attenzione di Arturo Viale, ma anche un lungo tratto di mare. Non mancava di scrivere di almeno una panchina in "Petite Fleur, estate che brucia" (Unione Culturale Democratica, Bordighera, novembre 2020) Paolo del Monte, guarda caso amico di Seborga e guarda caso poche parole dopo averlo citato nel richiamato libretto.

Adriano Maini

sabato 3 maggio 2025

Tre diverse figure di emigrati da queste parti

 


Era sua - quanto meno negli anni Cinquanta e Sessanta - la casetta tra i due tunnel della Basse Corniche a Cap d'Ail, ripresa anche in una storica cartolina.
Dai terrazzi della costruzione, sviluppata su più piani, si vede la graziosa piccola baia sottostante, a cui si arriva lato mare da una strada caratterizzata da ville d'epoca, tra cui quella che appartenne ai fratelli Lumières.
L'uomo da un piccolo borgo di Medesano in provincia di Parma già negli anni Venti era emigrato in Costa Azzurra, dove fece diversi lavori.
Ebbe come inquilino un signore toscano - che si scorge appena sullo sfondo di una fotografia di famiglia - un signore il cui fratello abitava in Antella di Firenze. Siccome l'ospite era afflitto da epilessia, una volta il nostro organizzò una rocambolesca spedizione della preziosa abituale medicina, che era stata dimenticata, sino a quei dintorni del capoluogo gigliato: del resto lo scambio di visite tra quei parenti era un fatto abituale.
Il locatore i suoi non molto prossimi parenti di Ventimiglia, oltre che andare a trovarli o invitarli a pranzo da lui, li portava invece insieme alla moglie a visitare una bella magione, di cui erano custodi.
Tornava da ultimo ogni anno nei luoghi natali, dove alla sua morte si trasferì definitivamente la consorte.

Il padre lo aveva chiamato con il nome di una cittadina martoriata durante la Grande guerra nel corso della spedizione punitiva austriaca arrivata sin sull'Altopiano di Asiago.
Toscano, partigiano, era arrivato a Ventimiglia nell'immmediato secondo dopoguerra, dove si era subito inserito nel tessuto sociale della città di confine, tanto da risultare tra i promotori della Croce Verde e del Tennis Club.
Era funzionario del Comune ed in tale veste, come ricorda spesso Gianfranco Raimondo, diede un formidabile contributo organizzativo alla splendida serie di edizioni della Battaglia di Fiori, quella conclusa nel 1969.
Iscritto al Partito Comunista, ne fu sempre un valido ed attivo dirigente locale: trasmise ai compagni più giovani una memoria articolata e diffusa, come quella concernente Libero Alborno, già membro del CLN, capo molto amato del Partito, innovativo e professionale floricoltore, sottolineandone la costante filantropia, ma non tacendone alcune caratteristiche, come la sovraesposta frequentazione a base di aperitivi alcolici - per motivi di relazioni pubbliche alle quali non sapeva sottrarsi - dello storico e rinomato bar situato a fianco del Mercato dei Fiori, e quella attinente Antonio Papalia che, emigrato una seconda volta, divenne da funzionario del Pci Imperiese segretario della Federazione di Padova e poi senatore.
Sempre col sorriso sul volto, aveva un'incredibile capacità di mediazione, che non sempre gli veniva riconosciuta, ma, ancorché in cuor suo dispiaciuto, sapeva incassare i colpi delle inevitabili polemiche interne.
Fu, in buona sostanza, una figura molto stimata e benvoluta in Ventimiglia, di più che nel suo partito.

Calabrese, combattè per la Liberazione con il ricostituito Regio Esercito, precisamente nel C.I.L., il Corpo Italiano di Liberazione, sì da conseguire il diploma Alexander, di cui andava legittimamente orgoglioso.
Emigrato a Ventimiglia, lavoratore dell'edilizia costretto al frontalierato, abitò sempre nel centro storico della Città Vecchia, dove era ben conosciuto.
Comunista molto attivo, era - e rimase sempre - analfabeta, ma la sua mente arguta e sottile e l'esperienza maturata gli fecero progressivamente superare la penalizzazione, per cui si dimostrò in ogni occasione competente ed informato sia nelle più svariate conversazioni interrelazionali che nelle discussioni politiche interne.
Anche lui sapeva benissimo rapportarsi con i più giovani.

Adriano Maini

C'è quasi sempre qualcosa da aggiungere

 


Capita che nella conversazione con un ex "vitellone" venga rievocata la figura di un fotografo che il famoso locale "Il Pirata" di Cap Martin lo frequentava, invece, per motivi professionali su probabile incarico della sua nota ditta di Bordighera, per cui emerge la curiosità di ricordarne il nome: quello proprio, Dario, come già messo in evidenza, in qualche modo con il passaparola riesce ad essere rammentato, ma non accade così tuttora per il cognome, neanche sentito almeno un componente della famiglia di quello studio ormai chiuso da tempo. Senonché, sempre con il sistema più collaudato, inaspettatamente, un "bordigotto" verace fornisce uno scatto d'epoca dove Dario resta inquadrato a destra per chi guarda.


Si era fatto cenno, in tema di Battaglia di Fiori di Ventimiglia, alla gestazione ed agli albori della compagnia di Bordighera "I Galli del Villaggio" e si ritrova su un portale locale una particolare menzione del loro carro "Don Chisciotte" del 1963, qui sopra visibile al passaggio da Nervia.


Ma anche la zona Nervia di Ventimiglia, alla quale si è fatto su questo blog riferimento diverse volte, aveva avuto una sua compagnia di carristi, "Cheli de Nervia", per cui è d'uopo pubblicare l'immagine di almeno una loro fatica: nel caso il carro del 1969, ultimo anno, prima di una lunga interruzione, delle edizioni più ricordate della Battaglia.

Ci si avventura in un racconto, come l'ultimo, già abbastanza lungo e si vuole - solo a fornire qualche esempio - rinviare - ma almeno per una vicenda lì per lì ci si dimentica - ad altra occasione che...


... i quattro ragazzotti tratteggiati all'inizio di quella serie di piccole storie quattro anni dopo - agosto 1968, perché prima c'erano gli esami di maturità - fecero un discreto viaggio in autostop, con tappe varie e significative su cui eventualmente tornare un'altra volta. Partirono dividendosi in due piccoli gruppi dalle parti del vecchio passaggio a livello di Via Tenda di Ventimiglia - una zona che da lontano oggi appare coperta dalla locale sopraelevata - con l'obiettivo di portarsi prima di tutto in provincia di Cuneo. Due di loro, gli stessi che in Svizzera per tornare prima a casa salutarono i compagni che proseguirono per la Germania, seppero in seguito, con loro vergogna, che le loro madri si erano appostate di nascosto per appurare se la loro discendenza sarebbe stata capace di iniziare quel cimento. In verità Pietro Tartamella era un veterano dei viaggi in autostop e l'amico che lo accompagnò sino in fondo nell'esperienza qui menzionata in occasione della sua recente prematura scomparsa, dedicandogli nobili e forti parole, ha voluto rimarcare quella lontana estate


... la villetta in riva al mare, odorosa di salsedine, tutta vetri e forse con tanto legno, dove per pochi anni aveva abitato il compagno di Ginnasio e di prima Liceo, afflitto da epilessia, non solo scompare in mezzo ai palazzi, ma è stata anche radicalmente trasformata: sono rimasti i pitosfori!
 
Qualcuno di recente ha scorto nel video di una conversazione di Francesco Biamonti, condotta all'aperto con studenti del Liceo Scientifico di Ventimiglia, quel relitto di nave, appoggiato alla falesia a ovest della Pineta della città di confine, ormai smembrato ed inghiottito dai flutti, perché costruito in gran parte in legno, ma anche dimenticato in maniera incredibile dagli indigeni.

Adriano Maini