Vallecrosia (IM): la zona del "Ponte" |
mercoledì 11 settembre 2024
C'era un bar...
giovedì 5 settembre 2024
Ventimiglia e la seconda guerra mondiale...
Ventimiglia (IM): la lapide che nella piazzetta della Chiesa di Nervia ricorda le 67 vittime del bombardamento aereo del 10 dicembre 1943, tra le quali quattro ostaggi esposti dai nazifascisti |
Due cugini, nati in provincia di Parma, emigrati a Ventimiglia,
perirono, uno alpino, l'altro del genio ferrovieri, nel rogo dell'infame
campagna di Russia voluta da Mussolini nella seconda guerra mondiale.
La famiglia dell'alpino, finito il conflitto,
andò ad abitare in prossimità delle rovine - affacciate sul fiume Roia -
provocate dai terribili bombardamenti che squassarono la città di
confine, in modo particolare quello del 10 dicembre 1943.
All'altra
famiglia toccò in sorte di ricevere - a morte già avvenuta del congiunto
- una cartolina postale (uguale a decine di altre, con la sola
variante dei destinatari e del nome proprio del subordinato), firmata
dal maggiore del Battaglione, un biglietto che augurava il Buon Natale e
che assicurava che il loro caro stava bene.
Nella zona di residenza
di questa famiglia, Nervia di Ventimiglia, un anno dopo, proprio in quel
10 dicembre 1943 già citato, una ragazzina assistette da vicino
all'inferno scatenato
dagli aerei statunitensi con tale evidente timore sì da voler spesso
ricordare da insegnante adulta in classe ai suoi allievi il tragico
episodio.
Sempre in quel giorno si prodigò all'estremo per soccorrere
feriti e per dare conforto spirituale il parroco, che anni dopo dalla
sua nuova destinazione di Riva Ligure si trovò spesso in stazione con
l'opportunità di rivedere e salutare affettuosamente almeno un
ferroviere, in questo caso fratello del geniere defunto, del novero dei
giovincelli da lui già conosciuti a Nervia.
Si affrettarono anche dal
centro città madre e figlio di dieci anni in cerca del padre che dalle
parti di Nervia aveva un lavoro: per loro fortuna il capofamiglia si era
trovato oltre il punto critico, ma il bambino da grande avrebbe
rammentato i morti da lui visti con sofferta umanità ancor più per il
fatto che era destinato a frequentare tanti sopravvissuti.
Sempre da
Nervia era partito per la guerra un altro ragazzo, che conosceva quasi
tutte le persone - di alcune era anche amico! - qui menzionate e che
affondò al largo dell'isola Asinara con la corazzata Roma il 9 settembre
1943.
Finirono in trappola
Ettore e Marco Bassi, padre e figlio, commercianti ebrei di
Ventimiglia, benefattori non solo degli ebrei stranieri in fuga, ma
anche benemeriti della città e del comprensorio, per essere poi
falcidiati nell'inferno degli stermini nazisti.
Ferrovieri
antifascisti di Ventimiglia vennero uccisi nelle rappresaglie del
Turchino e di Fossoli, ma i più trovarono la morte nei lager tedeschi:
tra loro anche il compagno di lotta capitano Silvio Tomasi, già reduce
dalla campagna di Russia.
Da Ventimiglia qualche familiare è riuscito
negli anni a recarsi in Germania per visitare la tomba di un loro caro,
deceduto quale Internato Militare.
Una lapide nel cimitero centrale
di Ventimiglia a Roverino commemora i partigiani caduti: impressionante
pensare a come furono massacrati a Sospel dalla furia nazifascista undici garibaldini (tra i quali un ventimigliese, Osvaldo Lorenzi; un altro ventimigliese, Sauro Bob Dardano, era già morto con l'assalto nemico) e quattro appartenti al maquis.
Nella strage nazista di Grimaldi perirono anche tre bambini molto piccoli; in quella di Torri due persone molte anziane e due cinquantenni.
Sono
solo alcuni esempi, uno spaccato non esaustivo: certamente è
impressionante verificare che solo la piccola città di Ventimiglia abbia
avuto centinaia e centinaia di vittime di guerra.
Adriano Maini
martedì 3 settembre 2024
Sciamavano numerosissime le lucciole
L'albero in questione, oggi forse non molto distinguibile per la successiva crescita lì vicino di qualche suo simile, si trova pressoché all'incrocio - una rotonda - della richiamata arteria con la strada per Vallebona, ma un tempo fiancheggiava i pilastri del cancello d'ingresso alla sovrastatante, ormai scomparsa, Villa Cappella, pilastri ancora visibili alla svolta degli anni Sessanta.
A fianco di quel pino veniva eretto a quel tempo - un po' prima, un po' dopo - il capannone dove veniva realizzato per la Battaglia di Fiori di Ventimiglia il carro della compagnia "I Galli del Villaggio", destinata a vincere molti concorsi, ma anche a vedere qualche sua opera squalificata perchè - a termini di regolamento - troppo grande.
Accorrevano in quei casi ad aiutare per infilzare con spilloni i garofani destinati a dare colore ai carri ragazzini della limitrofa - a ponente - regione Cabane (in una carta del Touring Club degli anni Venti del secolo scorso Regione Luco), ma anche del complesso Gallinai, posto al lato di nord-est della zona, destinato in oggi ad essere assorbito in un'operazione edilizia ventilata da tempo, complesso meritevole per la sua pregressa storia di considerazioni a parte.
Dirigevano le operazioni adulti, alcuni di grande esperienza, anche di Vallecrosia, anche un affabile geometra di Ventimiglia, disegnatore delle figure dei carri.
Difficile sapere se in quegli operosi momenti qualcuno ricordasse che Villa Cappella, requisita dal regime fascista ad una vedova inglese, era pur stata durante la guerra sede di un reparto di SS tedesche, ma degli eventi bellici almeno un episodio uno di quegli attivisti si sarebbe ricordato tanti anni dopo, quello riguardante l'apparecchio da caccia statunitense che, colpito dalla contraerea, si era abbattutto nella non lontana collina dei Mostaccini.
Sciamavano numerosissime le lucciole nel lato - di levante - di Via Romana adiacente l'orto giardino di Villa Pendice per la gioia dei già citati ragazzini dei Gallinai e di altri loro amici, tutti impegnati a giocare a nascondino: nei ricordi di tanti sembra che questo accadesse dopo la Battaglia di Fiori e le infiorate delle ringhiere del ponte Bigarella (scomparso per la copertura vastissima del torrente Borghetto) per la processione dedicata a Sant'Antonio da Padova, quindi a giugno inoltrato, mentre più di recente chi ha avuto la fortuna di ammirare nel ponente ligure i piccoli luminosi messaggeri ne sottolinea una precoce apparizione, ma forse potrebbe trattarsi di un fenomeno come quello che riguarda la fioritura delle jacarande, vale a dire conseguenze di un anticipo di calura estiva.
Adriano Maini
mercoledì 21 agosto 2024
Francesco Biamonti svolse la sua relazione in un'afosa serra a mezza collina in Ospedaletti
Erano tutti - i ragazzi cui sin qui si è accennato - amici di Francesco Biamonti, che non era ancora lo scrittore oggi ben noto, anche se qualche suo breve scritto era già apparso. Così come era avvenuto per Angelo Oliva, il quale subito dopo si sarebbe cimentato in ben altro genere di carte e di esperienze, ma di cui - sottolineatura di quanto si è appena detto - è stato di recente pubblicato a cura dell'Unione Culturale di Bordighera il racconto "Una grossa porcheria" in un opuscolo corredato da affettuose memorie di persone che lo avevano conosciuto bene.
Il viaggio citato probabilmente coincise con il congresso in cui venne eletto segretario provinciale della F.G.C.I. Mauro Torelli, futuro segretario provinciale del PCI e deputato, che nel suo libro di memorie politiche avrebbe dedicato righe intense non solo ai compagni di partito Trucchi (il curriculum di questo Lorenzo vede in ordine di tempo le cariche di segretario della Camera del Lavoro di Ventimiglia, segretario provinciale della C.G.I.L., consigliere regionale) e Muratore (assente o quasi, stranamente, Angelo Oliva, ma il ruolo "agli esteri" di quest'ultimo lo tenne sempre per i rapporti ufficiali lontano da questa Riviera), ma anche - per gli impegni culturali e sociali degli anni Sessanta - ai socialisti Loreti e Biamonti.
Giorgio Loreti era
attivamente impegnato nell'Unione Culturale Democratica di Bordighera,
ma anche, in Sanremo nella Federazione Giovanile del PSI, con altri
giovani, tutti incoraggiati da Adolfo Siffredi, patriota antifascista (Fifo),
che era stato il primo sindaco di Sanremo alla Liberazione. Loreti era
molto preso in particolare dal redigere bollettini di informazione,
tutti rigorosamente stampati a ciclostile, così da poter anche stampare
in un'occasione i complimenti e le esortazioni a proseguire sulla strada
imboccata, ricevuti dall'ex comandante partigiano Vitò.
Francesco
Biamonti fu brevemente segretario provinciale del Partito socialista,
quando la sede del PSI era in via Foce ad Imperia. Il suo discorso di
commiato dalla carica venne sviluppato in un congresso che si tenne in
un'afosa serra a mezza collina in Ospedaletti: fece un discorso
dall'ampio respiro, molto colto, pressoché inusuale per gli astanti, cui
minimamente poté competere per qualità quello di un insegnante di
musica di Pieve di Teco.
Poco prima, allo svolta degli anni Sessanta,
giovani democristiani di Ventimiglia, tutti universitari, si
attrezzavano per le loro carriere professionali e politiche a venire
in... feste danzanti - a capodanno indossando in genere berretti da
goliardi -, intrattenimenti vari, pranzi e cene da post-sciate,
escursioni in campagna, cacce al tesoro e così via, non disdegnando di
accompagnarsi a veri figli e figlie del popolo.
Alla svolta
successiva, quella degli anni Settanta, usciva da una tipografia un
periodico progressista, alla cui redazione partecipava almeno un
dirigente locale democristiano, un altro amico di Francesco Biamonti, lo
stesso che a gennaio 1973 insieme al Presidente Provinciale ACLI -
anche questi abitante nella città di confine - si sarebbe dato molto da
fare - insieme ad attivisti comunisti, socialisti ed indipendenti - per
la buona riuscita della Marcia per la Pace in Vietnam, da Ventimiglia a
Bordighera. Quella pubblicazione portava il nome di "La Goccia" e vedeva
tra i suoi redattori anche il parroco di Airole: forse, risentiva di un
clima particolare, contrassegnato anche un po' prima dalla presenza
attiva tra Ventimiglia e Vallecrosia di preti e diaconi, nonché di una
sorta di missionari laici, tutti impegnati nel sociale e tutti (o quasi)
venuti da fuori, a titolo di paradigma chi dalla Lombardia, chi dalla
Toscana, dei quali pochi ricordano qualcosa, se non una certa
definizione riferita ad alcuni di loro, non si sa più se amichevole o
irriverente, di "preti comunisti".
Adriano Maini
mercoledì 14 agosto 2024
A Nervia c'era ancora il passaggio a livello?
Ventimiglia (IM): l'abitazione un tempo dei custodi del passaggio a livello di Nervia |
Storie più nervine che ventimigliesi degli anni Cinquanta del secolo scorso, una o due più recenti.
A quanto pare verso il 1954 il cavalcavia di Nervia non era ancora stato ricostruito se è vero che le studentesse e gli studenti diretti a Ventimiglia centro si rallegravano dei congrui ritardi procurati alle loro corriere dagli abbassamenti delle sbarre del passaggio a livello.
Capitava che in Chiesa - la Parrocchiale di Cristo Re - a Nervia -
levante di Ventimiglia - entrasse talora a fare le sue devozioni
un'anziana donna che viveva in una casa diroccata dai bombardamenti
dell'ultima guerra, ubicata tra l'ormai dismesso deposito locomotori -
detto Campasso - e l'Officina del Gas, anche questa reperto di
archeologia industriale: inopinatamente il termine per designare la
signora era quello di "barbona".
Per associazione di idee
verrebbero in mente sussurri e grida su prelati - e ambienti
democristiani, compreso un autorevole ministro - noti ormai solo a pochi
eletti.
Al piano di calpestio di ogni pianerottolo della palazzina (deposito personale viaggiante) dove capitreno e conduttori di Ventimiglia si recano a prendere gli ordini di servizio e a consegnare le note dei loro viaggi si poteva anche inciampare in strani oggetti, sorta di larghi piatti di metallo dipinti di bianco sporco e pieni di sabbiolina di pari colore, definiti sputacchiere, a tutti gli effetti ben capaci posacenere.
La matura signora si autoconvinse di avere risolto taluni suoi malanni fisici col bere un po' di acqua di Lourdes, che aveva mal pensato di chiedere ad un ferroviere, vicino di casa di sua figlia a Nervia, sperando che l'uomo potesse intercettare alla bisogna qualche ben disposto pellegrino di ritorno in convoglio speciale dal Santuario dei Pirenei, ma il birbante si era tolto l'impaccio attingendo a qualche rubinetto di servizio della stazione ferroviaria.
Troppo risaputa per rivisitarla appieno - anche perché non unica nel suo
genere - la vicenda della locomotiva a vapore di manovra che, uscita
dal citato Campasso e lasciata poco dopo la partenza momentaneamente
incustodita dai suoi due addetti scesi a terra per chiacchierare con
altri colleghi, arrivò lentamente sbuffando in stazione, all'ultimo
dirottata su binario morto.
Adriano Maini
lunedì 5 agosto 2024
Studenti di Ventimiglia e di Sanremo a cavallo della seconda guerra mondiale
Sanremo (IM): l'edificio (già Monastero delle Monache Turchine) che fu sede del Liceo Classico frequentato da Italo Calvino |
Qualche anno prima dell'ultimo conflitto mondiale un giovane orfano di Ventimiglia per completare il curriculum scolastico antecedente l'Università, alla quale non sapeva ancora se sarebbe stato in grado di iscriversi, fu costretto a entrare in Seminario a Bordighera: era per lui lungi da venire una non facile esperienza - cattedra ricoperta come supplente di un titolare in distacco perché a lungo parlamentare - di insegnante di lettere alle superiori, di esperto di latino e di Pirandello, di preside - quest'ultimo un incarico in posizione infine stabile -.
In quel torno di tempo scendevano a piedi a Ventimiglia per le richiamate esigenze di frequenza scolastica due ragazzi di paeselli vicini di Val Roia, uno destinato a diventare avvocato di nome e sindaco della città di confine, l'altro vocato, prima di accedere all'insegnamento, ad essere capitano di mare.
Si trovava nella stessa classe liceale di Italo Calvino a Sanremo la futura insegnante, la quale, appena finita la guerra, impartiva ripetizioni al ragazzo destinato a ripercorrere con onore una strada di famiglia diventando un celebre fotografo. La ragazza non poteva vaticinare che avrebbe insegnato alle medie inferiori di Ventimiglia né che tornata nella sua vecchia scuola anche lì avrebbe svolto il suo ruolo, ma in una sede che ormai fisicamente era di Ragioneria: meno che mai che in tempi ancora più recenti certi suoi metodi autoritari sarebbero stati aspramente criticati su libello dal colto e brillante divulgatore, ma anche severo fustigatore di costumi, che si chiama Marco Innocenti.
Con Calvino e la non avvenente fanciulla - ed Eugenio Scalfari ed altri nomi risonanti nella storia della Sanremo bene, certo - c'era anche, come attesta una non del tutto nota fotografia, il futuro ingegnere - con radici in Bordighera - di Ventimiglia, che ben prima di poter esercitare dovette, arrestato quale patriota antifascista, passare per le forche caudine di un campo di concentramento nazista.
Appena finiti gli eventi bellici, per affrontare al meglio il liceo classico a Sanremo, dopo la forzata interruzione degli studi, prendeva lezioni da un personaggio qui già citato, che all'epoca era appena entrato nella vita politica, un giovanotto destinato a diventare un illustre giurista e poi, anche lui, un reggitore a livello centrale della cosa pubblica.
Tra i tanti meriti del suo mentore, tuttavia, si è ritrovata - per via di uno strano caso di quelli che a volte capitano - almeno una nota stonata: la copia di una lettera con cui nel 1958 aveva cercato - invano, si può aggiungere, con il senno di poi - di impedire l'assegnazione di una casa popolare ad un attivista comunista, già partigiano, come sottolineava proprio lo scrivente, a quel punto del tutto dimentico di aver fatto parte di un C.L.N. locale.
Rimane
indeterminato il periodo nel quale un maestro di Ventimiglia, sposata
una collega di Apricale - un borgo natio di intellettuali, nonostante
vecchie dicerie - venne convinto dalla moglie a perfezionare gli studi,
così da diventare, da laureato e da docente, anche un esperto della
lingua dell'antica Roma e, successivamente, preside del latinista già
menzionato.
Ed altri passi ancora si sono incrociati, anche se non per tutti, tra politica, docenze, relazioni sociali.
Adriano Maini
mercoledì 31 luglio 2024
Quelli che usavano Netscape
A quella Fiera in Roverino di Ventimiglia nel 1996 a collaborare erano insieme una Associazione ed una neonata ditta, per pubblicizzare il Web. Per abbattere i costi telefonici - all'epoca notevoli - si stese un cavo dalla vicina sede del server allo stand, cavo che in qualche modo attraversava... la strada statale 20 del Colle di Tenda.
Ma questo lo avevo già raccontato, magari in forma più estesa.
Nel 2019, invece, uno di quegli ex giovani imprenditori creava su Facebook il gruppo “Internet in Riviera”. Tra le prime righe che pubblicava pesco le seguenti: "AAA CERCHIAMO gli internettiani della prima ora in RIVIERA, quelli che si collegavano con il modem 14.4, che scrivevano nei guestbook, che usavano Netscape e Trumpet WinSock, che si collegavano a Ftp.funet.fi, che scaricavano file importanti con l’FTPBATCH, quelli che… insomma gli EROI visionari che hanno vissuto la partenza di internet…". In effetti, non mi sembra che l'operazione tentata abbia avuto, purtroppo, un grande seguito.
E Flavio Palermo, che aveva con me sperimentato addirittura un BBS, ci svela oggi certi suoi arcani: "Con il Videotel mi collegavo già dal 1989 con il commodore 64. C'è un articolo "SPRITE 6499" che mi hanno pubblicato sulla rivista mc microcomputer del 1989 , dove spiego come modificare il software in linguaggio macchina del modem (6499) del commodore 64 per aggiungere uno SPRITE (freccia che si muoveva con il joystick) per navigare sul Videotel..."
Ancora pensando a Flavio, mi sorge spontanea una domanda: oggi come oggi si sarà mai messo ad indagare ed a operare su "esperienze" (per me, almeno) più difficili, con la possibilità che - come ai tempi - ne venga qualche ricaduta utile per i suoi corrispondenti, "esperienze" quali "Github", "ActivityPub", "OStatus"?
Adriano Maini