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Vallecrosia (IM): la zona del "Ponte"
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C'era un bar sul "Ponte" di
Vallecrosia, dapprima ubicato a settentrione, poi spostato dall'altra
parte della Via Aurelia. Nell'ultima sistemazione aveva nel seminterrato
una sala che a lungo rappresentò per quella cittadina l'unica occasione
per riunioni di carattere politico, sociale e culturale, tanto è vero
che è tuttora ben ricordata dagli animatori dell'Unione
Culturale
Democratica di Bordighera, che tra quelle mura mosse i suoi primi
passi. Ma anche quell'esercizio ebbe tra i clienti più assidui alcuni
protagonisti della più normale vita sociale della zona.
Via
Dante a Ventimiglia, da molte persone ancora adesso chiamata Via
Regina, fornisce talora l'occasione, in quanto pregresso sito di
residenza, per fare ritrovare qualche vecchio amico, magari rientrato in
vacanza da fuori regione. Più spesso questo appuntamento viene dato non
proprio in loco, ma la motivazione scaturisce sempre dalla vecchia
appartenenza a quella strada o alle sue immediate vicinanze. Come
sovente capita in questi casi, un punto di riferimento per le pregresse
frequentazioni era un pubblico esercizio, all'inizio una latteria,
presto affiancata da un vero e proprio bar, gestito dalla famiglia di
due dei nostri personaggi. Anche questi ultimi si esibirono nei gruppi
musicali degli anni Sessanta, con altri giovani del posto o del
comprensorio, in genere con buoni risultati di carattere locale, messi
in evidenza, al pari di altri aspetti qui riferiti, ad esempio, da
Gaspare
Caramello
in un suo scritto di quasi venti anni fa. Non poteva mancare, infatti,
in Via Regina, né poco lontano, qualche capannone per la costruzione di
carri per la Battaglia di Fiori, in cui si diedero da fare quasi tutti i
richiamati ragazzi, mentre altri tra di loro preferirono affinare le
competenze da carristi in altre parti della città.
C'era
un bar a Nervia di Ventimiglia, l'unico bar in pratica della località
sino agli inizi degli anni Sessanta, ma che aveva la singolarità di
essere stato dotato da subito di un televisore. A detta di una persona
della famiglia di quella proprietà fu proprio la presenza di
quell'apparecchio a determinare notevole affluenza a quel locale. Vista
la variegata composizione dei clienti, provenienti anche da Bordighera,
viene da dubitare della serietà di quella affermazione, ma rimane il
fatto che gli echi di quelle frequentazioni sono sparsi per tutto il
comprensorio intemelio. Non mancavano tra quegli avventori gli ideatori
di memorabili scherzi, giocati pure alle spalle di ignari vigili urbani,
né gli animatori di una compagnia di carristi della Battaglia di Fiori.
Quando per ripicca alle ennesime vibranti proteste della padrona per il
chiasso prodotto da quelle allegre compagnie i capifila di una di
queste decisero che era ora di aprire un nuovo esercizio dall'altra
parte della Via Aurelia questo venne fatto: con il risultato che, come
quasi sempre in casi del genere, qualcuno prese ad alternare la sua
presenza tra i due locali, ma che il teatrino - non solo goliardico - si
era definitivamente spostato.
C'era
un bar ai Piani di Borghetto in Bordighera, la cui squadra di calcio -
all'epoca composta rigorosamente da non tesserati alla Federazione, tra i
quali un noto ristoratore, appassionato di musica melodica, un valente
commercialista, diversi floricoltori, più o meno fortunati - vinse
almeno un torneo estivo a metà degli anni Sessanta, un periodo in cui
alcuni giovani frequentatori potevano già essere annoverati tra i
carristi de
I Galli del Villaggio.
Ci
sono stati in questi luoghi di confine, come in tutte le parti del
Paese, bar, osterie, bettole (e non sempre vere e proprie: il pregresso
Premio - artistico e letterario - "Cinque Bettole" di Bordighera aveva
un titolo alquanto autoironico). Oggi sempre meno, con prevalenza,
forse, di pub e di semplici punti di ristoro. Resiste a Ventimiglia il
caffè delle elites cittadine, ma da decenni è chiuso quello, posizionato
a fianco del (ormai ex) Mercato dei Fiori e preferito da tanti
operatori, tra i quali Libero
Alborno,
il Libero rivisitato in chiave di fantasia da Nico Orengo nel suo "La
curva del Latte". Altri esercizi si sono trasformati nel senso sopra
indicato. Non ci sono più - o quasi - ritrovi di artisti e di
letterati.
A
tornare, in ogni caso sfiorandola, in una dimensione di cultura più
popolare sono utili ulteriori esempi, che prescindono, tuttavia, da bar
che sono stati semantici di sindacato e di politica progressista. Quando
si tornò ad organizzare la Battaglia di Fiori di Ventimiglia - oggi di
nuovo sospesa - si fece quasi vorticoso il passaggio di carristi, anche
per la rapida chiusura di compagnie e per la formazione di nuove, da un
gruppo all'altro. E qualcuno tornava da fuori, prese le ferie, per dare
una mano, quella già affinata in gioventù. Ci sono pensionati che si
emozionano a vedere fotografie ormai ingiallite che ritraggono in una
tipica osteria di Bordighera, ormai scomparsa, persone vicine di casa o
comunque un tempo note. Si possono citare - sempre a titolo indicativo -
tra i tanti clienti dei bar indicati le persone che con il passare
degli anni sono diventate chi collezionista di fumetti e chi di dischi,
chi disegnatore di argute vignette satiriche, chi bravo coltivatore di
orchidee, chi dirigente di circolo velico, chi scrittore di romanzi
polizieschi, chi stimato storico, chi ricercatore di vicende locali con
l'occhio attento all'individuazione di fotografie in tema.
Adriano Maini