Felix, di concerto con Hans Senner, organizzò una trappola
che avrebbe permesso la cattura dei nuovi arrivati. Felix lasciò tre
uomini - Wihlelm Schönherr alias William, Schmidt e l’italiano Nino
Bertola - nella casa di Marina San Giuseppe a Ventimiglia e, con
il corpo di Punzi, ritornò verso Sanremo. Era necessario non far
sapere al nemico che Punzi era morto e che i documenti contenuti nel suo
zaino erano ormai in mano tedesca. Il corpo di Punzi fu abbandonato sul
bordo della strada, poco prima dell’entrata in Sanremo. Una telefonata
anonima informò il comando di polizia che un uomo giaceva privo di vita
lungo la strada che collegava Ospedaletti con Sanremo. Punzi venne,
pertanto, seppellito dalle autorità municipali di Sanremo come ignoto.
Felix, appena giunto a Villa Aloha, sebbene l’alba non fosse ancora
spuntata, telefonò a Milano dove il suo capo, Georg Sessler, si era
recato e si trovava negli uffici di via Ariosto dell’intelligence della
Kriegsmarine (Marinenachrichtendienst MND III) di cui faceva parte. Un
suo dipartimento, il B-Dienst, era specializzato nell'intercettazione,
nella registrazione, nella decodifica e nell'analisi delle comunicazioni
nemiche. A Sanremo, nella Pensione delle Palme, si trovava il centro di
ascolto di questa struttura, dove più di una ventina di operatori erano
costantemente intenti a registrare le comunicazioni alleate. Il comando
della struttura, che dipendeva direttamente dal comando di Merano, era
affidato al capitanleutnant Georg Sessler, ventisettenne con alle spalle
anni di esperienze maturate nei servizi segreti tedeschi, già coinvolto nell'interrogatorio di alcuni dei quindici soldati americani della missione Ginny prima catturati, poi massacrati dai nazisti vicino a Bocca di Magra.
martedì 4 febbraio 2025
Il corpo del capitano Punzi fu abbandonato sul bordo della strada
Il capitano Luigi Gino Punzi il 4
gennaio 1945 venne a tradimento gravemente colpito alla testa con una scure in una casa di Marina San Giuseppe di Ventimiglia
da un pescatore-contrabbandiere, al quale si era rivolto per un rientro
clandestino in Francia, e venne finito il giorno dopo con un colpo di
pistola alla testa dal sergente telegrafista Schönherr della marina
tedesca su ordine del suo superiore Leon Jacobs, alias Felix.
Eros (Eros Ghirardosi) era uno dei due radiotelegrafisti che, condotti da Amilcare Bric e Brac
Allegretti, dovevano raggiungere Luigi Punzi a Marina San Giuseppe di
Ventimiglia (IM) proprio nell'appartamento di Allegretti, ma che, una
volta incappato nella mortale aggressione il loro
referente capitano Gino, caddero, subendo ciascuno diversa sorte, nella trappola tesa loro dagli uomini dei servizi informativi (SRA) della Marina Militare (Kriegsmarine) tedesca di stanza a Sanremo. Eros
per almeno quindici giorni fu costretto a trasmettere falsi messaggi
agli americani del Servizio OSS, che non lo preventivamente avevano
fornito di un codice d'allarme in caso di caduta in mano nemica. Secondo
alcune fonti nel novero dei diversi danni procurati agli alleati ed
alla resistenza dai falsi messaggi di Eros, fatti trasmettere dagli specialisti all'OSS antenna di Nizza grazie al citato arresto, spicca l'induzione all'aviolancio
su Cima Marta del 23 febbraio 1945, che si risolse in un disastro per i
partigiani, con perdita del materiale, recuperato dai tedeschi, e la
morte di almeno quattro garibaldini sia lo sviluppo delle circostanze che avevano già portato l'8 febbraio al grave ferimento del comandante partigiano Stefano Carabalona (Leo).
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venerdì 31 gennaio 2025
Bernardine
Ventimiglia (IM): Vico Arene |
In Vico Arene a Ventimiglia una nonna canticchiava al nipotino qualche strofa di una canzone abbastanza recente, lanciata da Nilla Pizi, "Papaveri e papere", insistendo con particolare accentuazione sulla "parola "piccolino": al che il bimbo - del resto, già allora di discreta statura - stizzito, pestando i piedi per terra, reagiva, non essendo ancora dotato di senso dell'umorismo, ancora meno di quello dell'autoironia, opponendosi a suo modo a quella scherzosa ed affettuosa allusione.
In un appartamento situato non lungi dalla Bigarella
di Bordighera, non appena si diffuse dalla radio quella ballata in
quella lingua inglese che non capivano, zia e nipote, distogliendosi
all'unisono dalle rispettive occupazioni, ammiccando l'un l'altra,
ridendo, si affibbiarono ripetutamente il titolo di quella composizione,
"Bernardine", del resto reiterato in diversi passaggi, come se fosse un
buffo, ma amichevole nomignolo da attribuirsi reciprocamente. Il più
giovane dei due qualche anno dopo divenne, per ironia della sorte, un
discreto ammiratore del cantante di quella melodia, un certo Pat Boone.
Doveva essere il 1958, quando un po' dappertutto si canticchiava o si fischiettava "Nel blu dipinto di blu", quasi un'attesa di sentire urlare in tanti angoli "Mi sono innamorato di Marina" di Rocco Granata, che come vinile doveva ancora essere stampato: due veri tormentoni dell'epoca.
Doveva essere il 1958, quando un po' dappertutto si canticchiava o si fischiettava "Nel blu dipinto di blu", quasi un'attesa di sentire urlare in tanti angoli "Mi sono innamorato di Marina" di Rocco Granata, che come vinile doveva ancora essere stampato: due veri tormentoni dell'epoca.
Bordighera (IM): lo stato attuale del vecchio accesso a regione Cabane |
Sempre in quella stagione, ma in regione Cabane di Bordighera, due scolari in vacanza si riposavano, dopo tanti giochi, in casa di uno dei due, anche ascoltando dischi a 75 giri con le famose etichette con il disegno del cane intento a sentire il suono di un grammofono, ma era un ripiego di cui oggi non ricordano più nulla, assorbiti come furono allora da piccoli lavori agricoli, da bagni fatti all'insaputa dei grandi (non sapevano ancora nuotare!) nella grande vasca di raccolta dell'acqua piovana di quella campagna, dalla lettura di fumetti che si intitolavano ancora "Nembo Kid" e da altre amenità del genere.
A
marzo 1959 gli alunni delle elementari (di diversi plessi, anche se in
maggioranza della sede di Via Vittorio Veneto) selezionati per
partecipare alla tappa di Ventimiglia di Radio Squadra
alla fine della trasmissione cantarono in coro almeno la parte iniziale
della "Leggenda Ventimigliese", "Gh’eira ina vota ina figlia d’in Re /
che mai a nu’ l’ava riüu ni’ cantau...", ma ancora oggi nessuno ricorda
se si fossero mai fatte delle prove collettive per quel cimento.
Ventimiglia (IM): Corso Genova (Via Aurelia) nel tratto più a est, a Nervia |
Verso la fine del 1963 un ragazzotto comunicò entusiasta in Nervia di Ventimiglia a qualche suo coetaneo la sua scoperta di avere sentito per radio (sempre questo benedetto apparecchio!) in un programma inglese certi sconosciuti "The Beatles" dei quali andava esaltando la bravura. Tra gli ascoltatori c'era chi si era lì per lì dimenticato di avere ascoltato qualche mese prima in casa di un amico tedesco, appena arrivato dalla Germania, il disco di Tony Sheridan accompagnato dai Beatles (ma forse The Beat Brothers) contenente "My Bonnie" e "Ya Ya": brutti scherzi della memoria, ma mai come quelli giocati al figlio delle terre teutoniche perché ancora qualche tempo fa non sapeva di essere detentore di quel pezzo forse più unico che raro.
Adriano Maini
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sabato 25 gennaio 2025
Ancora Nervia
Nervia di Ventimiglia, ingresso di levante della città, prima
del cavalcavia, incrocio della strada provinciale che si inoltra oltre
Pigna, punto di passaggio per molte persone obbligato, per ciò stesso,
forse, luogo non molto ricordato per le sue vicende di maggiore cultura
popolare.
Interessata dalla Storia - ad esempio, è d'uopo rammentare la città romana, sita, invero, per un po' più a ponente della zona qui indicata, ma con resti in loco; il castello, il monastero e le torri medievali; gli opposti trinceramenti durante la guerra di successione austriaca; il terribile bombardamento aereo del 10 dicembre 1943 (ma anche altri) - questa parte di Nervia è stata a lungo interessata da intensi momenti di minute, ma significative relazioni sociali: a titolo indicativo si sottolineano la costruzione di carri, prima ed ancor dopo il secondo conflitto, per la Battaglia di Fiori di Ventimiglia, aspetto di attrazione anche per chi non del posto; una maggiore presenza di ferrovieri, magari solo di passaggio, indotta dalla presenza del deposito locomotori; la banalità - tale, probabilmente, oggi - degli spostamenti in corriera di tante persone che a Nervia cambiavano il mezzo e nelle attese facevano conoscenze ed amicizie; l'attrattiva, scaglionata nel tempo, di due esercizi pubblici molto frequentati.
Una sorta di grande piazza, insomma.
Oggi rimangono a questa Nervia negozi, non tutti di prima necessità, e traffico.
Adriano Maini
Interessata dalla Storia - ad esempio, è d'uopo rammentare la città romana, sita, invero, per un po' più a ponente della zona qui indicata, ma con resti in loco; il castello, il monastero e le torri medievali; gli opposti trinceramenti durante la guerra di successione austriaca; il terribile bombardamento aereo del 10 dicembre 1943 (ma anche altri) - questa parte di Nervia è stata a lungo interessata da intensi momenti di minute, ma significative relazioni sociali: a titolo indicativo si sottolineano la costruzione di carri, prima ed ancor dopo il secondo conflitto, per la Battaglia di Fiori di Ventimiglia, aspetto di attrazione anche per chi non del posto; una maggiore presenza di ferrovieri, magari solo di passaggio, indotta dalla presenza del deposito locomotori; la banalità - tale, probabilmente, oggi - degli spostamenti in corriera di tante persone che a Nervia cambiavano il mezzo e nelle attese facevano conoscenze ed amicizie; l'attrattiva, scaglionata nel tempo, di due esercizi pubblici molto frequentati.
Una sorta di grande piazza, insomma.
Oggi rimangono a questa Nervia negozi, non tutti di prima necessità, e traffico.
giovedì 16 gennaio 2025
Il Professore Raffaello Monti si era temporaneamente trasferito a Tolosa
Villa Ortensia a Bordighera (IM), dimora del professore Monti |
Raffaello Monti (Milano, 23 dicembre 1893; Bordighera, 15 maggio 1975). "Monti
fu musicista di professione, specializzato nel violoncello, e
compositore. Ebbe modo di studiare musica e perfezionare la sua arte in
più Istituti e Città (Torino, Tolosa, Nizza) raggiungendo notevoli
traguardi e incarichi di prestigio, tra cui quello di primo
violoncellista al Teatro Regio di Torino e solista all’EIAR. La sua
carriera precoce, iniziata ad appena 16 anni, continuò fino all’anno
della sua morte nel 1975 con la composizione e orchestrazione di molte
opere".
Valentina Donati
E Raffaello Monti negli ultimi anni di vita dimorò in Bordighera (IM) a Villa Ortensia. Fu promotore, soprattutto in qualità di Presidente della locale Unione Culturale Democratica, di diverse iniziative culturali e sociali, quali la Conferenza su Mussorgosky del 1961, la relazione, con Aldo Capitini, al Convegno sull'Obiezione di Coscienza del 1962, per il quale pervenne una lettera di adesione di Bertrand Russel -, la relazione alla Conferenza La contaminazione atomica a Ventimiglia (IM) nel 1964, la relazione alla Conferenza La questione d'Israele nel 1967. Molte di queste ultime informazioni sono desunte da Archivio Unione Culturale Democratica di Bordighera (IM), di Giorgio Loreti, ed. in pr., marzo 2017.
Adriano Maini
Le idee antifasciste di Beppe Porcheddu vennero ben presto note in Torino per cui
decise di agire prima di incorrere in inevitabili conseguenze. Decise di
raggiungerre un suo caro amico italiano, il Professore Raffaello Monti,
anch'egli antifascista, il quale si era temporaneamente trasferito a
Tolosa per sfuggire all'atmosfera ormai tossica che aleggiava in Italia.
Nel 1936 Beppe e tutta la sua famiglia andarono a Tolosa per vivere con
Monti e la famiglia di questi. Giuseppe Porcheddu e famiglia nella
città francese, dove i ragazzi frequentarono le locali scuole, rimasero
per un anno. Le priorità della famiglia su educazione, musica ed arte
continuarono ad essere rispettate sotto la direzione alquanto rigorosa
di Beppe. Gli studi accademici e musicali per i figli erano stati
programmati da Beppe. La vita era stata quindi strutturata con cura e
l'educazione dei suoi figli fu probabilmente molto diversa dagli altri
giovani che incontrarono e con cui fecero amicizia. Entrambe le
famiglie, quella di Monti e quella di Porcheddu, tuttavia, furono
costrette a tornare in Italia poiché stava diventando impossibile
trasferire fondi dall'Italia alla Francia. Al rientro in Italia, Beppe,
tale era la sua reputazione antifascista, si vide temporaneamente
ritirato il passaporto. La famiglia Porcheddu tornò temporaneamente a
Torino e poi andò a vivere a Merano dove Beppe aveva progettato e
costruito una casa. L'odio di Beppe per la politica fascista contribuì a
plasmare la sua direzione e le sue azioni future mentre l'ascesa del
nazismo e del fascismo gettavano le loro ombre oscure sull'Europa.
David Ross, figlio di Michael Ross, nipote di Giuseppe Porcheddu, email del 22 agosto 2020
David Ross, figlio di Michael Ross, nipote di Giuseppe Porcheddu, email del 22 agosto 2020
Da sottolineare, dunque, la
collocazione antifascista di Raffaello Monti al tempo del regime, che lo spinse ad andare
in Spagna dalla parte della Repubblica al tempo della guerra civile del
1936-1939, e l'impegno come "partigiano della pace" in Italia nei primi
anni '50 del secolo scorso.
Adriano Maini
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lunedì 13 gennaio 2025
Negli anni Settanta sulla collina del Castello a Nizza
![]() |
Uno scorcio di Cap Martin a Roquebrune - Cap Martin nella zona de "Il Pirata" |
A
Ventimiglia c'era un dancing dove negli anni '50 era d'obbligo entrare
eleganti (ma un po' di tempo dopo le cronache popolari lo indicavano già
quale sede elettiva - causa l'ampio spazio disponibile, ivi compreso un
tavolo da biliardo - di diversi studenti delle superiori che marinavano
la scuola).
![]() |
L'interno del citato locale di Ventimiglia nel 1953 |
Un giovanotto ventimigliese, cliente abituale del citato locale, ebbe l'onore di ballare con Kim Novak; non si è mai detto dove; forse a "Il Pirata" di Roquebrune Cap-Martin, frequentato, come riportato dai soliti rotocalchi, anche da divi hollywoodiani, tra i quali spesso si infiltravano dei "pappagalli" nostrani", ma anche visitato per esigenze professionali da Dario, un valente fotografo di Bordighera, i cui specifici scatti dovrebbero essere oggi nell'Archivio Alinari di Firenze. Puntuale, compariva ad un certo punto su noto social media la fotografia che attestava l'episodio danzante.
Così come non si
possono dimenticare scene di vita mondana nella vicina Costa Azzurra con
partecipazione "straordinaria" di cittadini del Ponente Ligure.
Quando
(ancora circa alla metà degli anni Settanta) per andare dalla Liguria
in Costa Azzurra si doveva uscire dall'autostrada a La Turbie, una delle
strade percorribili per arrivare alla Moyenne Corniche finiva - come
tuttora finisce - all'incrocio della foto, un punto all'epoca molto
funestato da incidenti. Verso Nizza un raddoppio della Moyenne
effettuato da pochi anni la faceva - la fa tuttora - passare tra alcuni
piccoli canyon artificiali.
Negli anni Settanta, ma anche nei primi Ottanta, sulla collina del Castello a Nizza erano grandiose e molto affollate le feste estive del Partito comunista francese (Pcf): singolare il caso dello standista di origine italiana, un idraulico che per l'occasione adattava il suo furgoncino a rosticceria di salsicce...
Chissà
se ancora adesso entrando in La Turbie ci sono automobilisti che si
fermano a guardare dall'alto le prove, se non le gare stesse del Gran
Premio di automobilismo di Monaco Principato?
Adriano Maini
martedì 7 gennaio 2025
Quella casa in pietra che non c'è più!
Sino a pochi anni si presentava in Bordighera, in Via Genova - una traversa di Via Pasteur - una casa in pietra che aveva una sua dignità. Voci di popolo dicono che il proprietario avrebbe voluta mantenerla nello stato vigente. Senonché l'amministrazione comunale - con gli adempimenti del caso (si suppone!) - procedette alla demolizione del vetusto edificio per realizzare un marciapiedi. Opera molto utile, quest'ultima. Si dà il caso, però, che esisteva già dietro lo spiazzo risultante dall'abbattimento un comodo passaggio pedonale. Forse si è pensato che quest'ultimo da un lato fosse meglio lasciarlo in uso agli abitanti del piccolo rione e che dall'altro risultasse impopolare costringere i passanti a compiere, ancorché indicata da acconcia segnaletica, un piccolo aggiramento dell'ostacolo che constasse di qualche decina di metri...
Adriano Maini
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lunedì 30 dicembre 2024
Nico Orengo si complimentò anni fa con Arturo Viale
Una vista da Zona Ville di Ventimiglia (IM): a destra uno scorcio della Piana di Latte; al centro Punta Mortola; in fondo uno scorcio di Francia |
Arturo Viale ha infine localizzato
il terreno in cui venne introdotta - come racconta nel suo "Punti
Cardinali. Da capo Mortola a capo Sant'Ampelio" (Edizioni Zem, 2022) - "a Latte, frazione di Ventimiglia, la coltivazione industriale dei
fiori, producendo rose e garofani".
Spetta in modo evidente a lui rendere noto in dettaglio tale aspetto, eventualmente con un suo nuovo libro.
Nico Orengo si complimentò anni fa con Arturo Viale per il suo "Mezz'agosto" (del 1994). Nel biglietto di congratulazioni lo scrittore si soffermò sulla "giuggiola dai Tremayne. Non ho più trovato quell’albero. Ce n’è ancora uno a Latte, all’inizio della via Romana, prima del cavalcavia. Caro Viale, il suo raccontare mi ha tenuto una affettuosa e sincera compagnia per una sera, tempo fa. Ma il ricordo è ancora vivo, le parole hanno ancora alone".
Si dà il caso che la citata pianta della Via Romana oggi non sia più visibile, perché attorniata da tanti altri alberi, ma quasi in compenso ci sono diverse piccole - larghe ciascuna più o meno un palmo - giuggiole sulla vecchia arteria, spuntate ai piedi del muraglione di sostegno della Via Aurelia.
Vladi Orengo, padre di Nico, fu anche un regista di documentari cinematografici. Nel 1955 gliene "bocciarono" alcuni. Tra questi, "Porta Canarda" (con un po' di fantasia anche sentinella di Latte in altura, da levante, in zona Ville), "inchiesta sul contrabbando in una zona nei pressi di Ventimiglia, al confine con la Francia. Le parole di protesta del regista, vittima di una vera e propria crociata da parte dei censori, erano le stesse di tutti coloro che credevano nel documentario e nella sua vocazione a trattare argomenti d’impegno civile, anche se scottanti. Contro quest’ambiziosa visione, però, si scontrava - e il più delle volte prevaleva - l’idea di chi relegava il documentario a sottoprodotto culturale, impedendogli di evolversi e di affermarsi autonomamente". Così recita un passo della Tesi di Dottorato di Mariangela Palmieri "La propagaganda della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano negli anni della guerra fredda attraverso i documentari cinematografici (Università degli Studi di Salerno, Anno accademico 2010-2011). Si aggiunge, per una migliore comprensione, che Vladi Orengo aveva affidato le sue critiche alla rivista «Cinema Nuovo» e che si può capire il senso dell'esclusione dal mercato delle menzionate pellicole ancora con il ricorso alle parole usate da Mariangela Palmieri: "tantissimi documentari d’indiscusso valore e pluripremiati in festival e rassegne sono stati costretti, praticamente, alla scomparsa definitiva dalla circolazione, poiché altre soluzioni di sopravvivenza, al di fuori dell’area del sostegno dello Stato, in Italia in quegli anni non ve n’erano".
Riaffiorano ancora, in questo lembo di ponente ligure, racconti di antiche vicende di pescatori contrabbandieri. Anche con la pronuncia di termini specifici, "fenicotteri", ad indicare le persone che si volevano trasportare via mare clandestinamente verso la Francia: vocaboli, nella storiografia e non solo, per lo più usati ad indicare i militanti comunisti che sotto il regime fascista facevano il percorso inverso, di ritorno in Italia, per ritessere contatti con la vecchia base, venendo quasi subito irrimediabilmente arrestati. Tornando ai pregressi avventurieri nostrani occorre aggiungere che a loro piaceva anche usare la parola "neri". Si tramanda che, sotto l'incombere del probabile intervento di poliziotti transalpini, talora venisse buttato a mare qualche passeggero. Che in rare occasioni questo accadesse per depredare le vittime. Non si sa, tuttavia, quanto di vero ci sia mai stato in questi racconti di frontiera.
Spetta in modo evidente a lui rendere noto in dettaglio tale aspetto, eventualmente con un suo nuovo libro.
![]() |
Archivio di Arturo Viale |
Nico Orengo si complimentò anni fa con Arturo Viale per il suo "Mezz'agosto" (del 1994). Nel biglietto di congratulazioni lo scrittore si soffermò sulla "giuggiola dai Tremayne. Non ho più trovato quell’albero. Ce n’è ancora uno a Latte, all’inizio della via Romana, prima del cavalcavia. Caro Viale, il suo raccontare mi ha tenuto una affettuosa e sincera compagnia per una sera, tempo fa. Ma il ricordo è ancora vivo, le parole hanno ancora alone".
Si dà il caso che la citata pianta della Via Romana oggi non sia più visibile, perché attorniata da tanti altri alberi, ma quasi in compenso ci sono diverse piccole - larghe ciascuna più o meno un palmo - giuggiole sulla vecchia arteria, spuntate ai piedi del muraglione di sostegno della Via Aurelia.
Vladi Orengo, padre di Nico, fu anche un regista di documentari cinematografici. Nel 1955 gliene "bocciarono" alcuni. Tra questi, "Porta Canarda" (con un po' di fantasia anche sentinella di Latte in altura, da levante, in zona Ville), "inchiesta sul contrabbando in una zona nei pressi di Ventimiglia, al confine con la Francia. Le parole di protesta del regista, vittima di una vera e propria crociata da parte dei censori, erano le stesse di tutti coloro che credevano nel documentario e nella sua vocazione a trattare argomenti d’impegno civile, anche se scottanti. Contro quest’ambiziosa visione, però, si scontrava - e il più delle volte prevaleva - l’idea di chi relegava il documentario a sottoprodotto culturale, impedendogli di evolversi e di affermarsi autonomamente". Così recita un passo della Tesi di Dottorato di Mariangela Palmieri "La propagaganda della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano negli anni della guerra fredda attraverso i documentari cinematografici (Università degli Studi di Salerno, Anno accademico 2010-2011). Si aggiunge, per una migliore comprensione, che Vladi Orengo aveva affidato le sue critiche alla rivista «Cinema Nuovo» e che si può capire il senso dell'esclusione dal mercato delle menzionate pellicole ancora con il ricorso alle parole usate da Mariangela Palmieri: "tantissimi documentari d’indiscusso valore e pluripremiati in festival e rassegne sono stati costretti, praticamente, alla scomparsa definitiva dalla circolazione, poiché altre soluzioni di sopravvivenza, al di fuori dell’area del sostegno dello Stato, in Italia in quegli anni non ve n’erano".
Riaffiorano ancora, in questo lembo di ponente ligure, racconti di antiche vicende di pescatori contrabbandieri. Anche con la pronuncia di termini specifici, "fenicotteri", ad indicare le persone che si volevano trasportare via mare clandestinamente verso la Francia: vocaboli, nella storiografia e non solo, per lo più usati ad indicare i militanti comunisti che sotto il regime fascista facevano il percorso inverso, di ritorno in Italia, per ritessere contatti con la vecchia base, venendo quasi subito irrimediabilmente arrestati. Tornando ai pregressi avventurieri nostrani occorre aggiungere che a loro piaceva anche usare la parola "neri". Si tramanda che, sotto l'incombere del probabile intervento di poliziotti transalpini, talora venisse buttato a mare qualche passeggero. Che in rare occasioni questo accadesse per depredare le vittime. Non si sa, tuttavia, quanto di vero ci sia mai stato in questi racconti di frontiera.
Adriano Maini
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