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giovedì 7 agosto 2025

Ridondanze



Alla palestra ex G.I.L. di Ventimiglia su questo blog si è fatto alcune volte riferimento. Come per il giovanotto che si presentava scalzo al premilitare del passato regime fascista, perché sapeva che sarebbe stato rimandato a casa. O per la mensa popolare tenuta dal Sindacato nell'immediato secondo dopoguerra in quell'edificio. Inoltre, per l'area aperta, oggi adibita a parcheggio, per le selezioni interne in atletica leggera degli allievi degli Istituti Superiori in vista della partecipazione ai campionati provinciali studenteschi e per tante gare di pallavolo della medesima cifra.

Si compie questa premessa per sottolineare che su queste colonne si possono sempre verificare ripetizioni di temi e produrre ridondanze, non sempre necessarie, talora dovute a distrazione.

Si fornisce qui di seguito qualche esempio, si spera intonato al genere brillante.

A Ventimiglia (IM)

A Bordighera (IM)

Ancora a Bordighera

A Soldano (IM)

Ad Ospedaletti (IM)

Sui ciclisti amatoriali torna spesso l'attenzione, perché sembra un fenomeno in costante crescita.

A Vallecrosia (IM)

Ad Ospedaletti

Non tutti vanno pedalando su due ruote bardati con indumenti tecnici, ma sovente è così. E non c'è il rischio di intravedere magliette e pantaloncini che richiamino alla memoria le epoche di Binda, Bartali, Coppi, Bobet, Gimondi, Merckx.



Non tutte le panchine di questa zona hanno avuto qualche rilievo letterario, ma Lungomare Oberdan a Ventimiglia vedeva un tempo panchine costruite come pertinenze di un muretto di protezione adorno di bei disegni su piastrelle di ceramica, di cui rimane qualche eco a Marina San Giuseppe: in ogni caso quelle attuali sono abbastanza graziose.



A Bordighera ci sono anche nuove panchine tipo "chaise longue".

Vallecrosia

Le panchine con schienali - e sedili - a listelli tubolari sono abbastanza diffuse.

Ventimiglia, in zona Nervia

Un po' dappertutto panchine senza schienali.

Bordighera: Lungomare Argentina

Ma qualche panchina più tradizionale si trova ancora.

Il carro "Maja" del 1958

Il carro "Barone di Münchhausen" - Compagnia "A Mar Parà" - 1967

Per quanto concerne la Battaglia di Fiori di Ventimiglia si possono, invece, ancora rinvenire interessanti fotografie.

Adriano Maini


lunedì 28 luglio 2025

Man mano che si faceva notte


Una luna color rosso rame, appena fatto capolino, in quella sera dei primi di agosto di un anno fa sembrava contemplare la Chiesa di Terrasanta di Bordighera.
Non era molto illuminato il Lungomare Argentina e poche erano anche le luci in mare, quelle di pescherecci quasi dispersi in tanta vastità di acqua, ma per alcuni brevi attimi sopra una di quelle piccole imbarcazioni il fulgore di un aereo in avvicinamento sembrava disegnare un tassello di una di quelle mappe che tanto intrigano gli astronomi.
Più a ponente i bagliori della Costa Azzurra non impedivano di cogliere i raggi dei fari, lanterne dimenticate che in quest'epoca di travolgente tecnologia non fanno più appassionare turisti ed abitanti di questi luoghi, nè tantomeno li sollecitano a tentare di individuarne l'esatta ubicazione.
In quella stessa direzione occidentale la Passeggiata di notte rifulge quasi a giorno.
Avvicinandosi la mezzanotte Selene, oramai quasi nivea nuvola, apparendo più a sud, pennellava di riflesso il Tirreno, ridestando ricordi di descrizioni manzoniane del Lago di Como.
 


Non era ancora, tuttavia, quello il periodo di splendidi tramonti né di magiche visioni della mitica Corsica sulla linea dell'orizzonte.

Adriano Maini

venerdì 25 luglio 2025

Già nel 1950 circa il Corsaro Nero e Ventimiglia...

 

Ventimiglia (IM): il centro urbano ed il fiume Roia verso la Foce

L'articolo de "l'Unità" qui menzionato

Ne "l'Unità", allora organo centrale del Partito comunista italiano, venerdì 26 maggio 1950 si leggeva l'articolo dal titolo "Dove Salgari trovò il suo Corsaro Nero" con occhiello "Lettera dalla Riviera Ligure" e catenaccio "Domenica a Ventimiglia la grande battaglia dei fiori - Il romanziere più amato dalla gioventù trasse ispirazione dalla figura di un guerriero".
Sarebbe da ringraziare idealmente l'autore del pezzo, Silvio Micheli per l'enfasi da lui messa per quel suo vero e proprio manifesto di propaganda turistica della città di confine, per la documentata e plastica descrizione di una antica Battaglia di Fiori, ancor più dell'arte ("Gli intarsi di fiori assumono sfumature impensate") e della passione con cui si costruivano i carri ("Fare un carro non è una parola e nemmeno basta aver volontà e pazienza. Bisogna vederli"), per la sottolineatura del grande entusiasmo popolare rispetto all'evento annunciato.
Ci sono altre perle di racconto, quali "Sfilano i carri lungo il magnifico viale Cavour", allo stato attuale non più alberato, ma ancora bello con le sue palazzine ormai storiche, "I viali si trasformano in fiumane di gente stipata tra casa e casa", "I carri appaiono presto pelati, spolpati, ridotti come alla vigilia tutti ferri e assi": il cronista si era sicuramente informato almeno circa l'edizione precedente.

In questo variegato quadro Micheli introduceva il Corsaro Nero quasi di sbieco, come qui si riferisce meglio più avanti.

Nel 1951 sarebbe stato Francesco Biamonti a dedicare delicate note poetiche, quindi, senza retorica di sorta, alla Battaglia di Fiori, "Serenità tra i fiori" ("La Battaglia dei fiori", numero unico, 20 Maggio 1951), uno scritto di recente ripubblicato da Terra Ligure.

Lo stesso anno, ma in data 29 agosto 1951, un trafiletto de "l'Unità" tornava a citare Ventimiglia come sede di partenza (il 15 settembre) di una delle staffette del giornale, evento promozionale di cui si anticipava che "Dopo aver percorso migliaia di chilometri i portatori di fiaccole si ricongiungeranno a Bologna".

Salvi errori ed omissioni, nelle ricerche sul Web occorre arrivare all'11 giugno 1956 per scoprire un minimo di attenzione da parte de "La Stampa" circa la Battaglia di Fiori: Presenti Rascel e De Sica. Gran Folla a Ventimiglia per la "battaglia dei fiori".



Oggi il Corsaro Nero, Conte di Ventimiglia nella fervida fantasia di Emilio Salgàri, del quale risulta difficile asserire che sia mai passato da Ventimiglia come invece sosteneva ("Si dice che sulla foce del Roia, lo stesso  Emilio Salgari ricavasse la storia del Corsaro Nero da una reale figura...") il giornalista de "l'Unità", mentre lo fece nel secondo dopoguerra, come attesta Gianfranco Raimondo, uno dei figli, oggi il Corsaro Nero è diventato una sorta di simbolo, qualche volta invadente, della città. Ci è voluto del tempo, ma è proprio così. Corsaro Nero come tema di un corteo storico e di una, per l'appunto, Battaglia di Fiori. Corsaro Nero che ha indotto mostre, rievocazioni varie, una statua -  silhouette in ferro dipinto a vegliare dal Funtanin, non sul fiume, ma sul mare e su Marina San Giuseppe -, un'analoga sagoma dalle parti del ponte sul Roia - in riva sinistra -, ma con le spalle all'acqua, sventolanti bandiere nere con i teschi.
 


Qui si ribadisce che l'aggiunta di un pizzico di ironia e di autoironia non stonerebbe, quello che sarebbe assicurato da un aggancio a "Giovanna, la nonna del Corsaro Nero", programma per ragazzi della RAI del 1961, con protagonisti - l'anziana signora, Battista e Nicolino in primis - e comprimari bizzarri, uno sceneggiato dalla saggia vena comica, una serie televisiva nel gergo attuale, che ebbe altre due stagioni, nel 1962 e nel 1966, e che piaceva anche agli adulti. Ancor più che andarono completamente distrutti i nastri della trasmissione. Per dare qualche segno sarebbero sufficienti come fonti di ispirazione residue fotografie di scena e qualche relativa pubblicazione.

Adriano Maini

giovedì 17 luglio 2025

Altre piccole scene degli anni Sessanta

 

Sanremo (IM): l'ultimo tratto della discesa del Poggio

Nella piccola scarpata sottostante l'ultima curva della discesa del Poggio della corsa ciclistica Milano-Sanremo - più o meno a metà degli anni Sessanta - era stata realizzata una sorta di piattaforma in legno che consentiva a chi debitamente invitato di guardare con discreto agio le partite di calcio della Sanremese che si svolgevano, come tuttora, sul prato dell'adiacente stadio comunale: probabilmente non si era intervenuti a far rimuovere quello che poteva apparire come un abuso, perché il minuscolo appezzamento interessato di terreno era privato.

Bordighera (IM): Lungomare Argentina lato di ponente

Nello stesso torno di tempo ragazzine e ragazzini affollavano la parte terminale di ponente della passeggiata a mare di Bordighera, quella che in oggi prosegue per unirsi ad analoga infrastruttura di Vallecrosia, per ascoltare gratuitamente in esterno, davanti a noto locale, le esibizioni, debitamente alte come suono, di un complesso musicale che, in epoca di nascita di tanti similari gruppi nella zona intemelia, era destinato ad acquisire la maggiore fama, non solo nostrana, come riportato in tanti articoli di social media.


Sempre nello stesso periodo i tornei estivi di calcio dei bar, tenuti nel campo della spianata del Capo di Bordighera attiravano molto pubblico, tra cui anche mature signore accanite tifose. Essendo la competizione riservata a non tesserati, si ritrovarono nella stessa compagine vincitrice di uno di tali trofei due ex giocatori della Veloce di Savona ed un giovanotto, radiato dalla Federazione perché aveva colpito un arbitro, che, però, ebbe il merito di divulgare per primo le sporadiche partecipazioni di Ferenc Puskàs agli allenamenti della Giovane Bordighera.

Ai campionati studenteschi provinciali andava a primeggiare, di lì a poco, la squadra di pallavolo della "Ragioneria" di Ventimiglia, irrobustita nei ranghi da alcuni ripetenti.
 

Imperia: il campo del Prino

Il campeggio del Ministero della Pubblica Istruzione a Cappella, Frazione di Lavarone (TN) a luglio 1966

Tra i partecipanti a quelli riservati all'atletica leggera del 1966, svolti come da consuetudine al campo del Prino del capoluogo, il Provveditorato agli Studi di Imperia scelse per una breve vacanza-premio del primo turno quindicinale di luglio presso il campeggio, istituito dal competente Ministero a Cappella, Frazione di Lavarone in provincia di Trento, tre studenti, due dei quali non del tutto in regola con il principio di equilibrio tra valore sportivo e profitto scolastico: in ogni caso, qualche fotografia venne tra di loro scambiata, grazie alla digitalizzazione ed al web, solo qualche decennio dopo.

Camporosso (IM): uno scorcio della struttura di atletica leggera in zona Braie

Qualche persona ricorda ancora - dunque, non si tratta di una leggenda - che nell'inverno 1961-62 quando atterrava il piccolo velivolo nel campo di aviazione in regione Braie di Camporosso alcuni calciatori in erba si affrettavano a tirare giù i pali senza traversa dell'unica porta ed a sdraiarsi per terra. L'infrastruttura, causa un precedente grave incidente occorso, venne definitivamente chiusa poco dopo. L'area venne ancora a lungo interessata in modo più o meno organico da giochi e passatempi, al punto che ci fu chi, in procinto di diventare maggiorenne, mise in piedi con allenamenti da quelle parti una squadretta di piccoli footballer, da lui fornita di magliette arancioni, dalle quali derivò il pittoresco nome di Canarini Boys.
Adesso quel vasto sito è in larga misura allocato come installazione di atletica leggera.

Ventimiglia (IM): Via Dante

Nella primavera del 1962 un musicista del non ancora formato già citato complesso si cimentava nel dehor di un bar di Via Dante (per molti ancora Via Regina) a Ventimiglia con la chitarra acustica insieme ad uno dei figli della proprietaria per la delizia del fratello di quest'ultimo e di alcuni dei suoi compagni di scuola. Nelle pause discettava della bravura di Duane Eddy, soprattutto della sua esecuzione di "Unchained melody".

Adriano Maini

mercoledì 9 luglio 2025

C'era una volta la "primina"

 

Una seconda elementare pubblica ad ottobre 1956 in Ventimiglia Alta

Arturo Viale, infaticabile narratore di persone interessanti e di avvenimenti di rilievo, nel suo contributo alla testimonianza della nonna paterna, pubblicata in un libro, Caterina Gaggero Viale, Diario di Guerra della Zona Intemelia 1943-45 (Edizioni Alzani, Pinerolo, 1988), ma anche in altri suoi scritti, di sicuro in Oltrepassare. Storie di passaggi tra Ponente Ligure e Provenza, (Edizioni Zem, 2019), fece un fugace riferimento - Quando sapevo già leggere (a cinque anni avevo fatto la «primina» da suor Cristina), nelle giornate di pioggia e freddo, li leggevo con mia nonna Caterina, A Lila… - alla sua esperienza di "primina" ed all'insegnante di quella scuola, suor Cristina.
Si da il caso che con questa espressione si è intesa sempre la prima elementare, che si poteva affrontare già a cinque anni, con un'istruzione impartita a lungo dalle suore dell'Orto nel centro storico di Ventimiglia Alta, in un'aula a pianterreno di un loro complesso a due passi dalle rovine del castello medievale e adiacente al plesso pubblico. Per certi versi anche un'esperienza innovativa, con femminucce e maschietti chini sui banchi, come non sempre accadeva nelle sedi della "concorrenza". Terminata quella fase, l'unica che quelle religiose gestivano, gli alunni per passare alle statali erano sottoposti ad un esame - a sei anni di età! - molto severo davanti ad una commissione di maestri dipendenti dal competente Ministero.
Una fattispecie forse resa possibile anche presso almeno un altro istituto privato della città di confine, ma qui logicamente intriga quella indicata da Viale.
Il che porta a metà degli anni Cinquanta e poco oltre.
Si ha notizia di qualche raduno, decenni dopo, di qualche sparuto gruppo di quegli ex allievi, ma sono soprattutto altri casi della vita che hanno talora stabilito alcuni fatti curiosi.
Chi, trasferitosi con la famiglia in zona Nervia, ritrovava ad un certo momento in classe un suo ex compagno della "primina", perché là in collegio, guarda caso un collegio gestito da suore.
Chi, pur incrociandosi di frequente più avanti, aveva bisogno di altro tempo ancora per riconoscere vicendevolmente quella lontana comune esperienza.
Chi, addirittura, risentiva solo per telefono, addirittura più di sessant'anni dopo, un antico sodale.
Chi nelle conversazioni occasionali di adesso va a scambiare cenni su vecchi vicini di casa o su compagni di giochi e di successivi livelli di studi in un caleidoscopio di immagini, di storie, di emozioni.
Il tutto induce ad affrontare prima o poi in modo più articolato il discorso "Ventimiglia Alta" (e dintorni), da cui qui si è partiti, con gli spunti di bambini, scuole, abitudini, aneddoti di un'epoca ormai datata.

Adriano Maini

martedì 1 luglio 2025

Non proprio "Good Morning Babilonia"

 

Bordighera (IM): poco a levante di Villa Cava

Nel film "Good Morning Babilonia" dei fratelli Taviani, i protagonisti, emigrati negli Stati Uniti, dove lavorarono anche come scenografi per la realizzazione del famoso kolossal "Intolerance" del regista David Griffith, tornarono per combattere nella Grande guerra, nel corso della quale rimasero uccisi.


Una vicenda similare, ma a lieto fine, accadde - come su questo blog si è già riferito - ad un abitante di Seborga, che, tuttavia, terminata l'immane carneficina, lasciò in Liguria la famiglia che a suo tempo aveva già formato, per tornarsene in America da quella nuova.

Una parte del territorio comunale di Perinaldo (IM). Dietro il primo abitato, il borgo di Baiardo

Un cittadino della vicina Perinaldo aveva fatto anch'egli fortuna, una grande fortuna, negli States, ma l'unica sua famiglia, poco prima del mentovato conflitto, la voleva proprio portare con sé nella sua nuova nazione. In attesa di rientrare, un giorno pensò di sistemare una campagna prossima alla strada per Baiardo, forse per togliere un fastidio a chi l'avrebbe lasciata. Sistemata una mina sotto un tratto roccioso che andava eliminato, diede fuoco alla miccia. Passavano i minuti, ma non succedeva niente. Dopo un lungo lasso di tempo si avvicinò all'esplosivo, che proprio in quel momento andò a deflagrare. Il malcapitato, prima di spirare, visse ancora alcuni giorni di agonia.
Dei suoi cari nessuno all'epoca vide l'America.

Due bambini sloveni videro la Grande guerra sulle porte di casa, case sparse a pochi chilometri di distanza, sul fronte dell'Isonzo. Crescendo, si sarebbero sposati e sarebbero arrivati sino a Bordighera.

A Bordighera, quasi al confine con Vallecrosia, abitava in una bella campagna vicina a Villa Cava un veterano della Grande guerra, della quale amava parlare con tutte le persone che incontrava: solo una banale caduta gli impedì di continuare a farlo da ultracentenario.
 


Qualche lettera dal fronte di un antenato, in qualche caso poi caduto, qualche documento in qualche modo attinente la Grande guerra, qualche foglio di congedo, qualche fotografia anche di gruppo, qualche attestato e qualche medaglia di Cavaliere di Vittorio Veneto, qualche Croce di Guerra: ebbene, qualche testimonianza di tale fatta è ancora conservata in diverse famiglie.


Da Sanremo a Ventimiglia come immigrati giunsero via via altri reduci della Grande guerra: non tutti vollero raccontare le esperienze attraversate, ma qualcuno sì, come Badin a Coldirodi, e, involontariamente, un procaccia delle poste di Ventimiglia.

Ventimiglia (IM): Monumento ai Caduti

In tutti i paesi e in tutte le cittadine della zona intemelia i Monumenti ai Caduti attestano tuttora le cifre paurose degli stermini causati dalla Grande guerra, anche in quelli della parte di Val Roia diventata francese.

Adriano Maini

mercoledì 25 giugno 2025

Il partigiano simulò con una mano in tasca la presenza di una pistola

 

Soldano (IM): una vista su Perinaldo

"Verso le ore 18 del 20 andante, in regione collinosa nei pressi di Camporosso, un agricoltore del luogo, notava la discesa di un piccolo pallone di gomma colore marrone, attaccato ad un paracadute di tela bianca. Individuato il posto della caduta, rinveniva, impigliato su di una pianta di olivo, il pallone predetto, constatando che a questo era attaccato un piccolo apparecchio costituente parte di radio trasmittente, contenuto in una scatola di celluloide trasparente di circa 17 centimetri di lunghezza, dieci di larghezza e cinque di spessore. La scatola porta impresso su una targhetta di alluminio il numero 37955 e la sigla R.S.7.H. I militi del Distaccamento di Ventimiglia provvedevano per le indagini del caso..." così recita una specifica comunicazione fatta nell'ambito della sua relazione settimanale dal questore di Imperia il 22 maggio 1944 al capo della polizia della Repubblica di Salò. Qualche storico locale insinua oggi che si sia trattato di millantato credito da parte del gerarchetto fascista locale per acquisire meriti agli occhi dei superiori a fronte dei pericoli corsi. Di sicuro all'epoca nel ponente ligure erano ben al di là da venire gli aviolanci destinati ai patrioti, mentre in linea teorica risulta compatibile ogni ipotesi di errore tecnico relativa a qualche missione destinata, invece, al Piemonte.

Racconta Sergio Marcenaro, all’epoca giovane (classe 1931) staffetta partigiana della SAP di Vallecrosia e fratello di Pietro Girò Gerolamo, importante protagonista del distaccamento Gruppo Sbarchi Vallecrosia, che nella zona tra Soldano, Perinaldo e Baiardo imperversava nella prima metà del 1944 anche un bandito, forse subito non riconosciuto come tale dai comandi garibaldini; e che in una certa occasione suo fratello si liberò delle pessime intenzioni di quel figuro, nel quale si era imbattuto quando era solo e disarmato, con l’abile stratagemma di simulare con una mano la presenza di una pistola in una tasca dei pantaloni.

Un recente libro di Giorgio Caudano (con Paolo Veziano, Dietro le linee nemiche. La guerra delle spie al confine italo-francese 1944-1945, Regione Liguria - Consiglio Regionale, IsrecIm, Fusta editore, 2024) affronta aspetti inediti, richiamati con chiarezza dal titolo di questo lavoro: si tratta anche di un'ulteriore occasione per ricordare, dopo decenni di oblio, la coraggiosa figura del capitano Gino Punzi, al quale il colpo di grazia venne dato su ordine di un graduato dei servizi segreti della Marina tedesca.

Adriano Maini

mercoledì 18 giugno 2025

Ai Gallinai abitarono bresciani, liguri, vicentini...

 

Il carro "Romantica" de "I Galli del Villaggio" all'edizione 1960 della Battaglia di Fiori di Ventimiglia. Foto: Mariani

Come si è qui già sottolineato, a Bordighera il complesso di case a schiera, ad un solo piano e disposte in diverse linee parallele, denominato Gallinai o Villaggio Giardino, ha ispirato l'"insegna" della storica e prestigiosa compagnia de "I Galli del Villaggio", di costruttori di carri per la Battaglia di Fiori di Ventimiglia. 
 
Bordighera (IM): lo stato dei lavori odierni ai Gallinai



Bordighera (IM): i Gallinai otto anni fa

Una sorta di minuto rione, con qualche sporadica, ma significativa presenza artigianale - in cui spiccarono il lavoro di una famiglia di cestai, trasferiti in località Due Strade già a fine anni Cinquanta, ed una tuttora attiva, altrove, rinomata falegnameria -, un rione ormai da quasi vent'anni chiuso al pubblico e abbandonato in attesa della furia delle ruspe per l'ennesima speculazione edilizia, anche se i pertinenti lavori in pari data sembrano di buona lena. 
 



Come in anteguerra, il posto negli anni Cinquanta risuonava delle voci argentine di tanti bambini, ai quali si univano regolarmente quelli dei dintorni e quelli in visita a parenti per darsi agli svaghi delle loro età. Tra questi ultimi, quei piccini che per vedere i nonni arrivavano di tanto in tanto dalla Libia, dove i genitori erano emigrati non molto tempo prima.
 

Una "pila" colma di fiori



Una volta quasi tutti quegli appartamenti avevano ciascuno a disposizione un piccolo appezzamento di terreno: ne risultava un insieme armonioso di orti-giardini con profusione di calle (queste in genere in vicinanza dei caratteristici lavatoi esterni, in gergo "pile", in molti dei quali venivano messi a bagno, per essere mantenuti freschi sino all'ultimo, i garofani che, raccolti in diverse fasce gratuitamente per concessione dei coltivatori, servivano per addobbare i carri de "I Galli del Villaggio"), gerani, zucchine trombette, pomodori, melanzane, fagiolini, insalate, altre verdure, vigne massime di uva "americana", che servivano più da ornamento che altro, integrandosi con tante "toppie" o pergolati, anche se qualche amante del buon vino, più pratico, introdusse dell'uva bianca. Non mancarono sporadici isolotti di trascuratezza. C'erano piante da frutta: ad esempio un albera che donava deliziose albicocche moscatelle, vera attrazione per tanti birichini, che preferivano servirsi in proprio, causandone presto la sterilità, anziché riceverne su richiesta più modesti quantitavi. Non mancavano baracche, anche in muratura, per i ripari di attrezzi, di biciclette, di scooter, anche parzialmente adibite ai ricoveri di animali da cortile.
Anche per i negozi di alimentari gli abitanti dovevano scarpinare: forse la bottega più rievocata era quella sulla via per le Due Strade, che presentò in anteprima per la delizia di tanti bambini certi deliziosi morbidi cioccolatini, mai più messi in circolazione, prodotti dalla odierna nota multinazionale piemontese, da certi blogger di recente definiti, dalla loro consistente forma, non a caso "formaggini", la cui stagnola era sormontata da un'ambita figurina di storie del Far West, agevolmente rimovibile per collezioni ed albi.
Si scorgevano (si scorgerebbero) dagli usci verdi colline ormai massacrate dal cemento ed una torre d'avvistamento contro i pirati turcheschi, la Torre Sapergo, che si é scoperto insistere su rari reperti archeologici dell'Alto Medio Evo, ma sempre in procinto di essere circondata dagli ennesimi residences. Ed ancora - basterebbe spostarsi un po'! O forse no! La regola probabilmente si applica a quanto già detto! - il Sasso, Seborga, Monte Caggio. Più o meno di fronte, forse di colà non visibili, Borghetto San Nicolò e Vallebona. Forse Villa Genua, alla quale Pietro Battaglia e Angelica Pellegrino hanno dedicato nel 2019 una ponderosa tesi di laurea. Di sicuro Villa Hortensia e il Villino Nadenbousch, ma sugli scorci di ponente si torna più avanti.
 

Dalla strada per Vallebona, in sponda orografica destra del torrente, ma ancor più in mezzo a quella che fu Villa Cappella, la Torre Mostaccini.
 
Un camion, qualche mese fa, nel vuoto una volta occupato dalla lavanderia

Di recente, subito dopo l'entrata nel Villaggio Giardino

Nel cortile d'ingresso, ma ben più di sessanta anni fa

In mezzo il torrente Borghetto, in cui da tanti anni ormai avevano cessato di defluire le acque della grande lavanderia di Guido, omaccione generoso dalla voce tonante che non spaventava nessuno, il quale risiedeva al di là di quello che si potrebbe definire il cortile d'entrata del Villaggio Giardino in due alloggi unificati, il cui spazio esterno si svelava come prato alberato.
Un rio, che, allo stato odierno per lungo tratto quasi tutto tombinato e destinato ad accogliere acque furiose non più trattenute da rilievi modesti, ma ormai spelacchiati o ricoperti da manufatti agricoli e non, in otto anni avrebbe più volte esondato, con conseguenze particolarmente pesanti a metà settembre 2006. Non più transitabile a guado asciutto o su pietroni per attingere fresca acqua, che si reputava sorgiva, alla fontana, oggi spostata un centinaia di metri più in giù, ma in allora appoggiata al muro di cinta del Villino Nadenbousch, che ha in comune - in allegra confusione - il portale con Villa Hortensia, dove aveva residenza il professore Raffaello Monti, ben noto a quelle genti, non fosse altro per il fatto che mise per un certo periodo, alla fine degli anni Cinquanta, a disposizione della locale parrocchia una modesta pertinenza per la celebrazione delle messe. Non più luogo di divertimenti (quasi pari al grande "cortile" interno adiacente all'entrata) durante la siccità estiva per bambini che amavano l"intrepido" (le bambine preferivano il "monello"). Non più terreno di raccolta di erbe odorose per i conigli, che in tanti tenevano. Non più campo di ricerca delle more più dolci mai mangiate da quei monelli. Non più da attraversare per scorribande sulla collina di Bellavista.
Bambine e bambini che, quasi ormai signorine e giovanotti, nelle serate delle belle stagioni non scordarono una loro pregressa abitudine e, dunque, non poterono tralasciare di ritrovarsi per giocare a nascondino, il che li portava sin sulla Via Romana, dove allora ancora "sciamavano numerosissime le lucciole". Come sempre in tali occasioni con al loro fianco coetanei momentanei ospiti del Villaggio Giardino. 
 
Là dove era il ponte Bigarella, qualche mese fa


Gli stessi che, appena finite le scuole, potevano essere presenti, al pari di altri coevi delle zone circostanti, per l'infioratura dei parapetti del ponte Bigarella - scomparso dopo le coperture - in occasione della tradizionale processione di Sant'Antonio da Padova, una ricorrenza che attirava immancabilmente il passaggio di un carretto dei gelati, non più sospinto sui pedali da un proprietario, che, anche per le forme a barchette dei suoi mezzi e per le sue originali idee di pubblicità, è entrato di prepotenza nella storia del costume locale..
Prima del secondo conflitto mondiale, si recavano talora ai Gallinai in visita ad un vigile urbano di origine slovena, il cui cognome era stato appena italianizzato, un futuro comandante partigiano e suo fratello, destinato a perire all'inizio della guerra in Grecia. Quel dipendente municipale avrebbe spesso ospitato con gioia fratelli e sorelle, deputati, terminata l'immane tragedia delle armi, ad assumere la cittadinanza jugoslava, fatta eccezione per uno di loro e per la sua famiglia, emigrati nella lontana Argentina. E a distanza di decenni, uno storico locale, già segretario di sindaci, ne avrebbe ancora rammentato in una casuale conversazione il cognome originario.
Era intanto arrivata la stagione di nuovi inquilini. Tanti bresciani, dalla stridente, gutturale, variopinta - ed incomprensibile - parlata dialettale, che ancora oggi fa sorridere al ricordo vecchi frequentatori alle prese con le rievocazioni. Ma anche liguri, mantovani, calabresi, ed altri immigrati, tra cui con i loro cari due fratelli vicentini - uno rientrò presto nelle contrade di provenienza -, che avevano già conosciuto la provincia di Imperia come operai di ditte che costruivano le strade militari, allorquando stabilirono duraturi rapporti di amicizia con un corregionale, arrivato a San Romolo come boscaiolo, ma vocato presto a gestire in quella frazione di Sanremo un rinomato ristorante.
Sempre tra gli anni della ricostruzione e quelli del cosiddetto miracolo economico ebbero residenza al Villaggio Giardino piccoli imprenditori, edicolanti, braccianti, floricoltori, maestre, camerieri molto noti perché assai professionali, addetti a varie incombenze negli alberghi (che a Bordighera erano ancora tanti!). Seguire in proposito gli sviluppi successivi sarebbe, invece, leggermente complicato. Si potrebbe solo aggiungere che con la cacciata degli italiani dalla Libia, avvenuta con la salita al potere di Gheddafi, proprio la famiglia, che - come si è anticipato - aveva residenza in quel paese, ma radici in Bordighera, trovò libero un appartamento situato a fianco degli "sloveni", dove andò a stabilirsi.
 
Una foto d'epoca dei clienti del "Bar Paolo"

Foresti o meno, tanti uomini si ritrovavano sovente per una partita alle carte presso il "Bar Paolo" sulla Via Aurelia, ubicato quasi nel centro della città delle palme, dove oltrettutto ci si poteva deliziare con gustosi piatti della cucina tradizionale.
Come dappertutto si alternavano i lattai, riforniti in stalle abbastanza prossime, per le consegne a domicilio, facevano capolino gli ambulanti di mestieri quasi del tutto scomparsi, ma più assiduamente si aggirava un garzone di panetteria pedalando su di una bicicletta munita di tipica cesta metallica.
Le cose, poi, cambiarono, tra trasferimenti ed altri casi della vita, per cui alla vigilia della mentovata ristrutturazione forse erano solo più due le famiglie che potevano vantare una lunga permanenza in loco.
 

La "Villa", dodici anni fa

Otto anni fa

Due anni fa

Rimangono tuttora sul soffitto dell'ingresso dei Gallinai, "sotto la (mitica) Villa", come si diceva un tempo, il segno delle pallonate scagliate dai ragazzi che là si destreggiavano alla svolta degli anni Cinquanta: ed uno di loro, dalla discreta successiva esperienza di calciatore, venne per tutta la vita amichevolmente chiamato Zambo, nomignolo mutuato da un personaggio dei fumetti di scarso successo.

Adriano Maini